28 Aprile 2023 Giudiziaria

IL PROCESSO “BETA 2” ALLA ‘MESSINA BENE’: DIVENTA DEFINITIVA LA CONDANNA A 9 ANNI PER L’AVV. LO CASTRO

Sette su otto condanne diventano definitive. Solo per una si dovrà rifare il processo d'appello a Messina. Ecco l'atto finale in Cassazione davanti ai giudici della prima sezione penale, per uno dei tronconi investigativi più importanti degli ultimi anni, che s’è occupato del cosiddetto “mondo di mezzo” disegnato nell’operazione antimafia Beta.

Fu l’inchiesta della Procura e dei carabinieri del Ros sulla cellula mafiosa collegata al clan Santapaola-Ercolano di Catania che si era radicata a Messina. Secondo l’accusa c’era cioè una vera e propria cellula di Cosa nostra con aderenze catanesi sovraordinata rispetto ai clan, che sarebbe stata in grado di avvalersi di professionisti, imprenditori, titolari di società, funzionari pubblici, per gestire gli interessi economici illeciti.

Il verdetto in Cassazione è arrivato nella serata di oggi. Ha riguardato solo 8 degli imputati iniziali, ovvero quelli che subirono condanne. In sintesi tra rigetti e dichiarazioni di innammissibilità dei ricorsi diventano definitive le condanne da scontare per il costruttore Carlo Borella e l'avvocato d'affari Andrea Lo Castro, e poi per Michele Spina,  Stefano Barbera, l'ex funzionario comunale di Messina Raffaele Cucinotta, Alfonso Resciniti e Guido La Vista. Solo per Gaetano Lombardo, i giudici hanno disposto l'annullamento con rinvio della precedente sentenza, disponendo la celebrazione di un nuovo processo davanti alla corte d'appello, sempre a di Messina.

Per l'avvocato Lo Castro si apriranno le porte del carcere. L'uomo, difeso dall'avvocato Nino Favazzo, dovrà ancora scontare circa quattro anni per i quali, dopo l'esecuzione della condanna, sarà richiesto l'affidamento in prova ai servizi sociali. Lo Castro secondo la descrizione dei giudici, svolgeva un ruolo chiave negli affari dell'associazione.

La figura di Lo Castro era stata descritta così dai giudici di primo grado: «È il consigliori dell’associazione, è punto di riferimento costante ed indiscusso dell’associazione, nelle sue massime esplicazioni soggettive, professionista privo di scrupoli che con pervicacia e presunzione ha messo il proprio elevato ruolo a disposizione del sodalizio del quale ha condiviso, sia pure ab externo, obiettivi, finalità e ideali. La figura del Lo Castro, così rassegnata, si incastra perfettamente con la nuova struttura della mafia, lontana per certi versi ormai dai canoni tradizionali, che persegue l’ambizioso fine di penetrare nel tessuto economico ed imprenditoriale lecito mediante stratagemmi e modalità illecite finemente architettati».

LA STORIA DELL'INCHIESTA CHE HA FATTO TREMARE I SALOTTI DELLA 'MESSINA BENE'.

di Edg - Si era aperto il primo aprile del 2022 il processo di secondo grado dell’operazione Beta, l’inchiesta del Reparto Operativo dei Carabinieri e della Direzione distrettuale di Messina sugli interessi dei familiari messinesi del boss catanese Nitto Santapaola con i notabili della 'Messina bene'.

Il 30 maggio del 2022 arrivò la sentenza della sezione penale di sconto grado (presidente Tripodi). Che fu per certi versi clamorosa. Ci furono una serie di condanne ridotte, di assoluzioni e prescrizioni. E anche qualche clamoroso annullamento. Su venti imputati coinvolti da registrare 8 condanne, 4 assoluzioni, 6 dichiarazioni di prescrizione e perfino 2 annullamenti.

Vediamola nel dettaglio: Il primo dato è clamoroso. La Corte d'Appello dispose per Vincenzo Santapaola (cl. 1963) e Pietro Santapaola, entrambi nipoti di Nitto Santapaola perchè figli del fratello, l’annullamento della sentenza "perchè il fatto è diverso da quello contestato" in relazione alla contestazione di associazione di stampo mafioso, ed ha rimandato gli atti alla procura.

Condannò a due anni e otto mesi (13 anni in primo grado) con una parziale assoluzione il patron di Demoter, Carlo Borella, già presidente dell’Ance Messina, l’associazione dei costruttori; 8 anni di reclusione e assoluzione parziale a Stefano Barbera; fu ridotta a 9 anni, contro i 14 del primo grado, la condanna per l’avvocato d’affari Andrea Lo Castro, per il quale non venne riconosciuta provata l’aggravante del concorso in associazione mafiosa per il periodo precedente al 2015 ma è stato riconosciuto comunque colpevole di concorso esterno all'associazione mafiosa. Dallo stesso periodo venne riconosciuta l’aggravante a Michele Spina, anche lui parzialmente assolto, che “se la cavò” con 8 anni di reclusione. Assoluzione e riqualificazione del reato contestato con “sconto” finale anche per il tecnico del Comune di Messina Raffaele Cucinotta (pena sospesa), condannato a 2 anni (pena sospesa), come Gaetano Lombardo (pena sospesa).

Furono diverse anche le assoluzioni totali, tutte condanne in primo grado, anche pesanti: quelle di Ivan Soraci (dal reato di partecipazione ad associazione di stampo mafioso 'per non aver commesso il fatto' e da quello di estorsione ai danni del pentito Biagio Grasso 'perchè il fatto non sussiste'), che ha trascorso quasi quattro anni di detenzione, gran parte della quale in carcere, Fabio Lo Turco, assolto dall'accusa di concorso esterno in associazione mafiosa (perchè il fatto non sussiste), esclusa l'aggravante dell'art. 7 e dichiarate prescritte le altre tre ipotesi, Giuseppe Amenta ('perchè il fatto non sussiste'), Salvatore Piccolo ('perchè il fatto non costituisce reato').

Non doversi procedere per prescrizione, invece, per Salvatore Galvagno, Carmelo Laudani, Salvatore Boninelli, Silvia Gentile, Franco Lo Presti e Domenico Bertucelli. Conferme integrali solo per Alfonso Resciniti e Guido La Vista.

La Corte rigettò le domande delle parti civili Asssociazione Nazionale Antimafia 'Alfredo Agosta', Fai, Comitato Addio Pizzo Onlus, revocando le statuizioni della sentenza di primo grado.

Tutti gli imputati sottoposti a misure restrittive, come l'avvocato Lo Castro ai domiciliari, furono scarcerati.

La Corte revocò le pene accessorie inflitte agli imputati ad eccezione di quelle inflitte a Spina, Lo Castro e Barbera.

Confermò nel resto e condannò in solido gli imputati Spina, Barbera e Lo Castro a rifondere alle parti civili Comune di Messina, difeso dall'avvocato Giovanni Mannuccia, e Centro Studi Pio La Torre, rappresentato dall'avvocato Massimo Nicola Marchese le spese di costituzione nel giudizio di gravame che si liquidano, per ciascuna delle predette parti civili, in complessivi 900 euro, oltre spese accessorie, Iva e Cpa come per legge, da corrispondersi per la seconda allo Stato in quanto parte ammessa al gratuito patrocinio.

Hanno difeso gli avvocati Nunzio Rosso, Franco Rosso, Salvatore Silvestro, Nino Favazzo, Nino De Francesco, Tino Celi e Antonello Scordo.

LE RICHIESTE DELL'ACCUSA.

Il 6 maggio del 2022 davanti la Corte d’Assise d’Appello (presidente Tripodi), il sostituto procuratore generale facente funzioni Maurizio Salamone, nella lunga requisitoria iniziata il 29 aprile, aveva formulato una richiesta di assoluzione parziale per Ivan Soraci da un caso d’estorsione, e un’analoga richiesta d’assoluzione parziale per Michele Spina da un caso di traffico di influenze illecite, con la pena finale rimodulata a 12 anni per entrambi. Ha poi sollecitato la dichiarazione di prescrizione dei reati per Giuseppe Amenta e Domenico Bertuccelli, previa l'esclusione dell'aggravante contestata. Quindi ha chiesto per 16 imputati la conferma della condanna inflitta in primo grado. Si torna in aula lunedì prossimo per dare la parola ai difensori. A fine mese potrebbe arrivare la sentenza.

Sul tavolo c'era la sentenza che il 22 dicembre del 2020 ha portato alla condanna a 14 anni per l’avvocato Andrea Lo Castro e 13 per il costruttore Carlo Borella, già presidente dell’Associazione messinese dei costruttori. In primo grado erano stati condannati anche Francesco Romeo (16 anni), Pietro e Vincenzo Santapaola (12), e il tecnico del Comune di Messina Raffaele Cucinotta.

LA SENTENZA DI PRIMO GRADO (22-12-2020).

di Enrico Di Giacomo - Era molto attesa la sentenza di uno dei processi più importanti mai celebrati nella città dello Stretto, e che vedeva alla sbarra alcuni protagonisti della borghesia della città, la cosiddetta 'Messina di mezzo'. In questo troncone dei giudizi ordinari di 'Beta', erano coinvolti tra gli altri per concorso esterno all’associazione mafiosa anche l’imprenditore Carlo Borella, ex presidente dei costruttori di Messina, l’avvocato Andrea Lo Castro e l'ingegnere del comune Raffaele Cucinotta.

Qualche minuto dopo le 21 i giudici della Prima Sezione Penale del Tribunale di Messina, presieduta dal giudice Letteria Silipigni (Simona Monforte e Rita Sergi, i giudici a latere), sono usciti dopo una lunghissima camera di consiglio per leggere il dispositivo e pronunciare una pesantissima sentenza davanti al sostituto procuratore antimafia Liliana Todaro e al maresciallo dei Carabinieri Vincenzo Musolino, uno degli investigatori di punta dei Ros.

21 le condanne, che vanno dai 16 anni fino a un anno e 3 mesi.

Ecco il dettaglio: Antonio Amato, ASSOLTO perchè il fatto non costituisce reato; Giuseppe Amenta, 2 anni e 8 mesi di reclusione; Stefano Barbera, 13 anni di reclusione; Salvatore Boninelli, 2 anni e 8 mesi di reclusione; Carlo Borella (foto), 13 anni di reclusione; Bruno Calautti, ASSOLTO per non aver commesso il fatto; Raffaele Cucinotta (foto), 9 anni (e l'estinzione del rapporto di pubblico impiego con il Comune di Messina); Antonino Di Blasi, ASSOLTO per non aver commesso il fatto; Salvatore Galvagno, 2 anni e 8 mesi; Silvia Gentile, 3 anni e 2 mesi; Carmelo Laudani, 2 anni e 8 mesi di reclusione; Guido La Vista, 1 anni e 3 mesi di reclusione; Andrea Lo Castro (foto), 14 anni; Franco Lo Presti, 3 anni; Paolo Lo Presti, ASSOLTO per non aver commesso il fatto; Fabio Lo Turco a 10 anni; Gaetano Lombardo, 3 anni e 6 mesi di reclusione (ma assolto dal reato ascrittogli al capo 31 perchè il fatto non sussiste); Giovanni Marano, ASSOLTO per non aver commesso il fatto; Benedetto Panarello, ASSOLTO per non aver commesso il fatto; Salvatore Piccolo, 2 anni e 8 mesi di reclusione; Alfonso Resciniti, 2 anni e 6 mesi e 900 euro di multa; Francesco Romeo, 16 anni di reclusione; Pietro Santapaola, 12 anni; Vincenzo Santapaola (CL. 63), 12 anni, Vincenzo Santapaola (CL. 64), 3 anni e una multa di 900 euro (ma assolto dal reato di cui al capo 6 per non aver commesso il fatto); il commercialista Filippo Spadaro, ASSOLTO per non aver commesso il fatto; Michele Spina, 12 anni e 8 mesi; Ivan Soraci (foto), 12 anni e 8 mesi di reclusione; Roberto Cappuccio, PROSCIOLTO (i giudici hanno deciso il "non doversi procedere" dopo che gli è stato riqualificato il reato originario in 'esercizio arbitrario delle proprie ragioni', dichiarando il difetto di condizioni di procedibilità); Domenico Bertuccelli, 2 anni e 8 mesi di reclusione.

La sentenza ricalca sostanzialmente le richieste della Procura.

Il tribunale ha condannato tutti gli imputati al pagamento delle spese processuali nonchè Barbera, Cucinotta, Lo Castro, Romeo Francesco, Soraci e Spina al pagamento delle spese di mantenimento in carcere durante la custodia cautelare rispettivamente subita.

I Giudici hanno dichiarato Barbera, Borella, Cucinotta, Lo Castro, Lo Turco, Romeo Francesco, Santapaola Pietro, Santapaola Vincenzo cl. 63, Soraci e Spina interdetti dai pubblici uffici per la durata di cinque anni.

I giudici della prima sezione penale hanno condannato Amenta, Barbera, Bertuccelli, Boninelli, Borella, Cucinotta, Galvagno, Gentile, Laudani, Lo Castro, Lo Presti, Lo Turco, Piccolo, Pietro Santapaola, Vincenzo Santapaola cl 63, Soraci, Spina, Lombardo e Francesco Romeo al risarcimento dei danni in favore della F.A.I., Federazione delle Associazioni Antiracket e Antiusura italiane, dell'Associazione Centro Studi ed Iniziatie Culturali Pio La Torre ONLUS, del Comune di Messina e dell'Associazione Nazionale Antimafia Alfredo Agosta la cui determinazione e liquidazione viene rimessa alla separata sede civile, nonchè alla refusione delle spese di costituzione e di difesa sostenute dalle predette civili che si liquidano per ciascuna in euro 2mila oltre spese generali, Iva  Cpa come per legge.

Condannati inoltre al risarcimento dei danni in favore dell'Associazione Addiopizzo Messina ONLUS, rappresentata dall'avv. Olga Cancellieri, gli imputati Borella, Lo Castro, Lo Turco, Santapaola Pietro, Santapaola Vincenzo cl 63, Soraci, Spina e Romeo Francesco.

E' stata disposta inoltre la confisca dei beni in sequestro in relazione ai reati per i quali è stata pronunziata condanna. Si ordina inoltre il dissequestro del compendio aziendale e delle quote del capitale sociale della BET srl e la conseguente restituzione agli aventi diritto.

Infine il Tribunale ha ordinato la scarcerazione di Giovanni Marano se non detenuto per altra causa.

Numerosi i difensori impegnati nel dibattimento: gli avvocati Nunzio e Franco Rosso, Isabella Barone, Salvatore Silvestro, Nino Favazzo, Luigi Gangemi, Antonino De Francesco, Alessandro Billè, Andrea Schifilliti, Tancredi Traclò, Antonello Scordo, Carlo e Tommaso Autru Ryolo.

L'ASSOLUZIONE DEL COMMERCIALISTA SPADARO.

Pubblichiamo la nota dell'avvocato Carmelo Antonio Pirrone, legale del commercialista Filippo Spadaro.

Quale difensore del dott. Filippo Spadaro, a seguito della sua assoluzione​ per non aver commesso il fatto, mi preme pubblicamente evidenziare che sarebbe doveroso​ ​ — da parte della Procura della Repubblica territoriale - l'avvio di un'indagine preliminare per il delitto di calunnia aggravata a carico dei responsabili delle dichiarazioni accusatorie.

Orbene, oltre alle calunniose rivelazioni investigative ai danni del mio assistito, nel corso dell’escussione testimoniale del teste assunto come fonte di prova principale dalla Procura di Messina - durante il dibattimento - sono state rilasciate dichiarazioni su fatti e circostanze mai riferiti in precedenza all’Autorita’ Giudiziaria procedente, che devono considerarsi, in relazione alla formula assolutoria adottata dal Collegio giudicante, altamente calunniose a carico del dott. Spadaro, in quanto afferenti a fatti e circostanze assolutamente false, completamente infondate e sfornite dei minimi riscontri.

L'immagine del mio assistito - in questi lunghi anni - è stata gravemente lesa. Assumeremo tutte le iniziative di legge finalizzate ad individuare le responsabilità ed a chiedere che sia fatta giustizia".

L'ATTO D'ACCUSA DELLA PROCURA.

Ventinove condanne, da uno e fino a diciotto anni di carcere, e un'assoluzione soltanto. Era finita con queste pesanti richieste di condanna, il 13 ottobre scorso, la requisitoria dell'accusa nel procedimento per i riti ordinari dell’operazione “Beta”, che si sta celebrando davanti alla prima sezione penale del tribunale.

I sostituti della Dda Liliana Todaro e Fabrizio Monaco, davanti alla Prima Sezione Penale del Tribunale di Messina presieduta dal giudice Letteria Silipigni, avevano ricostruito l'intera vicenda e poi hanno trattato singolarmente le posizioni di ciascun imputato. In questo troncone dei giudizi ordinari erano coinvolti tra gli altri per concorso esterno all’associazione mafiosa anche l’imprenditore Carlo Borella, ex presidente dei costruttori di Messina (13 anni di reclusione è stata la richiesta del pm), l’avvocato Andrea Lo Castro (15 anni di reclusione la richiesta del pm) e l'ingegnere del comune Raffaele Cucinotta (8 anni e 6 mesi la richiesta).

La requisitoria.

La pubblica accusa, durante la requisitoria, ha definito l'imprenditore Borella colluso, che ha messo a disposizione di Vincenzo Romeo l'impresa Cubo, nata dalla distrazione di rami d'azienda della Demoter, a suo tempo fallita. Il commercialista Benedetto Panarello, consulente contabile e fiscale, è stato ritenuto vicino ai Romeo, a Lo Castro, Borella e Grasso, la moglie era sindaco supplente della Cubo. Il consulente contabile Salvatore Piccolo era un prestanome di Borella e Romeo nella Cubo, ha ricevuto denaro da Romeo per gestire l'impresa, prima che fosse sequestrata nell'ambito di un'altra indagine, la 'Buco nero', che portò all'arresto di Borella. Altra figura considerata di rilievo e tratteggiata nel corso della requisitoria è stata quella dell'avvocato Andrea Lo Castro, che secondo l'accusa ha messo la propria competenza e professionalità al servizio dell'intera associazione. Era il legale di fiducia di tutto il gruppo tra i Romeo, Grasso, Barbera, Marano, Spina, Soraci, individuava complesse strategie fraudolente per frodare i creditori, faceva parte del 'direttorio' - così lo ha definito il pentito Grasso ("...era il nostro legale a 360 gradi") -, formato da Romeo, Borella, Grasso e lo stesso Lo Castro nella vicenda dello 'spacchettamento' della Demoter e della Cubo con la suddivisione degli utili. Secondo i pm Lo Castro ha poi consentito per oltre tre anni che l'immobile della suocera rimanesse intestato alla 'Nuova Parnaso', effettuando il passaggio di proprietà prima a se' stesso e poi a Gianluca Romeo solo nel 2016, nonostante fosse stato pagato nel 2013 dal Romeo.

Queste tutte le richieste di pena della Procura:

Antonio Amato, 3 anni di reclusione; Giuseppe Amenta, 3 anni di reclusione; Stefano Barbera, 9 anni di reclusione, ritenute le circostanze attenuanti generiche in considerazione della collaborazione processuale; Salvatore Boninelli, 3 anni di reclusione; Carlo Borella (foto), 13 anni di reclusione; Bruno Calautti, due anni di reclusione e 600 euro di multa; Raffaele Cucinotta (foto), 8 anni e 6 mesi; Antonino Di Blasi, 1 anno; Salvatore Galvagno, 3 anni; Silvia Gentile, 3 anni e 10 mesi; Carmelo Laudani, 3 anni di reclusione; Guido La Vista, 2 anni e 6 mesi di reclusione e 600 euro di multa; Andrea Lo Castro (foto), 15 anni; Franco Lo Presti, 4 anni e 6 mesi; Paolo Lo Presti, ASSOLUZIONE "per non aver commesso il fatto"; Fabio Lo Turco (da giudicare con il rito abbreviato per l'accusa di cui all'art. 110 416 bis, contestata nel corso del dibattimento), a 8 anni aumentata a 9 anni per la continuazione con i reati di cui ai capi 41 e 45 giudicati con le forme ordinarie; Gaetano Lombardo, 6 anni di reclusione e 600 euro di multa; Giovanni Marano,12 anni e l'assoluzione in relazione agli ulteriori reati contestati "per non aver commesso il fatto"; Benedetto Panarello, 3 anni di reclusione; Salvatore Piccolo, 3 anni di reclusione; Alfonso Resciniti, 2 anni e 6 mesi e 800 euro di multa; Francesco Romeo, 18 anni di reclusione; Pietro Santapaola, 13 anni; Vincenzo Santapaola (CL. 63), 13 anni, Vincenzo Santapaola (CL. 64), 3 anni e una multa di 900 euro; Filippo Spadaro, 3 anni di reclusione; Michele Spina, 13 anni; Ivan Soraci (foto), 12 anni di reclusione, in relazione al reato di cui all'art. 416 bis giudicato col rito ordinario, aumentato a 13 anni per la continuazione con il reato di cui all'art. 629 da giudicare col rito abbreviato; Roberto Cappuccio, 3 anni e 900 euro di multa; Domenico Bertuccelli, 3 anni di reclusione.

Le dichiarazioni spontanee dell'ing. Cucinotta.

L’ing. Cucinotta (per lui la Procura ha chiesto una condanna a 8 anni e 6 mesi), nel corso dell’udienza, prima che il Pubblico Ministero procedesse con la sua requisitoria, aveva rilasciato dichiarazioni spontanee. Nel corso delle dichiarazioni ha più volte fatto riferimento alla copiosa documentazione probatoria, già depositata dalla difesa agli atti del dibattimento. In particolare l’ing. Cucinotta ha ribadito la volontà "di voler dare un contributo per provare a chiarire l'estraneità alla turbativa d’asta, in virtù del fatto che non è stata riscontrata nessuna sua azione esecutiva tesa a interferire con la procedura di acquisto degli alloggi popolari, avviata dal Comune di Messina con Avviso ricognitivo del 15.03.2014". In premessa l’ing. Cucinotta ha evidenziato "di non avere mai posto in essere alcuna condotta per turbare la procedura di acquisto degli alloggi popolari, che mi è stata sempre estranea nella forma e nella sostanza, anche perché di competenza di altro Dipartimento rispetto a quello dove prestava servizio. Del resto - ha continuato l'ingegnere nelle dichiarazioni spontanee - la turbativa d’asta non può essere semplicemente comprovata con la mancata esclusione dell’offerta di Parco delle Felci, a causa della parziale proprietà del terreno, come riportato nel capo d’imputazione. Infatti è emerso – a seguito di una ispezione regionale – che quasi tutte le prime dieci offerte sono state inserite in graduatoria, al pari di Parco delle Felci, nonostante presentassero numerose ed analoghe irregolarità". Inoltre l’ing. Cucinotta ha chiarito di non avere mai chiesto somme di denaro al sig. Grasso né al sig. Romeo e che "le uniche somme di denaro richieste al sig. Barbera si riferiscono alla restituzione di legittimi prestiti che l’ing. Cucinotta mi aveva erogato tra la fine del 2013 e il primo semestre del 2014, come risulta dagli assegni circolari e dagli estratti conto depositati agli atti del dibattimento". L’ing. Cucinotta ha poi definito le accuse nei suoi confronti del collaboratore di giustizia Biagio Grasso "inconsistenti, infondate e false". Infine ha evidenziato come "non sia mai emersa alcuna sua azione esecutiva tesa a favorire interessi del sig. Grasso e del sig. Romeo" rimarcando come la sua attività di declassificazione del terreno di Parco delle Felci, cui erano fortemente interessati Grasso e Romeo, "abbia fatto perdere le precedenti caratteristiche di edificabilità". "Questa declassificazione avrebbe quindi impedito il completamento dell’intervento edilizio, bloccando la futura realizzazione degli ulteriori 40 appartamenti originariamente previsti nei 4 corpi di fabbrica ancora da realizzare, causando un pesante danno all’unico intervento reale cui erano fortemente interessati il Grasso ed il Romeo in quel momento". L’ing. Cucinotta ha voluto riaffermare "la sua più assoluta estraneità a tutti i capi di imputazione".

L’indagine, condotta dai carabinieri del Ros e coordinata a suo tempo dal procuratore aggiunto Sebastiano Ardita, è sfociata, nell’estate del 2017, nell’arresto di 30 persone. La contestazione accusatoria principale parla di uno “scopo societario”, ovvero: «assumere il controllo di servizi di interesse pubblico (quali quello per la consegna a domicilio di parafarmacie per la distribuzione dei farmaci), di autorizzazioni e concessioni (per l’esercizio dei giochi), per condizionare l’andamento di pubbliche forniture (quali quelle legate all’acquisto da parte del Comune di Messina di immobili da adibire ad alloggi), per assumere il controllo e l’esecuzione di pubblici appalti».