Bancarotta fraudolenta, condannato a 3 anni e 3 mesi il rappresentante legale e socio accomandatario di una nota ditta della città
Il Tribunale di Messina in composizione collegiale (presidente Grimaldi, giudici Crisafulli e Di Fresco) ha condannato il rappresentante legale e socio accomandatario di una nota ditta della città dello Stretto che operava nel settore delle ceramiche. In particolare, gli è stata inflitta una pena di 3 anni e 3 mesi, a fronte dei quattro anni chiesti dal pubblico ministero.
Difeso dall’avvocato Nino Cacia, è stato dichiarato colpevole per uno dei tre capi d’imputazione contestati, cioè quello di bancarotta fraudolenta. Dalla società dichiarata fallita dal Tribunale, con sentenza del 21 novembre 2018, avrebbe «distratto somme e beni aziendali e tenuto le scritture contabili previste per legge in relazione al periodo 2013-2018, così da non rendere possibili la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari». In buona sostanza, avrebbe ceduto la propria quota sociale di partecipazione, pari a 5mila euro, a una familiare; donato la propria quota sociale pari a 8mila euro alla madre; e «attraverso una modifica nella contabilità aziendale, in relazione a dei beni asseritamente periti in un incendio avvenuto in un magazzino secondario, nel corso dell’esercizio 2014», avrebbe «operato una rettifica del valore contabile delle rimanenze, determinandosi una presunzione di cessione pari a 648.679,93 euro, senza che vi fosse idonea documentazione atta a comprovare il valore dei beni perduti»; qualcosa di analogo sarebbe accaduto nel 2016, con una stima delle rimanenze pari a 83.700 euro. Non solo, «con una modifica nella contabilità aziendale, in corso di procedura di concordato poi revocata dal Tribunale civile con sentenza di fallimento, ha rettificato i crediti risalenti al 2010, dalle poste attive della società, per complessivi 202.940, 08 euro».
Inoltre, disposta l’assoluzione per altri due capi d’imputazione: bancarotta semplice e bancarotta distrattiva.