Fabio Repici: ”La CEDU sbaglia, le intercettazioni a Contrada erano necessarie”
Il legale contesta la sentenza di Strasburgo che ha condannato l’Italia a risarcire l’ex 007 per intercettazioni svolte nell’inchiesta sul caso Agostino.
“La decisione della Cedu è stata presa senza che la famiglia della vittima abbia avuto possibilità d’intervenire, questo dovrebbe fare riflettere sui rischi di abuso della giurisdizione di Strasburgo. C’erano infatti ragioni evidenti che rendevano necessarie le intercettazioni disposte dall’autorità giudiziaria”.
A dirlo è l’avvocato Fabio Repici, commentando la sentenza dei giudici di Strasburgo che hanno nuovamente condannato l’Italia a risarcire l’ex capo della Squadra Mobile di Palermo Bruno Contrada.
La vicenda è stata resa nota il 23 maggio scorso dall’avvocato Stefano Giordano, legale di Contrada. La questione sottoposta alla Corte, come ricorda Il Fatto Quotidiano, riguardava alcune conversazioni telefoniche dell’ex numero tre del Sisde nell’ambito dell’inchiesta di Palermo sull’omicidio del poliziotto Nino Agostino e della moglie Ida Castelluccio. Il poliziotto venne assassinato il 5 agosto 1989 e si occupava di cattura di latitanti mafiosi, un’attività segreta nella quale scoprì che “Cosa nostra, e nel caso specifico la cosca dei Madonia”, intratteneva rapporti “con esponenti importanti delle forze dell’ordine collegati ai servizi di sicurezza dello Stato”. E per questo, secondo i giudici che hanno condannato in abbreviato il boss Nino Madonia all’ergastolo, venne assassinato. In questa galassia di rapporti ci sarebbe stato, tra gli altri, come sostiene la procura generale di Palermo, anche Bruno Contrada, chiamato in causa da diversi collaboratori di giustizia nel corso del processo in ordinario che si sta celebrando davanti alla Corte d’Assise di Palermo (imputati il boss dell’Acquasanta Gaetano Scotto e Francesco Paolo Rizzuto, sedicente amico di Agostino).
Per approfondire questo aspetto dei rapporti tra boss ed esponenti delle forze dell’ordine collegati ai servizi la procura generale aveva intercettato alcuni ex agenti di Polizia, che erano a conoscenza di retroscena risalenti all’epoca dell’omicidio Agostino. Tra questi c’era anche Contrada, che si è appellato alla Cedu, e ora ha vinto il ricorso. L’Italia dovrà ora versare come risarcimento morale novemila euro all’ex super poliziotto. Secondo la corte il nostro Paese ha violato il diritto al rispetto della vita privata di Contrada quando ha proceduto nel 2018 all’intercettazione e alla trascrizione delle sue conversazioni telefoniche, visto che non era indagato. I magistrati arrivano a scrivere che “la legge italiana non contiene adeguate ed effettive garanzie per proteggere dal rischio di abuso le persone destinatarie di queste misure. Persone che, non essendo sospettate di essere coinvolte in un reato o accusate di un reato, rimangono estranee al procedimento”. Secondo la Cedu queste persone non hanno la possibilità di rivolgersi a un’autorità giudiziaria al fine di ottenere un effettivo riesame della legalità e della necessità della misura. Di conseguenza non possono ottenere un’adeguata riparazione se i loro diritti sono stati violati. Alla luce di queste “carenze”, per la Cedu l’Italia ha violato quindi l’articolo 8 della Convenzione, secondo cui “ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza”. La stessa Corte ha invece dichiarato irricevibile il ricorso di Contrada per la perquisizione che subì nell’ambito dello stessa indagine: prima di rivolgersi a Strasburgo l’ex dirigente dei servizi segreti non ha fatto ricorso alla giustizia del suo Paese, cioè i tribunali italiani, contro questa presunta violazione.
“Contrada non è l’unica persona non indagata intercettata in quell’indagine, come peraltro capita spessissimo nelle inchieste”, ha affermato Fabio Repici, difensore della famiglia Agostino, criticando la sentenza. Quindi il legale ha ricordato ai giudici di Strasburgo che gli investigatori scoprirono - “grazie all’ascolto di conversazioni di altri ex poliziotti, che come Contrada non erano indagati - come negli anni ’70 gli agenti della Mobile di Palermo andassero a sparare in un poligono di proprietà di un esponente mafioso, frequentato da estremisti di destra come Pierluigi Concutelli, il killer del giudice Vittorio Occorsio. Una scoperta fatta solo grazie all’ascolto di conversazioni di altri ex poliziotti, che come Contrada non erano indagati”. Il riferimento è al poligono di tiro di Bellolampo, luogo emerso in moltissimi processi di mafia dove sono passati uomini delle Forze dell’Ordine, esponenti degli apparati e neofascisti. Repici ha poi ricordato altre intercettazioni eseguite in questo modo e risultate utili alle indagini. Tra queste anche una conversazione del 19 gennaio del 2018 in cui un altro poliziotto, Francesco Belcamino, sosteneva che Agostino era stato arruolato tramite Contrada su raccomandazione dell’agente Guido Paolilli. Circostanza poi smentita da Contrada in aula. Paolilli era stato a sua volta intercettato il 21 febbraio del 2008, mentre raccontava al figlio il contenuto dell’armadio del poliziotto assassinato, che sarebbe stato perquisito dopo che dal portafoglio di questi venne ritrovato un bigliettino con scritto “"Se dovesse succedermi qualcosa, guardate dentro il mio armadio”. Ad aprire e perquisire l’armadio sarebbe andato Paolilli che poi al figlio racconterà, intercettato nel febbraio 2008, di aver trovato al suo interno “una freca di cose che proprio io ho pigliato e poi ne ho stracciato”. Versione, questa, che Paolilli in aula ha smentito energicamente, ma non senza contraddizioni, nel gennaio 2022. “Anche queste intercettazioni rappresentano un abuso?”, si è chiesto dunque l’avvocato Repici. “O il vero abuso qui è mettere dei paletti alla ricerca della verità?”.