Teatro: Metti una compagnia di giro in una sera d’estate. Torna a Messina il teatro dell’assurdo di Slawomir Mrozek grazie al Castello di Sancio
Di Tonino Cafeo – Nell’atto unico Giorno d’estate (1983), del drammaturgo polacco Slawomir Mrozek, due uomini si incontrano casualmente in un parco pubblico.
Sono entrambe aspiranti suicidi. Il primo ha perso ogni fiducia in se stesso perché tutto quello che sogna e cerca di realizzare non gli riesce mai.
Il secondo, di contro, tenta di togliersi la vita per la motivazione esattamente opposta.
È abituato a poter avere tutto e a poter soddisfare ogni suo desiderio ma non trova più nessuno stimolo e nessuna spiegazione che possa dare un senso alla sua esistenza.
Improvvisamente irrompe sulla scena una figura femminile, tanto misteriosa quanto salvifica. Sarà la sua seduzione amorosa a far ridestare speranze e desideri, allontanando così il proposito di morte.
Questa trama apparentemente semplice che si presta però a molteplici letture è servita agli attori e registi messinesi Gianfranco Quero e Gerri Cucinotta, con la complicità di Giulia De Luca, ad allestire “Una compagnia di giro” . Pièce teatrale liberamente tratta dal lavoro di Mrozek e messa in scena durante la scorsa estate presso la Tenuta Rasocolmo grazie alla compagnia Il Castello di Sancio di Roberto Bonaventura. Si è trattato non di uno spettacolo estivo come tanti ma di una sorta di “numero zero” che ha riscosso un notevole successo di pubblico.
In attesa delle prossime repliche, Stampalibera.it ha raggiunto i tre interpreti per fare un bilancio a più voci di questa prima rappresentazione.
Che cos’è Giorno d’estate?
Gianfranco: Giorno d’estate è un lavoro di Mrozek molto interessante perché lui aveva cominciato col teatro dell’assurdo, però questo testo è stato scritto in un’altra fase. È un teatro di parola abbastanza concettuale, anche se ci sono ancora dei residui di teatro dell’assurdo, delle frasi, delle situazioni surreali. Per esempio comincia con due persone che si vogliono una impiccare e un’altra suicidare in un altro modo. Dal loro dialogo viene fuori che hanno esattamente delle ragioni opposte per farlo, per suicidarsi.
E a questo punto quando sembra che il primo si stia per impiccare, passa una donna, il personaggio femminile e cambia tutta la situazione. E va avanti così lo spettacolo perché non c’è una vera e propria risoluzione. Negli spettacolidi Mrozek difficilmente c’è un finale. Bisogna pensarlo , bisogna inventarselo con la fantasia .
Dunque Possiamo parlare di finale aperto?
Gianfranco: sì , nel senso che probabilmente uno dei duepersonaggi muore mentre l’altro diventa omicida invece che suicida. L’autore non lo dice, lo fa capire, lo fa intuire e chi vuole può capire.
Infatti il pubblico si chiedeva ma è morto o non è morto?
Qualcuno se lo chiedeva anche all’altra voce e noi l’abbiamo sentito.
Giulia, il tuo personaggio femminile sembra quasi essere una sorta di Beatrice Nera. Beatrice Dantesca in versione nera, anziché portare verso il paradiso, sembra condurre verso l’inferno.
Come l’hai vissuto questo personaggio? Come l’hai costruito?
La definizione Beatrice Nera mi piace molto. Effettivamente è una traghettatrice e cambia il destino di chi incontra sulla sua strada. Prima di parlare di come ho lavorato pensando al personaggio, c’è da dire che sono arrivata abbastanza in corsa.
Comunque mi ha assolutamente coinvolta e sono rimasta incredibilmente affascinata. È molto semplice nelle sue richieste, è molto semplice nel linguaggio.
È una giovane donna che ha capacità di sintesi e di asciuttezza mentre ti parla di cose che ti rendi conto essere altissime. Il personaggio si può leggere come minimo in due modi: una donna che vuole autodeterminarsi e che non accetta di essere semplicemente colei che salva e colei che decide la morte di qualcun altro, che decide la sofferenza di qualcun altro ma pretende per sé stessa una vita dignitosa e libera.
Questa è una possibilità di lettura. Un’altra possibile interpretazione ci dice di un pretesto per ribaltare la vita, riflettere la vita. Quindi il modo in cui ci ha lavorato è duplice.
Nel senso che mentre entro in scena riflettendo sul fatto che è un personaggio funzionale alla storia loro, alla storia dei due uomini, ma che allo stesso tempo esprime le sue rimostranzeassolutamente comprensibili, terrene, concrete.
A me è stata molto simpatica e sicuramente continuando a lavorarci continuerà questo dialogo che è veramente la punta dell’iceberg. Mi rendo conto che il mio approccio è molto di pancia, molto immediato.
Gianfranco, tu e Gerri siete d’accordo con questa chiave di lettura che ha dato Giulia sul suo personaggio?
Gianfranco: siamo d’accordo anche perché Giulia ha espresso almeno un paio di aspetti di questo personaggio che in effetti è quasi inafferrabile. È una figura che entra in scena come se a un certo punto manipolasse un po’ tutti senza uno scopo preciso ma soltanto per il semplice piacere di farlo.
Gerri: Mrozek come autore nasce all’interno del teatro dell’Assurdo, ma questo è un testo di metà degli anni Ottanta che si discosta da quel linguaggio e che è più paradossale, se vogliamo più cerebrale, però si esprime sul disfacimento delle relazioni, che già iniziava all’epoca, e su quanto ambigue erano e siano diventate e quanto difficile sia portarle avanti. In questo testo, in questo finale, c’è proprio questa ambiguità delle relazioni. Non si capisce fino a che punto lui, l’altro uomo , sia l’artefice della mia morte e fino a che punto la donna sia veramente innamorata di me.
E in tutto questo c’è il doppio piano che chiaramente troviamo in molti altri testi del teatro nel teatro in cui le figure sono ben delineate, perché come personaggi noi siamo poi quelli che andranno a vedere a teatro il buffone e l’attore tragico. Quindi in questo senso il piano della narrazione si sdoppia e può spiegare, chiarire le cose. E rimane emblematica sempre la donna, questa dea ex machina, che appunto, non si capisce se è portatrice di bene o di male.
Sicuramente è qualcosa che cambia il destino. Che cambia il destino e se non il destino, cambia il percorso degli altri due personaggi.
I tre personaggi si danno appuntamento a teatro per assistere a uno spettacolo i cui protagonisti sono essi stessi. Giorno d’estate è perciò teatro nel teatro.
È stata una scelta registica che avete accentuato o è già presente nel testo originale?
Gianfranco: È già presente nel testo originale. Perché i tre personaggi vogliono andare al teatro a vedere uno spettacolo,ovviamente, in cui– cosa strana- ci sono i due personaggi dello spettacolo nostro, ma non c’è la donna. Quindi la donna è una figura eterea, una figura, come ha detto Gerri, un Deus, anzi una Deus ex machina che svolge il suo ruolo e poi svanisce.
Gerri: Svanisce all’interno del teatro nel teatro. Quindi è una figura concreta ma assolutamente evanescente.
Se posso aggiungere un’ultima cosa riguardo a come è vissuto il mio personaggio, è che si tratta sostanzialmente di un clown. Questa sua natura di buffone, di pagliaccio, è determinante per comprendere il significato reale di questo lavoro.
Cioè in questo momento, scusa se voglio fare questa digressione social-politica, in questo momento in cui a questo governo, a molti governi occidentali, non frega nulla né dell’arte né della cultura. Io credo, non questo che lo dico a nome mio, a nome di Gianfranco, di Giulia e di tutti quelli che fanno questo mestiere, questo diventare buffone, pagliaccio, è un andare oltre, secondo me, oltre anche la non accettazione di questa situazione sociale e politica che è veramenteterrificante e non accettabile, è un andare oltre e donarsi con grande generosità. Ed è forse il nostro modo di salvarci, è il nostro modo di dire qualcosa.
Ma voglio dire che oggi più che mai chi fa questo e chi ha la capacità di essere un pagliaccio, un buffone ricopra un ruolo archetipico e credo che abbia una funzione importantissima purtroppo sempre meno riconosciuta.
Per cui il teatro di Slawomir Mrozek che cosa può dire a uno spettatore del 2024?
Gianfranco : Mi fa pensare a 1984 di George Orwell. Quindi dice che stiamo per vivere in una società di merda, in cui i pagliacci, i buffoni, tra l’altro sono delle figure positive, estremamente positive, perché il buffone è rivoluzionario.
Infatti, non a caso, l’unico personaggio veramente positivo di questo spettacolo è quello che interpreta Gerri, il buffone. Mi spiego meglio: nel mondo del circo esiste da sempre la coppiadi clown Bianco –Augusto. Il primo (nel nostro caso il mio personaggio) è il tipo serioso che si oppone all’Augusto, che è l’ingenuo, lo spontaneo, quello che dovrebbe far ridere, che fa ridere.
Fra di noi stavolta c’è questa figura femminile che passa, entra in scena dalla platea ma rimane pubblico, rimane spettatrice e in qualche modo indirizza i percorsi nel senso opposto a come vorrebbero i due personaggi. Perché lui, il pagliaccio, vorrebbe suicidarsi, vorrebbe impiccarsi, ma quando arriva lei si innamora subito ed è credibile questo suo innamoramento improvviso perché è un pagliaccio, perché è un rivoluzionario.
La vede e si innamora. È assurda questa situazione, ma è credibile. E invece io, il mio personaggio, da buon bianco, resta indifferente all’apparenza anche se poi in lui viene fuori la gelosia, la cattiveria, non nell’innamoramento per sé, manell’ innamoramento di sé stesso e contro qualcuno che è una figura positiva.
Nel nostro allestimento io sono una figura negativa, io vestito di bianco, sono “nero” , Giulia è una Beatrice Nera, una guida verso gli inferi, e lui è l’unico personaggio positivo, che però alla fine muore.
Ed è “giusto” che muoia.
Gerri: Tutto questo finisce con la morte del mio personaggio, quindi con l’apparente crudeltà del mio antagonista e soprattutto con la battuta della donna che dice “ vorrei arrivare in tempo dal parrucchiere”, mentre il personaggio di Gianfranco parla del fatto che ci si può uccidere anche mezz’ora prima del suo suicidio. Una battuta apparentemente banale chiude il cerchio. Una storia che dovrebbe avere un esito tragico si chiude con la voglia di andare dal parrucchiere.
Questo mi fa pensare a come banalmente oggi tante cose vengono semplificate e ridotte a un piano superficialissimo, quando sappiamo che invece hanno più piani di lettura.
L’attualità di Giorno d’estate, azzardo, si vede nella messa in scena di una banale quotidianità mentre intorno c’è la morte ?
Gerri: Sì ma a me sembra che vi si possa leggere anche un messaggio sull’importanza di avere un scopo, una ragione d’essere.
Ognuno dei due prende una decisione a un certo punto per sé stesso perché non trova più un senso, non riesce nella vita. Quindi in questo senso mi sembra attualissimo ma lo sarà domani, dcerdomani, per sempre.