I NOMI – CORRUZIONE, TURBATIVA D’ASTA E GESTIONE CLIENTELARE DEL CONSORZIO RETE FOGNANTE DI TAORMINA: ESEGUITA MISURA PER GLI EX DIRIGENTI DELL’ENTE E DUE IMPRENDITORI
I Finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Messina e Agenti della Questura di Messina - Commissariato P.S. Taormina - hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare personale che dispone la sospensione dall’esercizio del pubblico ufficio nei confronti di un ex dirigente del Consorzio Rete Fognante di Taormina, gestore dell’impianto fognario della fascia Ionica messinese, ed il divieto temporaneo per due imprenditori della provincia di Messina ed un professionista, già dirigente dell’Ente, di contrarre con la Pubblica Amministrazione.
Il provvedimento cautelare, è stato emesso dal G.I.P. del Tribunale Peloritano, su richiesta della Procura della Repubblica di Messina.
Il gip ha disposto la sospensione dall’esercizio del pubblico ufficio nei confronti di un ex dirigente del Consorzio Rete Fognante di Taormina, Giuseppe Caudullo, e poi il divieto temporaneo per due imprenditori della provincia di Messina, il taorminese Angelo Oliveri e il giardinese Sebastiano “Nellino” Sgroi, e un professionista, l’ingegnere taorminese Oscar Alberto Aymà, già dirigente dell’Ente, di contrarre con la Pubblica amministrazione.
Ma complessivamente gli indagati di questa inchiesta, compresi i primi quattro per cui è stata decisa la sospensione, sono tredici. Ci sono anche l’ex sindaco di Taormina Mauro Passalacqua, ovviamente nella sua posizione amministrativa, l’imprenditrice taorminese Patrizia Savio, che tra l’altro è la rappresentante legale della ditta “Echo Beach”, l’imprenditore taorminese Francesco Cipolla, e poi Antonio Culoso (Castelmola), Orazio Luigi De Maria (Giardini Naxos), Fabio Maccarrone (di Piedimonte Etneo), Veronica Spoto (Gaggi), Giuseppe Sterrantino (di Calatabiano, residente a Fiumefreddo), e Giovanni Taliò (Taormina). Nei confronti di tutti questi indagati il gip non ha comunque ritenuto di adottare alcuna misura restrittiva.
Agli indagati sono contestati, in concorso tra loro, i reati di corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio, turbata libertà nel procedimento di scelta del contraente, falso materiale e ideologico, truffa e inquinamento ambientale.
Le indagini, condotte dal Commissariato di P.S. Taormina e dalle Fiamme Gialle della Compagnia di Taormina, coordinate dalla Procura della Repubblica di Messina, che sono consistite in complesse ricostruzioni documentali, intercettazioni ambientali e accertamenti bancari, hanno messo in luce l’esistenza di un collaudato sistema di cattiva gestione delle funzioni pubbliche, in totale spregio dei principi di correttezza, trasparenza ed imparzialità che dovrebbero presiedere all’azione amministrativa.
In dettaglio, il sistema illecito ruotava attorno alle figure di due dirigenti, rispettivamente responsabili dell’area tecnica e dell’area finanziaria, che gestivano, in maniera clientelare, i lavori di manutenzione dell’Ente pubblico, inosservanti della vigente normativa sui contratti pubblici, affidandoli arbitrariamente a taluni imprenditori per la realizzazione di scopi personalistici, quali incarichi privati retribuiti ed altre varie utilità economiche.
Inoltre, gli investigatori hanno dimostrato che il Responsabile tecnico aveva consentito l’utilizzo dell’impianto di depurazione anche in assenza dell’autorizzazione allo scarico, risultata ormai scaduta, e della manutenzione della struttura, obbligatorie per il trattamento a norma di legge delle acque reflue, arrivando persino ad autorizzare uno degli imprenditori colpiti dalla misura restrittiva, allo scarico reiterato di reflui fognari non depurati nelle acque del fiume Alcantara, in totale inosservanza delle prescrizioni e cagionando un significativo danno all’ecosistema fluviale.
In merito, il Giudice per le Indagini Preliminari, considerati i gravi indizi di colpevolezza ed il concreto pericolo di reiterazione del reato, ha disposto il sequestro dell’automezzo utilizzato per il trasporto illecito di rifiuti e scarico abusivo dei reflui fognari, riconducibile ad una società gestita da uno degli imprenditori indagati.
L’impianto gestito dal Consorzio, già sottoposto a sequestro nel corso delle investigazioni, è attualmente affidato ad un amministratore giudiziario e risulta regolarmente operativo, in regola con gli interventi di manutenzione previsti per legge.