L’AFFONDO: Partecipate, da Società di servizi a strumenti di potere
Riceviamo e pubblichiamo una nota del Gruppo di Iniziativa e Resistenza Civica Rispetto Messina.
Nella vicenda paradossale che riguarda quello che è stato definito il “reclutamento” di dipendenti di società pubbliche del Comune di Messina che sarebbero stati invitati ad aderire alla forza politica che ha espresso l’attuale Amministrazione Comunale, emergono alcuni aspetti che denotano un particolare “sistema” di gestione amministrativa.
Una gestione in cui viene alla luce in maniera sempre più evidente la sovrapposizione di logiche meramente “privatistiche” su una realtà istituzionale articolata che dovrebbe perseguire il bene comune e il “pubblico interesse”.
Ma per comprendere appieno tale assunto bisogna riandare a quasi sei anni fa, quando nel programma collegato al Sindaco poi eletto veniva annunciata con enfasi non solo l’abolizione delle Circoscrizioni (poi rimangiata), ma anche l’ eliminazione di tutte le Società Partecipate, definite “poltronifici cause di sprechi”, con il consequenziale trasferimento delle loro funzioni e del loro personale al Comune di Messina. Ma come si suol dire “passata la festa gabbato lo santo”; o meglio passata la “furia iconoclasta e demagogica” elettorale utile ad attrarre facili consensi, la realtà che va riscontrata è stata ed è del tutto diversa. Infatti non solo le società partecipate non sono state abolite, ma sono proliferate (causando anche qualche doppione improduttivo e illogico) e sono state destinatarie di ulteriori funzioni, ed hanno adottato un abnorme e talvolta non giustificabile potenziamento dei loro organici, a tal punto che lo stesso Ente Comune ha subito un incontestabile declassamento e ridimensionamento. Ed è così che tali soggetti “pubblici” che gestiscono risorse finanziarie pubbliche sono diventati il vero braccio operativo della precedente e dell’attuale Amministrazione Comunale; agendo, però, spesso come “soggetti privati”.
Soggetti che, con poca attenzione alle normative sulla “spending review”, mettono insieme un abnorme ampliamento del personale motivato da esigenze di servizio con l’incremento di affidamenti diretti di servizi e interventi a ditte esterne.
Ed è proprio secondo tale logica (da aziende private) divenuta ormai un comune “modus operandi”, che nelle varie società partecipate si sia andata promuovendo una “fidelizzazione”, che porta a distinguere fra “buoni e cattivi” a secondo del livello di fedeltà e che ha visto anche la scelta dei vari “vertici” più sulla base della “affidabilità” che su quella delle competenze specifiche.
Uno stato di fatto poco sincronico con il “bene comune”, ma che è ormai proprio di “strumenti operativi” correlati a un sistema politico – clientelare in cui, come emerge da recentissime denunce politiche, vige anche la regola dello “scambio”.
Un sistema che non si limita solo a incoraggiare eventuali adesioni di dipendenti pubblici a movimenti politici, ma che, come si evince da certe maldestre dichiarazioni pubblicizzate, esercita un controllo su lavoratrici e lavoratori, facendo venire alla mente certe “schedature” proprie dei “regimi”.
Anche se in tale caso più che alla tragedia siamo di fronte a una “commedia” che ha visto palesarsi una modesta, ma comunque inquietante, “Stasi” in salsa “jonico-peloritana”.