15 Novembre 2022 Giudiziaria

LA MORTE DI TONINO CURRO’, CONDANNATO ANCHE IL MINISTERO DEGLI INTERNI

Era il 17 giugno del 2001, in programma allo stadio Celeste c’era il derby Messina-Catania, gara di play off del campionato nazionale di serie C1.

Una partita di quelle definite 'a rischio', per la nota rivalità tra le due tifoserie e per i loro scontri in occasione di precedenti incontri e per la posta in palio (lo spareggio per la promozione in serie B).

Dalla curva ospiti, in "Tribuna Valeria" erano presenti circa 500 tifosi etnei "controllati a campione", venne lanciata una bomba carta che colpì al volto il 24enne Tonino Currò, che morirà al Policlinico il 2 luglio successivo.

"Appena i tifosi al seguito del Catania calcio facciano ingresso allo stadio, tra loro e i tifosi messinesi che si trovavano nella curva nord - settore in cui aveva preso posto Currò - iniziava un lancio di oggetti, tra i quali anche petardi ed altri non meglio identificati corpi esplodenti. Proprio uno di questi ordigni colpiva Currò al volto...".

L'autore del gesto criminale non è mai stato individuato, tanto che la procura di Messina aveva chiesto l'archiviazione del procedimento aperto contro ignoti.

Una tragedia che si poteva e si doveva evitare. In primo grado i giudici nel 2019 hanno condannato la Lega Calcio, il Comune di Messina e la società sportiva al risarcimento danni a favore dei familiari di Tonino Currò (rappresentati dall’avvocato Giuseppe Laface), riconoscendo l’inefficienza e l’inadeguatezza della barriera costruita che non evitò che la bomba carta arrivasse fino agli spalti della curva sud.

Il 10 ottobre scorso, la seconda sezione civile della Corte d’Appello di Messina (Presidente Sebastiano Neri, consiglieri Antonino Zappala' e Vincenza Randazzo) nell'accogliere l'appello incidentale proposto dalla madre Natale Gangemi e dai fratelli Filippo e Alessandro Currò, e nel confermare le condanne di primo grado, ha riconosciuto la responsabilità anche del Ministero dell’Interno, in primo grado escluso dal giudizio.

Affermare che in occasione di una gara calcistica, il cui clima di tensione e ostilità fra le contrapposte tifoserie era stato ampiamente preannunciato, la morte di uno spettatore costituisca un fatto quasi inevitabile, un caso fortuito, non può essere condiviso in un ordinamento in cui la persona e la sua tutela costituiscono valori supremi su cui si fonda la Costituzione italiana e che appresta le dovute misure preventive e repressive delle condotte di detenzione di armi o materiale esplodente (vedi fra le altre l’art. 5 l. 152/1975) che possono mettere a rischio quella tutela.”

La Corte d’appello quindi condanna anche il Ministero dell’Interno riconoscendo eguali responsabilità a quelle della Lega Calcio, della società sportiva Fc Messina Peloro srl e del Comune di Messina, quest'ultimo proprietario dello stadio (che però aveva dato in concessione alla società calcistica per la stagione 200/2001) e soggetto che aveva realizzato la barriera rivelatasi insufficiente, evidenziando come non si possa considerare la morte di uno spettatore un fatto quasi inevitabile ("il lancio di petardi non poteva considerarsi un fatto imprevedibile").

Delle due l’una – afferma la Corte –: o le misure di prevenzione disposte dalla Questura erano inadeguate a fronteggiare i pericoli di scontri ed incidenti prima o durante l’incontro “a rischio” Messina-Catania, oppure, in alternativa, tali misure sono state eseguite con negligenza, se è vero che, alla prima verifica della efficacia delle misure di prevenzione disposte, la situazione di disordine annunciata si manifestava con immediata virulenza non appena i tifosi del Catania facevano ingresso nello stadio“.

Tristezza e dolore nel dopo-partita.

Nonostante la vittoria che sancì la promozione del Messina in serie B, in città non ci furono festeggiamenti. Le bandiere dei tifosi furono ammainate, a Piazza Cairoli ed in tutta la zona del centro non si videro automobili scorazzare suonando i clacson e sbandierando le sciarpe giallorosse. Un ragazzo di 24 anni era stato colpito a morte e non c'era davvero nulla da festeggiare. Il presidente Aliotta, insieme al sindaco Leonardi ed i calciatori del Messina, subito dopo la partita, accorsero al Policlinico, ma i medici furono chiari e lasciarono pochissime speranze di sopravvivenza: Tonino Currò era in coma irreversibile ed era tenuto in vita dalle macchine.
I tifosi non si arresero. Registrarono una cassetta con le loro voci per farla ascoltare a Tonino: "Svegliati Tonino, abbiamo vinto, siamo in serie B, ti aspettiamo per festeggiare". Ma dopo due settimane arrivò la triste notizia del decesso.