L’inchiesta sui Green pass falsi, oggi gli interrogatori dei principali indagati
Si è concluso nella tarda mattina il primo "faccia a faccia" tra il giudice e i quattro principali indagati coinvolti nell’inchiesta sui falsi green pass a Messina. Il medico Giovanni Cocivera (nella foto Edg, prima di entrare in Tribunale) e i tre operatori di un laboratorio d’analisi, Giuseppe Cozzo, 67 anni, Francesca Arena, 49 anni e Emanuela Villari, 28 anni, che sono stati raggiunti dalla misura cautelare dell’obbligo di firma, hanno raggiunto il Palazzo di Giustizia intorno alle 9.30 per rispondere alle domande del giudice per le indagini preliminari Tiziana Leanza. Erano accompagnati dagli avvocati Giuseppe Romeo, Filippo Di Blasi, Piera Russo e Luigi Giacobbe.
Tutti gli indagati hanno avanzato la richiesta di revoca della misura cautelare. Al termine degli interrogatori il gip Leanza ha però confermato la misura cautelare dell’obbligo di firma dal lunedì al sabato per tutti e quattro.
GLI INTERROGATORI DI GARANZIA.
Cocivera ha spiegato al giudice che lui i tamponi li eseguiva regolarmente e di non aver commesso nessun reato. Quanto alla radiazione dall’ordine dei medici di Messina ha spiegato di aver presentato ricorso all’ordine nazionale e il giudizio è ancora pendente. Anche l’impiegata Emanuela Villari, difesa dall’avvocato Romeo, ha risposto a tutte le domande del gip e del pm dichiarando che non era dipendente del centro ma chiamata a collaborare da casa all'inserimento dei dati che le venivano inviate anche da Cocivera (come indicatogli da Cozzo, suocero del fratello della Villari). Ha poi detto che riceveva solo 1 euro a inserimento e di non aver mai conosciuto Cocivera personalmente ma solo per telefono. Discorso diverso invece per la Arena, la direttrice dello studio diagnostico, che davanti al gip rispetto al quadro generale delle accuse ha ammesso le ipotesi di falso.
All’interrogatorio era presente anche il sostituto procuratore Roberta La Speme che ha coordinato l'indagine che coinvolge, oltre ai quattro indagati interrogati oggi, anche una trentina di indagati che si erano rivolti all’ex ginecologo ospedaliero per ottenere la certificazione necessaria per recarsi sul posto di lavoro.