Ha guidato (per 9 anni) anche la diocesi di Messina come vescovo ausiliare: Chiesti 4 anni e 6 mesi per l’ex vescovo Miccichè accusato di peculato
Quattro anni e sei mesi per peculato. È la condanna chiesta ieri a conclusione della requisitoria dal pm Sara Morri, per l’ex vescovo della diocesi di Trapani Francesco Miccichè. La vicenda si inserisce nel contesto del cosiddetto “Caso Curia” e che ha visto l’ex vescovo Miccichè passare da parte offesa a indagato e poi in ultimo imputato. Per l’accusa i soldi destinati alle esigenze del culto e del clero, alle opere di carità sono finiti invece nella disponibilità personale dell’ex vescovo Francesco Miccichè, a giudizio per un peculato superiore ai 400 mila euro, somma assegnata alla curia vescovile dalla CEI, proveniente dall’8 per mille. I fatti contestati vanno dal 2007 al 2012. Le indagini scattarono nel 2011, e riguardavano la gestione finanziaria della Diocesi di Trapani. Nel 2012 poi Miccichè venne rimosso da Papa Benedetto Ratzinger dopo la visita eseguita dal visitatore apostolico monsignor Domenico Mogavero, allora vescovo di Mazara e a seguito dell’indagine condotta dagli agenti di Pg di Finanza e Forestale.
Il reato contestato è il peculato perché il denaro sarebbe stato sottratto in violazione della legge 222 del 20 maggio 1985 e del regolamento che prevede l’impegno delle somme derivanti dall’8 x mille per «esigenze di culto della popolazione, sostentamento del clero, interventi caritativi a favore della collettività nazionale o di paesi del terzo mondo». Il processo che dura da tre anni, si svolge dinanzi al collegio presieduto dal giudice Franco Messina, a latere i giudici Nodari e Badalucco. Per la procura le ricchezze di famiglia e assieme a questi diversi immobili, case e ville non trovano corrispondenza nelle entrate. «I soldi dell’8xmille venivano dirottati in un conto corrente della Diocesi, a cui Miccichè accedeva senza la necessità di rendicontazione, dai testi è stato indicato come il correntone della Curia». Gli accertamenti effettuati hanno evidenziato che «alcuni trasferimenti di denaro dai conti dell’8xmille al correntone sono stati fatti per l’intero saldo». La ricostruzione fatta dagli investigatori della sezione di pg della guardia di finanza e dai consulenti evidenzia una discordanza tra i conti: quello dove arrivavano i soldi dall’8xmille alla Diocesi di Trapani fino al 2012 e i conti personali di Miccichè e dei suoi familiari. In quelli per l’8xmille si legge nella ricostruzione investigativa, mancano riscontri sull’attività dedicata, carità, gestione del culto e del clero; in quelli di casa Miccichè ciò che è stato trovato non è compatibile con le entrate ufficiali. Questa ricostruzione ha portato l’allora vescovo della diocesi di Trapani Miccichè dinanzi al Tribunale, imputato di peculato. In questi tre anni numerosi sono stati i testi sentiti dal Tribunale e tra questi l’ex direttore della Caritas della diocesi di Trapani, Sergio Librizzi e don Ninni Treppiedi, ex direttore amministrativo della Curia. Il processo riprenderà il 16 dicembre prossimo con l’arringa dell’avvocato Mario Caputo, difensore del vescovo Miccichè (che non si è mai presentato in nessuna delle udienze). Oggi Francesco Micchichè vive a Roma con il titolo di vescovo emerito. La Diocesi di Trapani si è costituita parte offesa nel giudizio con l’avvocato Umberto Coppola.
TANTI ANNI TRASCORSI A MESSINA.
Ricordiamo che Francesco Miccichè, svolse ben nove anni di ministero episcopale a Messina, come ausiliare con gli arcivescovi Ignazio Cannavò e Giovanni Marra. Il 24 gennaio 1998 venne inviato a capo della diocesi di Trapani, succedendo al vescovo salesiano messinese Domenico Amoroso, deceduto il 18 agosto precedente.