25 Ottobre 2024 Giudiziaria

Il cane ‘in regalo’: L’ex carabiniere Scardigno assolto in appello

Di Edg - L’ex brigadiere dell’Arma Salvatore Scardigno (difeso dall’avvocato Domenico Andrè’) e’ stato assolto dalla Prima Sezione della Corte d’appello di Reggio Calabria (presidente Alfredo Sicuro, a latere i giudici Giuseppe Perri e Cristina Foti) dall’accusa di concussione, accusa che la Corte d’Appello ha riqualificato nel reato di abuso d’ufficio (reato abrogato a luglio scorso). I giudici del Tribunale di Reggio Calabria, ad ottobre del 2019, avevano emesso una sentenza di condanna a 4 anni di reclusione per l’ex carabinieri per tanti in servizio a Messina

La corte d’appello ha assolto, per non aver commesso, il fatto anche il coimputato, l’allevatore di Reggio Calabria Domenico Trivulzio.

L’arresto nel 2018.

Il brigadiere dell’Arma Salvatore Scardigno venne arrestato nel marzo del 2018 mentre era in servizio a Vibo Valentia, su provvedimento del gip di Reggio Calabria con l’accusa di concussione. Scardigno, che venne posto agli arresti domiciliari, per molti anni è stato in servizio al nucleo radiomobile a Messina (noto in città come il ‘brindisino’). I fatti si riferiscono però ad un suo periodo di lavoro a Villa San Giovanni.

La vicenda è singolare e sarebbe avvenuta il 13 maggio del 2017. Secondo un’intercettazione agli atti dell’inchiesta avrebbe preteso un cane in “regalo” da un allevatore, il 42enne reggino Domenico Trivulzio, indagato nell’ambito della vicenda, in cambio di una mancata multa di 161 euro. Scardigno avrebbe evitato di sanzionarlo dopo averlo fermato mentre era in servizio, perché l’allevatore parlava al cellulare mentre guidava. Un appuntato che era assieme a lui in servizio di pattuglia presentò sulla vicenda una relazione di servizio ai suoi superiori, atto che venne inoltrato in Procura.

Scardigno si è reso protagonista, negli anni successivi, di clamorose proteste pubbliche. Nel marzo del 2019 salì sul campanile del Duomo, minacciando di buttarsi giù. Un paio di mesi dopo replicò salendo sul pulpito del Duomo di Messina cosparso di benzina e minacciando di darsi fuoco. Un'altra volta si incatenò davanti al Comando Provinciale dei carabinieri per protesta contro i suoi ex superiori.