BARCELLONA: L’OMICIDIO RIZZOTTI, CONDANNE ANCHE IN APPELLO PER MESSINA. ASSOLTO ABBATE
Condanna a trent'anni confermata per Renzo Messina, e assoluzione ribadita per Domenico Abbate, e in più a suo favore dichiarata la prescrizione per la sua appartenenza a Cosa nostra barcellonese, cancellando la condanna del primo grado.
È arrivata nel primo pomeriggio la sentenza al processo d’appello per l’omicidio del camionista non ancora 23enne di Barcellona Sebastiano Rizzotti, un caso di “lupara bianca” di ben 34 anni addietro, che scomparve l’8 aprile del 1990.
La decisione è della Corte d’assise d’appello presieduta dal giudice Bruno Sagone, che aveva a latere la collega Maria Teresa Arena.
LE RICHIESTE DELL'ACCUSA.
Condannate anche Domenico Abbate e non solo Renzo Messina. Era stata questa in estrema sintesi la richiesta dell’accusa, il 7 febbraio scorso, al processo d’appello per l’omicidio del camionista non ancora 23enne di Barcellona Sebastiano Rizzotti, un caso di “lupara bianca” di ben 34 anni addietro, che scomparve l’8 aprile del 1990.
L’udienza si era aperta con la relazione del presidente della corte d’assise d’appello Bruno Sagone, che ha a latere la collega Maria Teresa Arena. Poi c’è stata la requisitoria del sostituto procuratore generale Felice Lima, che ha chiesto l’accoglimento dell’appello del pm Francesco Massara contro l’assoluzione di Abbate, con la condanna di Abbate alla stessa pena di Messina (30 anni di reclusione) anche per l’omicidio Rizzotti, oltre che per associazione mafiosa, già riconosciuta in primo grado. Per Messina il sostituto pg Lima aveva chiesto la conferma della condanna per entrambi i reati.
LA SENTENZA DI PRIMO GRADO.
A maggio dello scorso anno si era svolta l’udienza preliminare per i due indagati della nuova inchiesta accusati di omicidio premeditato, in concorso con persone rimaste sconosciute, e di aver fatto parte dell'associazione mafiosa, unitamente ai boss Giuseppe Gullotti e Carmelo D'Amico, della “famiglia dei barcellonesi”, ovvero il 52enne Domenico Abbate e il 53enne Renzo Messina, che hanno optato per il rito abbreviato.
Renzo Messina, difeso dall'avvocato Giuseppe Lo Presti, amico d'infanzia di Rizzotti, era stato condannato dal gup Torre a 30 anni di carcere sia per l’omicidio che per associazione mafiosa, mentre Domenico Abbate, difeso dai legali Tommaso Autru Ryolo e Giuseppe Cicciari, era stato assolto, con la formula “per non aver commesso il fatto”, per l'accusa più grave, e cioè quella di aver ucciso assieme a Messina il giovane Sebastiano Rizzotti.
Domenico Abbate era stato però condannato a 8 anni per il reato previsto e punito dall'articolo 416 bis del codice penale, l'associazione mafiosa.
Il gup Torre aveva poi disposto a carico di Messina, condannato per l’omicidio, una provvisionale immediata di 10mila euro a testa per tutti i sei familiari di Rizzotti costituiti parte civile, e rappresentati dall’avvocato Fabio Repici, oltre al risarcimento vero e proprio da definirsi in un futuro processo civile.
Sul piano cautelare, nel marzo scorso i giudici del Riesame, su rinvio della Cassazione, avevano confermato la detenzione in carcere per Messina ed avevano invece annullato l’ordinanza di custodia per Abbate, che per questa decisione era stato rimesso in libertà.
LA RIAPERTURA DELL'INCHIESTA E L'ARRESTO NEL 2022.
Domenico Abbate e Renzo Messina erano stati arrestati a marzo del 2022 a Barcellona Pozzo di Gotto dai Carabinieri del R.O.S., con il supporto del Comando Provinciale Carabinieri di Messina, che avevano dato esecuzione ad un’ordinanza di applicazione della misura cautelare in carcere, emessa dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Messina Tiziana Leanza, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia. Su di loro emergevano gravi indizi di colpevolezza per l’omicidio commesso l'8 aprile 1990, domenica delle Palme, a Barcellona P.G. ai danni del 23enne Sebastiano Rizzotti.
Il ragazzo sarebbe stato ucciso e il suo cadavere occultato perché sospettato di essere vicino al contrapposto gruppo dei 'chiofaliani' e perché resosi responsabile di un furto ai danni di una ditta del luogo “protetta” dai barcellonesi in quanto sottoposta dagli stessi ad estorsione.
Nella circostanza, nel pomeriggio del lontano 08 aprile del 1990, Domenico Abbate (oggi assolto) e Renzo Messina, ritenuti contigui alla famiglia mafiosa di Barcellona Pozzo di Gotto, secondo l'accusa si occuparono di avvicinare la vittima conducendola con un pretesto presso la frazione Gala del Comune di Barcellona P.G. ove ad attenderli vi erano i vertici dell’organizzazione mafiosa che, dopo un sommario interrogatorio, ne avrebbero decretato l’uccisione.
La scomparsa del giovane va ad aggiungersi ai numerosi casi di “lupara bianca” che tra la fine degli anni ‘80 e gli inizi degli anni ‘90 si registrarono nella zona tirrenica della Provincia di Messina nella cruenta guerra tra i “barcellonesi” e l’avverso gruppo dei “chiofaliani”.