Era accusato di proselitismo in carcere (anche a Messina) per l’Isis, assolto
In quattro anni, Raduan Lafsahri, marocchino di 35 anni, ha girato dieci carceri di tutta Italia, partendo da Como. Rimediando sempre la stessa accusa: aver istigato gli altri detenuti contro la polizia penitenziaria, con finalità di terrorismo. Ipotesi sostenuta da una ventina di annotazioni della stessa polizia penitenziaria, e dall’interpretazione di alcune affermazioni contenute nelle intercettazioni ambientali. Così nel 2021 gli era arrivata un’ordinanza di custodia cautelare che lo qualificava come appartenente all’Isis, responsabile di apologia di reato e di istigazione a delinquere. Ma ora, al termine del processo che si è svolto a Milano, Lafsahri è stato completamente prosciolto da quelle accuse. Difeso dall’avvocato Arnaldo Giudici, è andato incontro a una condanna a un anno e mezzo di carcere per reati comuni, tra cui danneggiamenti e resistenze a pubblico ufficiale, con una sanzione che compensa il periodo di custodia cautelare a cui era stato sottoposto. Queste condotte aggressive, nelle accuse erano state messe in relazione con una sua presunta appartenenza all’Isis, "manifestando la propria adesione alla relativa ideologia e ponendo in essere ripetuti atti di danneggiamento, aggressioni e fisiche, diffondendo messaggi di minaccia e intimidazione e facendo apologia di terrorismo, istigando alla violenza gli altri detenuti anche contro il personale penitenziario, con finalità di terrorismo". Condotte che avrebbe replicato a San Vittore a Milano e al Bassone di Como, poi a Pavia, Torino, Potenza, Agrigento, Palermo, Catania, Messina e Catanzaro. Un detenuto certamente non facile Lafsahri, ma non un terrorista. Questa è stata la valutazione del giudice, che lo ha condannato per le aggressioni e le violenze commesse in carcere, ma lo ha assolto "perché il fatto non sussiste" dall’ipotesi di terrorismo, e dalla finalità terroristica delle istigazioni a delinquere. Le indagini su di lui erano partite da Como, e poi sviluppate dal Nucleo Investigativo Centrale della polizia penitenziaria quando era stato trasferito a Palermo, anche svolgendo attività di osservazione e intercettazione ambientale, o raccogliendo le testimonianze di altri detenuti venuti in contatto con lui.