26 Giugno 2024 Giudiziaria

LA MAXI OPERAZIONE ANTIDROGA DELLA DDA DI MESSINA: QUEL NEGOZIO DI ABBIGLIAMENTO ‘APERTO CON PARTE DEI PROVENTI DEL TRAFFICO DI STUPEFACENTE’

Nell'ordinanza firmata dal Gip Monia De Francesco si esamina la posizione di Stefania Galletta, moglie di Rosario Abate, che secondo l'accusa ha agito da prestanome per l'apertura di un negozio di abbigliamento riconducibile a Giuseppe Castorino e alla moglie, mettendo a disposizione la propria abitazione condivisa con il marito per le principali attività del gruppo e condividendo con il marito le strategie operative del gruppo su fornitura, occultamento dello stupefacente e proventi. 

di Enrico Di Giacomo - Tra i tantissimi reati che si contestano agli indagati dell'operazione antidroga della Dda di Messina (112 arresti, 141 in totale gli indagati) c'è anche l'intestazione fittizia di un negozio di abbigliamento e l'autoriciclaggio, "Flamingo abbigliamento", intestato a Stefania Galletta (da ieri agli arresti domiciliari), moglie di Rosario Abate (accusato di organizzare e gestire l'approvvigionamento e le trattative con i fornitori di stupefacente, ma anche la custodia e la preparazione della droga), ma per gli inquirenti di fatto gestito da Giuseppe Castorino (accusato di essere a capo di un'organizzazione che gestiva il mercato di stupefacenti, tenendo i contatti con i calabresi e distribuendo lo stupefacente nella città di Messina e provincia) e dalla compagna Graziella Venuti.

Il negozio, aperto l'8 novembre 2021, è un franchising dell'omonima catena di negozi, sponsorizzata dall'imprenditrice/influencer campana Nunzia Bottone (non indagata). Quest'ultima, il giorno dell'inaugurazione, si era recata di persona al negozio e successivamente aveva postato nel suo account un ringraziamento pubblico rivolto a "Graziella, Stefania, Giuseppe e Rosario di Flammingo Abbigliamento".

Gli sviluppi investigativi hanno dimostrato che "Stefania Galletta fosse in realtà un prestanome del negozio in quanto l'investimento economico era stato effettuato da Giuseppe Castorino che ne aveva parlato come fosse il titolare del negozio, provvedendo al pagamento di tutte le spese di gestione, mentre la moglie, Graziella Venuti, deve ritenersi il reale gestore".

Dal proseguo delle indagini emergeva come l'attività commerciale fosse decisamente in perdita e ciò induceva Giuseppe Castorino a valutare di cedere l'attività per non perdere l'investimento iniziale.

"L'incapacità della Galletta di gestire il denaro veniva evidenziata dal marito in occasione di una conversazione, quando nel parlare con Castorino e la moglie Graziella Venuti sull'andamento del negozio, Abate confidava ai due amici che "se la moglie vede 4 lire, se vuole una cosa dice si spenderli cisto che i soldi ci sono e non pensa ad una eventuale carcerazione".

Quindi, in vista dell'imminente chiusura definitiva dell'attività, Castorino e la moglie suggeriscono alla Galletta di corrisponderle uno stipendio mensile di 500 euro, al pari della commessa Marika, sia pure con un margine decisionale più ampio.

Da un'altra conversazione registrata, emergeva come ci fosse, da parte della donna, "la consapevolezza della provenienza del denaro dal traffico di stupefacenti gestito dal marito". Per gli inquirenti il negozio sarebbe stato intestato alla Galletta per timore di Castorino di eventuali sequestri a seguito di un suo possibile coinvolgimento in vicende giudiziarie. "Era Castorino che provvedeva a pagare il canone di affitto del negozio facendosi carico delle spese relative alla gestione". A confermare tutto c'è anche la dichiarazione di Rosario Abate che aveva manifestato la volontà di collaborare con la giustizia per poi revocare tale volontà. "I soldi che ha messo Castorino erano provento dell'attività illecita. Il negozio dopo due, tre mesi è andato male".

"Castorino - scrive il gip - ha investito parte dei proventi ricavati dall'attività di traffico di stupefacenti nell'avvio del negozio di abbigliamento... così da dissimulare l'illecita provenienza del denaro a tal fine impiegato".