Davigo e le ‘confidenze illecite’: “Ha gettato ombre su Procura di Milano e sul collega Sebastiano Ardita”. Le motivazioni della condanna per l’ex pm
La Corte d’Appello di Brescia, lo scorso 7 marzo, aveva confermato la condanna a un anno e tre mesi per l’ex pm Piercamillo Davigo. Oggi sono state depositate le motivazioni della sentenza sulla vicenda dei verbali di Piero Amara sulla presunta Loggia Ungheria. Sono 115 pagine in cui viene spiegato, secondo i giudici, come avrebbe agito Davigo nella fuga di notizie sul caso.
Piercamillo Davigo ha “portato a conoscenza di una selezionata platea di destinatari notizie coperte da segreto investigativo attraverso una serie di incontri informali, pur consapevole di gettare una sinistra luce sull’operato della Procura della Repubblica” di Milano “e sui due colleghi del Csm, dottori Mancinetti e Ardita”. Questo si legge nelle motivazioni della Corte riguardo la sentenza di condanna per l’ex pm di Mani Pulite ed ex consigliere del Csm. Avrebbe fatto circolare carte “scottanti” tra i componenti di Palazzo dei Marescialli e ai danni del suo ex collega Sebastiano Ardita, parte civile nel processo.
Davigo ha sempre dichiarato di aver agito “in buona fede” e per “ripristinare la legalità”, ma secondo quanto si legge avrebbe attuato “una serie di irrituali e illecite confidenze, che poi hanno sortito quell’effetto finale di una fuga di notizie ‘senza eguali precedenti’, già stigmatizzata dall’Autorità giudiziaria umbra”.
La vicenda è quella dei verbali in merito a una inesistente loggia resi tra il dicembre 2019 e il gennaio 2020 da Amara in un’inchiesta milanese sul falso complotto Eni. I verbali sono stati consegnati a Davigo nell’aprile del 2020 dal pm di Milano Paolo Storari per autotutelarsi di fronte a una presunta inerzia dei vertici del suo ufficio.
Davigo, intanto, ha già detto di voler presentare ricorso in Cassazione contro la condanna, assistito dall’avvocato Davide Steccanella.