Caterina Pappalardo, uccisa con oltre 30 coltellate dal figlio 26enne Giosuè Fogliani, era la nipote del messinese Giovanni Rappazzo, noto per aver inventato il cinema sonoro
Caterina Pappalardo, uccisa con oltre 30 coltellate dal figlio 26enne Giosuè Fogliani, questa mattina, al culmine di un diverbio, era la nipote del messinese Giovanni Rappazzo (che era il nonno), noto per aver inventato il cinema sonoro.
In un articolo su una rivista specializzata, Caterina Fogliani ricordava così il nonno (ripubblichiamo per intero l'articolo a sua firma): «Ricordo ancora l’ultima intervista che mio nonno fece ad un inviato del Corriere della Sera. Era una mattina dei primi di febbraio del 1995. Il 3 aprile, esattamente un mese dopo, Giovanni Rappazzo morì, proprio nell’anno del centenario del cinema. Lui che, fino alla fine, con gli ultimi sussulti di rabbia, continuava a ripetere: «Il Cinema Sonoro l’ho inventato io molto tempo prima della Warner. Nessuno però mi ha voluto dare retta». Così lo vedevo tirare fuori dai cassetti, per l’ennesima volta, i brevetti del Suo Film Sonoro con i disegni che riproducevano la descrizione della “Pellicola Cinematografica ad impressione contemporanea di immagini e suoni”.
Spesso diceva: «Scrissi a tutte le case cinematografiche di allora, italiane e straniere, la Cines, L’Ambrosio, La Pathè, dicendo che avevo inventato il cinema parlante. Ma loro mi rispondevano che il cinema era nato muto e doveva restare muto».
Mio nonno, nonostante fosse giunto alla veneranda età di quasi 102 anni, si sforzava come sempre di essere preciso, cercando di ricordare con esattezza ogni particolare della sua incredibile vita. Raccontava di quando, a sei anni, dovette andare via da Messina per seguire il fratello a Genova; e quando, per la prima volta, entrò in un cinema e vide le comiche di Cretinetti, commentando che quelle immagini senza voce gli sembrassero non solo insopportabili, ma anche inutili.
A quindici anni tornò a Messina, subito dopo il terremoto del 1908. Si iscrisse all’Istituto Industriale “Verona Trento” e la sera, nel tempo libero, faceva l’operatore cinematografico nel primo cinema edificato a Messina da suo fratello Luigi, dopo il terremoto: l’Eden Cine Concerto.
«Mi tornava sempre in mente – raccontava mio nonno – quando da piccolo ho sentito mio padre suonare e subito dopo ho ascoltato un grammofono che, come per miracolo, riproduceva tutti i suoni. Poi una sera, mentre proiettavo, misi la pellicola al contrario e la gente in sala protestò rumorosamente. Per un attimo pensai che quelle voci concitate provenissero dalla pellicola, così la presi tra le mani e dissi: Un giorno questi suoni usciranno da te, perché tu li produrrai artificialmente! E così mi misi a studiare. Smontavo e rimontavo una cinepresa Pathè Freres ed un proiettore Herrmann. Sapevo che anche molti altri scienziati, con a capo Edison, stavano cercando di sonorizzare il cinema.
Ma ogni volta si fermavano davanti all’impossibilità di realizzare il sincronismo tra suono e immagini. Ma io continuai instancabilmente nei miei esperimenti finché, con grande mia gioia, realizzai LA COLONNA SONORA attraverso la produzione di un innovativo rivelatore con cellula fotoelettrica, per poterla poi proiettare sullo schermo. Così iniziai a filmare la partenza di una macchina con il motore a scoppio, una nave traghetto sullo Stretto, (quella che camminava con le due ruote sui due fianchi), ed ancora feste, canti e balli. Quando li proiettavo, la gente scappava come se avesse visto il diavolo. Credetti a tal punto nella mia invenzione che non esitai un attimo a lasciare il posto che avevo intanto ottenuto come dirigente della Società Elettrica di Milazzo. E cominciò così il mio pellegrinaggio: prima Milano, poi Roma, Torino, Genova. Pensai: se non vado in un grosso centro cinematografico non combino niente. E così di colpo piantai baracca e burattini».
Giovanni Rappazzo, mentre era in cerca di un’occupazione, ottenuta prima alla Marelli e poi all’Ansaldo, provava a bussare alla grande industria del Cinema. Ma nessuno gli rispose, nessuno gli chiese di vedere quei progetti. Così aspettò che terminasse la prima guerra mondiale e preparò i documenti per brevettare le sue invenzioni.
«Avevo paura che qualcuno mi rubasse l’idea – raccontava ancora mio nonno – ed il 19 febbraio del 1921, alle due del pomeriggio, depositai alla Prefettura di Genova i miei studi con i 4 brevetti di privativa industriale n.195883-195884-199022-n.43/17.
Sentivo di avere tra le mani la scoperta del secolo, così decisi di sfruttare io stesso l’invenzione mettendomi in affari con un industriale di Genova. A questo scopo fondai a Cornigliano Ligure una “Scuola cinematografica film-sonora”, la prima al mondo. Poi, un giorno, mio fratello mi disse di fermare tutto, che sarebbe arrivato lui con il capitale. Lui arrivò, ma senza capitale … e nun cumminau nenti!». Il sogno di diventare ricco e famoso svanì in un attimo. Rappazzo dovette chiudere la scuola e perse il lavoro. Aveva già una famiglia sulle spalle e fu costretto a rimettersi a viaggiare.
Si fermò a Cagliari, dove ottenne la cattedra di insegnante in un Istituto Industriale. Nel frattempo gli anni passavano e i fratelli Warner lanciarono nel 1927 Il cantante di jazz (The Jazz Singer), erroneamente considerato il primo film sonoro della storia, poiché non vi era incisa la colonna sonora sulla pellicola, ma veniva utilizzato un disco grammofonico, sistema tecnico che lo scienziato messinese aveva già superato con i suoi progetti.
Nel 1924 scadde il termine per il rinnovo dei brevetti, e poiché Giovanni Rappazzo, ridotto in povertà, non potette più pagare le tasse, vide la sua meravigliosa invenzione usurpata dagli americani, nella figura di William Fox. In un paio d’anni tutte le case di produzione si adeguarono al nuovo sistema cine-sonoro e agli inizi degli anni Trenta il muto era già sepolto. A Rappazzo restarono l’amarezza ed una catasta di lettere e denunce. Scrisse prima a Mussolini, poi a Los Angeles, che grazie a Hollywood è diventata la capitale mondiale del cinema. Nel dopoguerra perfino all’Aja ed all’ONU.
Da Cagliari ritornò poi a Messina e continuò la sua anonima vita da professore, senza però smettere un solo attimo di lottare per essere riconosciuto quale il primo vero ed unico inventore del cinema sonoro.
La sua incredibile storia ebbe dei risvolti persino paradossali, come quando nell’anno 1933 non lo fecero entrare al cinema per una proiezione speciale neppure con la riduzione per gli invalidi di guerra. Alla fine non chiedeva più il risarcimento economico, ma soltanto che gli fosse riconosciuta la sua invenzione. Neppure l’onorificenza di Grande Ufficiale al Merito della Repubblica, conferitagli qualche mese prima di morire dal Presidente Scalfaro, bastò a lenire la sua sofferenza per la gravissima ingiustizia subita.
Giovanni Rappazzo morì il 3 aprile 1995. Le sue spoglie riposano accanto a quelle dell’adorata moglie, nel cimitero monumentale di Messina».