LE FOTO – Marco Bellocchio insignito a Messina del dottorato di ricerca honoris causa
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di Tonino Cafeo - Marco Bellocchio, regista, sceneggiatore, produttore e docente di cinema di fama internazionale, è stato insignito dall'Università di Messina del dottorato di ricerca honoris causa in Scienze Cognitive, curriculum «Teorie e tecnologie sociali, territoriali, dei media e delle arti performative».
La Laudatio è stata affidata al professore Federico Vitella, ordinario di Cinema, fotografia e televisione, primo promotore del conferimento del titolo a Bellocchio: “Abbiamo l’onore di consegnare il Dottorato al più grande regista italiano vivente. Esponente del Nuovo cinema italiano degli anni Sessanta, ha saputo innovare l’arte cinematografica, svecchiandone la narrazione e spalancando le porte al cinema moderno. Ha saputo anche rinnovare costantemente se stesso, pur rimanendo fedele a uno stile inconfondibile – come la scelta dell’inquadratura lunga o della teatralità dello spazio – ed alcuni temi che definiscono il suo orizzonte poetico. Temi come il rapporto con la Legge, con l’autorità e con il Padre, dal primissimo capolavoro I pugni in tasca (Nastro d’Argento al miglior soggetto nel 1966) fino al più recente Rapito (2023, Nastro d’Argento per le categorie Miglior Film, Miglior Regista e Miglior Sceneggiatura); o ancora la malattia e la follia come forme disperate di indipendenza; il valore della Storia e di un passato biografico sociale e collettivo cui si guarda senza nostalgia; paradigmi di denuncia ma anche paradigmi di introspezione e riflessione, affrontati grazie all’incontro tra realismo e simbolismo”.
E continua Vitella: “Insieme a Rapito, tra i suoi successi più recenti troviamo Il Traditore (2019), Eterno Notte (2022, per il quale ha ricevuto il David di Donatello per la Miglior Regia). Negli ultimi vent’anni, il suo cinema è diventato un punto di riferimento assoluto per il film d’autore europeo, alla luce dell’ineguagliabile capacità di coniugare la sua agenda tematica con la rielaborazione continua del linguaggio filmico del suo tempo. Infiniti i riconoscimenti a lui consegnati, solo tra gli ultimissimi si contano La Palma d’oro onoraria al Festival di Cannes nel 2021 e il doppio Globo d’oro alla carriera dei giornalisti della stampa estera nel 2023 per la serie Esterno notte e per il miglior film con Rapito. Il Dottorato va alla sua incredibile capacità di riflettere sul valore delle immagini – facendo del suo cinema un metacinema – e sul loro modo di comunicare e di confrontarsi. Vi è nel suo cinema una riflessione intramediale, cioè interna al medium, per la capacità di Bellocchio di raccontare il reale al tempo della rappresentazione audiovisiva di massa; una intermediale, per la sua abilità nel mettere in comunicazione i diversi mezzi espressivi, contaminando la narrazione con altre immagini mediatiche, dalle interviste alle conferenze stampa, attraverso un attento lavoro di montaggio, come avviene, per esempio, in Buongiorno, Notte; infine, una forte riflessione sul potere delle immagini nei loro effetti emotivi e cognitivi e in quanto ultima declinazione dell’immagine storica, come succede in Rapito. Il suo cinema è un manifesto della nuova ecologia dei media”.
Alla cerimonia erano presenti, il prorettore vicario, Eugenio Cucinotta, il direttore generale, Francesco Bonanno, il direttore del dipartimento Cospecs, Carmelo Maria Porto, la coordinatrice del dottorato in Scienze cognitive, Alessandra Falzone. All’evento, inoltre, era presente la neo rettrice dell’Ateneo peloritano, Giovanna Spatari.
Quella di Bellocchio è stata una lunga vita per e nel cinema, inteso come mezzo per indagare la realtà e al tempo stesso trasformarla con un libero atto creativo. I pugni in tasca, Il sogno della farfalla, L'ora di religione, Buongiorno notte, Il traditore, Rapito: questi e altri titoli di film, di un'attività che ha superato agilmente il mezzo secolo, costituiscono i pezzi di una ricerca all'interno delle dinamiche di tutti i poteri e della loro decostruzione.
Dagli anni '60 a oggi, Marco Bellocchio è passato dall'essere esponente di un cinema giovane e arrabbiato, alla posizione di decano dei cineasti italiani e massimo regista italiano vivente senza perdere rigore e potenza dello sguardo e della scrittura filmica.