2 Novembre 2024 Giudiziaria

Omicidio Attilio Manca, Scarpinato: latitanza di Provenzano era un problema di Stato. Tutti gli interventi

di Aaron Pettinari - Attilio Manca, il famoso urologo siciliano venne travato morto, simulando un suicidio, nel suo appartamento a Viterbo nella notte tra l’11 e il 12 febbraio 2004. Per le particolari modalità dell’omicidio, perché di questo si parla, è ormai appurato che il movente della sua eliminazione è legata ai misteri che ruotano attorno alla latitanza del boss di Cosa nostra Bernardo Provenzano.

Non un “capomafia normale” ma un capo speciale che aveva, assieme ad altri, il “compito di tenere la relazione con gli apparati di potere, quello che viene chiamato lo Stato occulto e con i servizi segreti”. Questi capi sono a “conoscenza di segreti scottanti”come “i segreti che si celano dietro certi omicidi eccellenti, come l'omicidio Mattarella, Pio La Torre, la strage di Chinnici, e i segreti che si nascondono dietro le stragi del '92 -'93. Questo tipo di capomafia è un capomafia che gode di protezione superiore”. L’analisi dell’ex procuratore generale di Palermo e oggi senatore Roberto Scarpinato abbraccia tutto il quadro dell’omicidio di Attilio arrivando sino alla conclusione che questa drammatica vicenda si può senz’altro inserire all’interno di quell’arena in cui si gioca la “lotta sporca del potere che ha caratterizzato questo nostro Paese”.
È la prima volta che la Sala dedicata ai caduti di Nassirya presso il Senato della Repubblica accoglie i famigliari di Attilio Manca e la loro storia. Assieme a Scarpinato vi erano Angela Gentile, madre del medico siciliano, il legale della famiglia Fabio Repici, la senatrice Barbara Floridia (moderatrice dell’evento) e la deputata Stefania Ascari. Tutto ruota attorno a quello che Provenzano era: un boss particolarmente potente (non solo per la mafia) per il quale vi era un doppio livello di protezione: quella interna della mafia e quella esterna, che si traduce in una “protezione di sistema”. Ma se uno di questi capi “speciali viene catturato” diventa una cosa seria; poiché non “è neppure facile eliminarli, perché si premuniscono e, sapendo che sono custodi di segreti scottanti, tengono documenti scottanti che possono essere messi in giro in caso di pericolo”. Quindi se un medico come Attilio Manca incontra un personaggio “speciale come Provenzano, che custodisce segreti di Stato, e metti in pericolo la sua latitanza, questo non è più un problema di mafia, questo diventa un problema di Stato. Ed ecco che entrano in campo specialisti”. “Faccio un'ipotesi, ma forse Attilio Manca, in quel momento era un pericolo non soltanto per la mafia, ma era un pericolo superiore, perché se Provenzano fosse stato arrestato in quel momento, tutto quello che si è verificato dopo poteva verificarsi prima. Provenzano doveva essere protetto”.

Quegli stessi specialisti che entrano nelle carceri e lasciano dei sacchetti di plastica sul comodino dei detenuti, come accadde per Antonino Giuffrè (braccio destro di Provenzano) o che uccidono simulando suicidi come nel caso di Nino Gioè. E come dimenticare la scena in cui Bernardo Provenzano si mette un sacchetto in testa comunicando simbolicamente che qualcuno gli aveva consigliato il suicidio?

Questo è il volto dell’altro Stato che ha ucciso Attilio. Ma come in tutte le grandi tragedie italiane trovano spazio anche personaggi ‘ibridi’, le cosiddette ‘eminenze grigie’, quelle figure che abitano il mondo di mezzo. Uno di questi è certamente il boss di Barcellona Pozzo di Gotto Rosario Pio Cattafi, anche lui convolto “nell'inchiesta sull'omicidio del medico Attilio Manca ha ricordato l’avvocato Fabio Repici. “Solo nel 2022 - ha continuato - è stato condannato per mafia, per una contestazione di reato che parte dagli anni '70 ma che non si riusciva a tramutare in condanna per via dei suoi contatti ai massimi livelli nel mondo istituzionale e imprenditoriale. Oggi però siamo di fronte ad un paradosso: fra pochi giorni Cattafi tornerà libero di girare per Barcellona Pozzo di Gotto, dove vive la mamma di Attilio Manca, la signora Angela Gentile. La commissione Antimafia si renda conto di cosa sta succedendo e che bisogna prestare la massima attenzione. Non è tollerabile che la mamma di Attilio Manca debba trovare a piede libero nella sua città il boss mafioso".
Ma perché quest’aura di impunità?

“Per cinquant'anni - ha continuato Repici - è stato impossibile per le istituzioni poter certificare che Rosario Cattafi fosse un mafioso. Perché? Perché Rosario Cattafi è un soggetto che, basta leggere la migliore informativa che la polizia giudiziaria” fece su di lui per scoprire che ha avuto “rapporti con magistrati, ministri, parlamentari, sottosegretari, deputati regionali, vertici dei servizi segreti, vertici delle forze di polizia, vertici delle imprese, le più grosse imprese di armi, OTO Melara, Breda, tutti i venditori di armi internazionali; e grazie a questo aveva trovato una clausola di salvezza immunitaria”. Fino al 2022, quando la cassazione emanò la sentenza di condanna irrevocabile confermando quanto già stabilito dalla corte di assise d’appello di Reggio Calabria il 6 ottobre 2021: in uno dei passaggi delle motivazioni della sentenza, aveva dichiarato che “intorno al 2004, Salvatore Rugolo (cognato del boss Giuseppe Gullottindr), che al pari di (Francesco) Cambria e Cattafi, intrattenevano, per conto della cosca, i rapporti con le Istituzioni deviate, gli aveva riferito che era stato proprio Cattafi, su incarico di un generale dei carabinieri, a condurre il medico presso il luogo, in cui era rifugiato Bernardo Provenzano, bisognoso di cure urgenti. Proprio per evitare che si potesse disvelare il rifugio di Provenzano, Manca è stato ucciso dai servizi segreti deviati”. Inoltre a D’Amico, “dopo il 2006, al tempo in cui era ristretto a Milano Opera, Antonino Rotolo (rilevante affiliato all’articolazione palermitana di Cosa nostra, ndr) ha confermato che Provenzano era stato curato in Francia da Manca che poi era stato ucciso dai servizi segreti”. Tornando alle indagini sull’omicidio di Attilio il legale ha ricordato che “siamo in attesa degli sviluppi procedimentali, ma naturalmente non è questa la sede per fare una trattazione processuale della vicenda”. Durante la conferenza la madre di Attilio, Angela, ha voluto lanciare un appello rivolto al presidente della Repubblica Sergio Mattarella: “Presidente Mattarella, lei è vittima di mafia, perché non mette una buona parola per la ricerca della verità su mio figlio? Ma anche alla Presidente Meloni: lei è madre, lei dice che la famiglia è la parte più importante della sua vita. Ecco, io avevo una famiglia felice, avevo due figli meravigliosi, uno ancora qua con me, però l'hanno privato proprio nel momento in cui poteva raggiungere i traguardi più grandi, perché un ragazzo che ha 32 anni per primo in Italia a fare un intervento alla prostata per via laparoscopica doveva essere una medaglia per l'Italia. E invece l'Italia l'ha dimenticato, l'ha infangato e l'ha scordato. Io mi batterò, io ormai ho 80 anni, però spero prima di morire di avere verità e giustizia".

La guerra contro chi ha combattuto la mafia

"Il diritto alla verità di Angela Manca, di Gianluca Manca, non è un diritto privato come fosse un diritto di proprietà di cui regolare i confini, di cui chiedere tutela. È una questione che riguarda la nazione e l'interesse di un'intera comunità, e non è ammissibile che in Italia certe questioni, come accade in questi giorni, in queste ore, anche davanti a certi sprechi della commissione antimafia, debbano essere i familiari delle vittime a sostenere la dignità di un Paese. Le istituzioni dovrebbero essere in prima fila al loro fianco" ha detto il legale ricordando che "la signora Manca è stata fra i firmatari, insieme a Salvatore Borsellino, ai familiari di Nino Agostino, a Stefano Mormile, a Paola Caccia, a Paolo Bolognesi, presidente dell'Associazione dei Familiari delle Vittime di Bologna, al presidente dell'Associazione dei Familiari delle Vittime della strage di Piazza della Loggia, al presidente dell'Associazione dei Familiari delle Vittime di Piazza Fontana, eccetera, eccetera, eccetera, per riprendere Gaber, di un appello contro l’abominio che sta accadendo con il ribaltamento dei valori per cui oggi, anziché battersi tutti insieme per la ricerca di verità e giustizia, si fa l'anti-antimafia, cioè la guerra a chi ha combattuto e combatte la mafia. Questa è una cosa che non può essere tollerata e non c’è soluzione, può venire qualunque forza di governo, qualunque maggioranza, qualunque potentato: non passerà, e dico non passeranno in questo senso. La signora Manca appartiene a quella genia di persone che purtroppo hanno illustrato in questi decenni la nazione".

Depistaggi di Stato

La voce di Angela riverbera di emozioni mentre scandisce le parole più dure: “Ho dovuto assistere a depistaggi vergognosi, depistaggi di Stato”: “L’ultima telefonata di mio figlio è stata il giorno che l’hanno ucciso tra l'11 e il 12 febbraio 2004 e la mattina mi ha telefonato alle 9 con una telefonata che è sparita dai tabulati. E ci sono 24 ore di vuoto. Che cosa ha fatto mio figlio in quelle 24 ore? Perché è sparito? Perché dai tabulari si vedeva dov'era mio figlio?”; e poi “perché a noi è stato detto che mio figlio era morto per aneurisma cerebrale? Sapete quando ho saputo io che mio figlio era morto per overdose? Il giorno del funerale. Perché il professor Rizzotto e Ugo Manca ci hanno impedito di vedere il cadavere di mio figlio. Poi ho visto le foto di mio figlio. Mio figlio aveva il volto e il setto nasale completamente deviato e il volto era una maschera di sangue. Quindi loro non ce l'avevano fatto vedere”; e perché “Gava, l'ispettore della polizia, ha detto una bugia? Ha detto che mio figlio il giorno dell'intervento di Provenzano era presente in ospedale, invece mio figlio era assente dall'ospedale”; e poi ancora: “Mi ricordo che noi, quando è stata condannata Monica Mileti per cessione di droga, quel giorno, con mio figlio Luca, eravamo contenti. Finalmente noi ci possiamo difendere in un processo. Sapete cos'è avvenuto? Che noi siamo stati estromessi dal processo perché il fatto della morte di Attilio non aveva causato danno. Io in questi anni ho subito mille delusioni” e, soprattutto, “atti intimidatori”.

Suicidi inspiegabili

La deputata Stefania Ascari ha ricordato “il lavoro in Commissione Antimafia nella scorsa legislatura” in riferimento alla relazione votata all’unanimità” con la quale è stato scritto che Attilio Manca è stato un omicidio collegato alla latitanza del boss corleonese. Ma a questo fatto orbita attorno un lungo elenco di suicidi mai risolti. “Francesco Pastoia, il boss che poi si è suicidato nel carcere di Modena e che in un'intercettazione ambientale parlava di un medico che aveva visitato Provenzano nel suo rifugio e si poteva arrivare alla verità partendo da questo elemento. Però nessuno, alla luce di questa dichiarazione, c'è da dire, si è mai interessato. La cosa strana riguardante questo soggetto è che la sua tomba è stata successivamente aperta ed è stato bruciato addirittura il cadavere, quindi è un fatto estremamente strano che riguarda questo soggetto. Poi abbiamo sentito Carmelo D'Amico, abbiamo ripreso le dichiarazioni di Giuseppe Setola, Giuseppe Campo, Stefano Lo Verso, Antonino Lo Giudice, ai quali poi si è aggiunto il pentito milazzese Biagio Grasso. E in tutti questi casi, questi collaboratori di giustizia hanno parlato di omicidio. Ci tengo anche a dire - ha continuato Ascari - che nel caso del dottore Attilio Manca ci sono stati morti collaterali assolutamente sospette e comunque non chiare, e soprattutto verso quelle persone che hanno parlato del dottore e del suo coinvolgimento ovviamente nel caso della latitanza. Parliamo per esempio, oltre al pentito Francesco Pastoia, di Salvatore Rugolo che ha confidato a Carmelo D'Amico le sue confidenze sul dottore e che è morto in un incidente stradale stranissimo con accanto un ragazzo di 20 anni che è rimasto illeso. Pensiamo per esempio a Sergio Rappazzo (morto nel 2005) e Angelo Miano che entrano nell'inchiesta per quanto riguarda le intercettazioni vicino al convento in cui si presume fosse stato tenuto Provenzano, e anche in questo caso muoiono in una modalità stranissima e anche loro fanno riferimento al dottore. Penso a Michelangelo Alfano, uomo d'onore della famiglia di Bagheria, che anche in questo caso si era occupato della latitanza di Provenzano e si è suicidato. Quindi una serie di morti collaterali che ovviamente dovrebbero essere approfondite” ha concluso la deputata.

Il Presidente dei Cinque Stelle: "Il Conflitto di interessi in Commissione antimafia è della Colosimo"

"Non siamo disponibili ad assistere a questo dossieraggio istituzionale, a consentire questa denigrazione e delegittimazione politica. Oggi non ci è consentito ricostruire i fili con la conseguenza che oggi siamo al bullismo istituzionale nei confronti dei campioni dell'antimafia, siamo al bavaglio per Scarpinato, de Raho e anche Antioci". Lo dice con forza il presidente del Movimento Cinque Stelle Giuseppe Conte, intervenendo nella conferenza stampa 'Quale antimafia', presso la sala Caduti di Nassyria al Senato. Seduto accanto ai due membri della Commissione antimafia, finiti nel mirino del centrodestra (con tanto di proposta di legge per estrometterli dai lavori della Commissione).

"Oggi - ha detto Conte - abbiamo visto dai familiari delle vittime delle stragi un grande gesto di solidarietà nei confronti delle persone che siedono vicino a me e che sono sotto il fuoco della delegittimazione politica, per impedire loro di esercitare le prerogative costituzionali di ogni parlamentare. Esprimiamo loro forte solidarietà per contrastare ciò che sta accadendo". "Dobbiamo ricercare - ha proseguito - tutta la verità e la piena giustizia per quanto riguarda le stragi della Mafia. Bisogna battere ogni pista, non tralasciando nessun filone di inchiesta. Non siamo disponibili ad assistere a una tecnica ben precisa: con la scusa di dover procedere in sede plenaria, si opera la frammentazione e l'isolamento. Ci si preclude così la possibilità di ricostituire il cuore che si cela dietro le stragi, di arrivare ai mandanti occulti. Non si tratta di un teorema. Ci viene impedito di ricostruire un filo unitario. Siamo al bavaglio e al bullismo istituzionale nei confronti dei campioni dell'Antimafia. Già in passato apparati dello Stato usavano screditare e infangare i campioni dell'Antimafia, come Falcone e Borsellino, per screditarli e fermarli. Non possiamo permettere che questi metodi si ripetano". "Dove sono i garantisti di fronte a questi attacchi?", ha aggiunto. E poi ancora: "Il conflitto di interessi non riguarda Colosimo? Non avete visto la prova fotografica di un rapporto molto amicale tra lei e Ciavardini? Ciavardini è stato condannato con sentenze a dieci anni per aver ucciso Mario Amato. Condannato come esecutore materiale della strage di Bologna. E de Raho e Scarpinato si devono scusare di cosa? Non siamo disponibili ad assistere a questo dossieraggio istituzionale. Ci rivolgeremo ai presidenti delle Camere per fermare questo scempio e se serve al presidente della Repubblica”.

"Ho letto con sconcerto la dichiarazione della presidente della Commissione Antimafia Chiara Colosimo, nella quale ha fatto appello 'affinché nessuno che si chiami con nessun nome che non siano i figli di Borsellino può dirmi cosa fare'. Mi ha sconcertato perché immediatamente successiva alla lettera aperta sottoscritta dalle associazioni dei familiari vittime di mafia. Noi non vogliamo dire cosa fare e cosa no, noi vogliamo verità e giustizia. A questo non si può arrivare circoscrivendo i lavori della commissione alla sola strage di via D'Amelio. Non si può cestinare la richiesta di Scarpinato su un approfondimento sul ruolo di apparati statali e di eversori di destra. Non si possono escludere parlamentari dalla Commissione con la scusa di pretese incompatibilità. Si vuole allontanare Scarpinato che ha speso la sua vita combattendo la mafia".

Con queste parole Salvatore Borsellino, fratello del giudice Paolo, ucciso il 19 luglio 1992, ha iniziato il proprio intervento alla conferenza stampa organizzata presso la Sala Nassiriya del Senato, "Vogliamo tutta la verità sulle stragi".

Assieme a lui, moderati dalla giornalista Stefania Limiti, sono intervenuti anche Paolo Bolognesi, presidente Associazione familiari vittime strage alla stazione di Bologna; Federico Sinicato, presidente Associazione familiari vittime strage di Piazza Fontana; Daniele Gabrielli, vice presidente Associazione familiari vittime strage via dei Georgofili; Sergio Amato, figlio del magistrato Mario Amato, ucciso a Roma il 23 giugno del 1980; Brizio Montinaro, fratello di Antonio Montinaro, agente di scorta di Giovanni Falcone; Nino Morana, familiare di Nino Agostino, ucciso da Cosa Nostra insieme a sua moglie Ida Castelluccio e Daniela Marcone, ufficio di presidenza Associazione Libera.

Tutti uniti per chiedere alle istituzioni verità sulle stragi che hanno insanguinato l'Italia, ma anche esprimere la propria preoccupazione rispetto a quanto sta avvenendo in Commissione antimafia dove il centrodestra, con al vertice la Presidente Chiara Colosimo, hanno proposto un nuovo regolamento sul conflitto di interessi per estromettere dai lavori figure come Roberto Scarpinato e Federico Cafiero de Raho, considerati figure di riferimento per la ricerca della piena verità, entrambi presenti tra il pubblico assieme al presidente del Movimento Cinque Stelle Giuseppe Conte ed altri familiari vittime di mafia come Paola Caccia, figlia del magistrato Bruno Caccia ucciso dalla 'Ndrangheta il 26 giugno 1983 a Torino; Stefano Mormile, fratello di Umberto Mormile, educatore penitenziario ucciso l'11 aprile 1990, presidente Associazione familiari vittime della Falange Armata.

"L'accelerazione della strage di via D'Amelio - ha continuato ancora Salvatore Borsellino - è arrivata dopo l'intervento di Paolo Borsellino il 25 giugno nel suo ultimo discorso pubblico. In quella occasione chiese pubblicamente di essere sentito dalla procura di Caltanissetta su quello che aveva scoperto sulla strage di Capaci. Parole che rappresentarono la sua condanna a morte. C'era il rischio che rivelasse in pubblico quello che i giudici non volevano ascoltare. Venne convocato a Caltanissetta nella settimana successiva al 19 luglio, ma non arriverà mai a testimoniare in procura. Dopo la sua morte verrà irritualmente chiamato a collaborare alle indagini quel Bruno Contrada su cui stava indagando mio fratello".

La Colosimo e il conflitto di interessi

"Si parla dell'assassinio di mio fratello come se fosse legato agli appalti - ha aggiunto Borsellino - ma che tutti sappiamo che ha ben altre cause, tra cui la trattativa tra mafia e pezzi deviati dello Stato. Le indagini dovrebbero concentrarsi sull'agenda rossa che è la scatola nera della strage di via d'Amelio. Si dovrebbe ripartire dal furto di quella agenda per arrivare alla verità. E non sto parlando della mafia. Non sono stati mani di mafia a sottrarre quella agenda. Noi familiari non possiamo fare altro che denunciare la vergogna di uno Stato che ritiene di poter allontanare i suoi fedeli servitori dello Stato (Scarpinato, de Raho, ndr), in nome di un presunto conflitto di interessi.

Se c'è un conflitto di interessi è ascrivibile alla stessa presidente Colosimo, per i suoi atteggiamenti confidenziali, testimoniati da prove fotografiche, con il terrorista di destra Luigi Ciavardini, esponente del gruppo eversivo di ispirazione neofascista, uno degli assassini del procuratore Mario Amato. Noi non possiamo fare altro che affermare questo diritto alla verità. Lanceremo presto un'iniziativa perché venga sancito esplicitamente nella nostra Costituzione e garantito a tutti e anche a noi familiari di vittime di stragi ai quali fino ad oggi è stato invece ostinatamente negato".

Un concetto, quest'ultimo, ribadito anche da altri intervenuti.

Uniti per la verità

Daniele Gabrielli, vice Presidente dell'Associazione familiari vittime strage via dei Georgofili, ha auspicato l'inizio "di un'azione comune, sia sul piano giudiziario, che verso l'opinione pubblica. Perché c'è bisogno di fare chiarezza nei confronti di servitori infedeli dello Stato e far sì che certe cose (le stragi ed i depistaggi, ndr) non riaccadano più".

"Se fossimo un paese serio - ha invece ribadito l'avvocato Federico Sinicato, presidente dell'associazione familiari vittime della strage di Piazza Fontana - dovremmo istituire una Procura nazionale centralizzata per le indagini sulle stragi, così come per la Dda, per quanto riguarda la mafia e la criminalità organizzata. Perché, solo così noi saremo in grado di fare valere al meglio le conoscenze che in 30 anni si sono costruite e sovrapposte le une alle altre. E' anche in questa ottica che critichiamo fortemente la possibilità, o l'ipotesi, che una persona come il senatore Roberto Scarpinato possa essere estromesso, con un gioco di prestigio, dal suo ruolo, perché va nel senso della parcellizzazione della conoscenza. Estromettere e allontanare il più possibile coloro che sanno, per potersi giocare le carte coperte e non dover essere costretti a tirarle fuori. Questo è un gioco che per 50 anni è stato giocato sul tavolo delle stragi italiani, ora è arrivato il momento di dirlo che abbiamo bisogno di centralizzare e utilizzare al meglio le componenti che hanno una esperienza fondamentale, come Scarpinato".

Amato: "Inaccettabile che non si prosegua ricerca della verità"

Sergio Amato (in alto), figlio del magistrato Mario Amato ucciso a Roma il 23 giugno 1980, ha definito come "brutale" l'effetto che si prova nel vedere in Commissione Antimafia "l'amica di Ciavardini, Chiara Colosimo".
Ma non solo per la questione della nota fotografia. Ma molto altro. "Ciavardini ha scontato le sue pene per l'omicidio di mio padre, ma anche per la strage di Bologna. Ma io voglio sottolineare e denunciare i rapporti tra Luigi Ciavardini e Gilberto Cavallini, che è colui che ha sparato alle spalle alla nuca di mio padre. Nel 2018 Gilberto Cavallini è stato condannato come quarto esecutore della strage di Bologna. Nell'ambito di quel processo Luigi Ciavardini è stato chiamato a testimoniare e ha reso falsa testimonianza. Nel frattempo questi rapporti tra Luigi Ciavardini e Gilberto Cavallini sono andati avanti. Cavallini riusciva a ottenere un lavoro esterno in regime di semi libertà proprio attraverso le cooperative riconducibili a Luigi Ciavardini ed alla moglie. Ecco, questo penso sia ancora più grave di quella foto stessa.

Noi familiari non possiamo certo accettare che un detenuto possa avere delle agevolazioni grazie ad un suo correo". "Noi familiari non possiamo accettare che un detenuto possa avere agevolazioni, grazie a un suo correo - ha aggiunto - Non so qual è stato il problema, forse la Sorveglianza, ma è una cosa impossibile da accettare - dice Sergio Amato - Per tanti anni i familiari di Amato, ma anche i familiari della strage di Bologna hanno combattuto contro la vulgata e la difesa dei cosiddetti Nar che si sono sempre definiti 'spontaneisti'. Noi familiari non ci abbiamo mai creduto, ma abbiamo dovuto combattere nei processi e nella opinione pubblica. C'è sempre quel punto interrogativo. Oggi siamo stufi di pensare che ancora oggi il popolo italiano possano credere che i Nar fossero degli spontaneisti. Mio padre fu ucciso il 23 giugno, e dieci giorni prima parlava di Ordine nuovo che si stava riorganizzando, dicendo che i Nar erano ragazzini che venivano armati".

Ed infine: "L'Italia è al centro di un sistema criminale che viene raccontato poco e male. Noi familiari delle vittime delle stragi siamo stufi di sentirci dire che i Nar erano 'spontaneisti'. Ventisei magistrati hanno perso la vita. Io sono figlio di un magistrato. Non è accettabile che non si prosegua nella ricerca della verità, dopo tutti questi anni di lavoro interminabile di processi. Magistrati che si sono spesi per anni a cercare di descrivere questo sistema. E' dagli anni '60 che noi abbiamo prove di connivenza di neofascisti e criminalità organizzata. Allo stesso modo volete forse farci credere che erano spontaneisti anche i corleonesi? No. Nel 1990 avevo 18 anni e mai avrei pensato di potere vedere magistrati saltare per aria".

Successivamente a prendere la parola sono stati Brizio Montinaro, che ha evidenziato l'importanza che certi argomenti siano affrontati anche nelle scuole ("Noto ormai lo sconcerto che i programmi di storia se va bene si fermano ai primissimi anni del Novecento. Come può un ragazzo avere le chiavi di accesso sulla contemporaneità se non gli è dato di sapere quanto è avvenuto almeno dal secondo dopoguerra?") e Nino Morana, nipote di Agostino.

Lo sguardo verso i giovani

"Lo Stato - ha detto con forza - ha un debito enorme con la mia famiglia, ha negato a due genitori quella verità e giustizia per le quali si sono battuti per più di trent'anni. Lo Stato ha un debito enorme con tutte le famiglie qui presenti, e mettendo alla pubblica gogna il senatore Scarpinato non fa altro che prolungare il nostro dolore e la nostra rabbia, dandoci solamente l'ennesimo schiaffo in faccia. Mi rivolgo a voi, uomini e donne delle istituzioni, continuando con le vostre insensate e becere azioni contro il senatore Scarpinato non fate altro che uccidere di nuovo mio zio, uccidete nuovamente Nino, Ida, Paolo, Attilio, Antonio, Mario, Bruno, Umberto e le tantissime altre vittime che noi familiari stiamo rappresentando qui oggi". Così Nino Morana, nipote di Vincenzo Agostino, intervenuto al Senato alla conferenza stampa organizzata da alcuni familiari di vittime delle stragi.

"Mio nonno diceva sempre che voleva una reale verità su un triplice massacro che uno Stato complice e spietato ha permesso per coprire sé stesso e i suoi uomini deviati e corrotti - ha proseguito - Non deve importare se, per dire queste verità, si toccheranno sepolcri imbiancati e si diranno nomi impronunciabili. Parlo anche in qualità di studente universitario, noi giovani, noi studenti, come possiamo fidarci di uno Stato, che, avvalendosi della parola 'antimafia', non persegue le verità, ma piuttosto cerca di epurare e mortificare chi cerca di far emergere le complicità statali nelle stragi e negli omicidi eccellenti? Come possiamo avere fiducia completa nello Stato, se parte collusa di esso, che ha contribuito nel fare queste atrocità, gode ancora di coperture istituzionali? Come possiamo affidarci ad uno Stato nel quale tutt'ora sono presenti soggetti impresentabili, che hanno avuto e hanno rapporti con la criminalità organizzata e con apparati neofascisti?".

Le conclusioni di Bolognesi

Il Presidente dell'Associazione familiari vittime strage alla stazione di Bologna, Paolo Bolognesi, ha ricordato tutti gli elementi raccolti grazie ai processi sull'attentato del 2 agosto 1980. Tra questi anche la presenza di figure che sono state protagoniste di quella strage, ma anche di quelle di mafia. Un esempio chiaro è Paolo Bellini personaggio che collega la storia dell'eversione nera fino ad arrivare alle stragi di mafia.

"C'è questo addentellato. Siccome Bologna è un seguito che viene fuori dopo aver analizzato Piazza Fontana, Piazza della Loggia, Italicus, e poi si arriva a Gioé, alle stragi del 1992 e del 1993, ti viene da dire che la strategia della tensione non è mai finita; è continuata e poi è arrivata la mafia. Allora l'importanza di una commissione antimafia che facesse il suo mestiere fino in fondo ti dà un'idea importante della situazione. Quello che è venuto fuori oggi è un invito alla Commissione antimafia di fare le cose fino in fondo, perché i collegamenti tra il passato e il futuro c'è tutto. Non è escluso che noi siamo ancora nella strategia della tensione". Una strategia che, secondo Bolognesi, potrebbe passare anche da quanto sta emergendo sull'inchiesta di Milano su dossieraggi e cybersicurezza compromessa.

"L'appello che facciamo oggi è che la Commissione Antimafia operi fino in fondo, anche se ha una Presidente come Chiara Colosimo. Questi collegamenti con Ciavardini sono una cosa incredibile. Lei stessa dichiara che le pose delle fotografie 'non sono molto istituzionali'. Ci sarebbe stato anche un problema di correttezza della persona nominata. Ma questo è un dato. L'altro dato è il fatto del depistaggio Scarantino. Allora, giù le mani da Scarpinato e anche da Cafiero de Raho, tanto per capirci. In modo che tutti abbiamo capito che la Commissione lavori come deve lavorare e le persone capaci che possono dare un contributo positivo devono rimanere all'interno della Commissione". Fonte: antimafia duemila.com