Caso Agostino e stragi, Repici: ”C’è un disegno per negare presenze esterne alla mafia”
Di Aaron Pettinari - Oltre trent'anni sono passati dalle stragi del 1992 e del 1993. Trentacinque da un delitto eccellente come quello di Nino Agostino e Ida Castelluccio (incinta) uccisi il 5 agosto 1989 all'ingresso dell'abitazione estiva della famiglia Agostino, a Villagrazia di Carini. Ci sono stati processi. Pezzi di verità sono emersi, ma, anche a causa di depistaggi, omertà istituzionali e silenzi, c'è ancora molto da scoprire.
Oggi, però, le resistenze sembrano assumere una nuova forma. Nonostante il disvelamento di certi fatti e l'esistenza di mandanti e concorrenti esterni dietro a stragi e delitti eccellenti sia evidente c'è chi ha iniziato non solo una corsa al riduzionismo, ma addirittura al negazionismo più assoluto. L'avvocato Fabio Repici, che difende da anni Salvatore Borsellino, la famiglia Agostino e tanti altri familiari vittime di mafia, si è sempre battuto proprio per cercare la verità su questi fatti.
In un'intervista a Il Fatto Quotidiano il legale denuncia a chiari note l'esistenza di “un disegno negazionista” volto a “negare la partecipazione di soggetti estranei a Cosa nostra a stragi e delitti eccellenti”. “Una condotta che - a suo parere - si avvale anche di attività di depistaggio tuttora in corso, come quella portata avanti con le dichiarazioni di Maurizio Avola sulla strage di via d’Amelio”.
Lo scandalo, però, è che questa opera di “depotenziamento” trarrebbe forza dall’attuale indirizzo dell’attività di coordinamento della Procura nazionale antimafia.
“Io denuncio una lacuna di sistema: per previsione legislativa il pm deve interloquire con le vittime dei reati e in questo caso coi familiari delle vittime e i loro difensori, che devono poter intervenire in fase d’indagine. Il Procuratore nazionale si sottrae a ogni interlocuzione. Sia che si tratti dei familiari di vittime della mafia, sia che si tratti dei familiari di vittime delle stragi neofasciste”.
Una convinzione avvalorata da un fatto: quando ha scritto in via formale alla Procura nazionale antimafia per contestare un atto della Procura di Caltanissetta evidenziando un'ingerenza grave sul caso del delitto Agostino (il cui processo è tutt'ora in corso) si è ritrovato indagato con l'ipotesi di aver calunniato tre magistrati.
“Non sono preoccupato, anche perché è stata già chiesta l’archiviazione - ha detto Repici a Il Fatto - Voglio però denunciare l’ennesimo tentativo di negare ciò che è palese: Cosa Nostra non ha fatto tutto da sola, dai delitti eccellenti alle stragi”.
Ma quale sarebbe l'ingerenza della Procura di Caltanissetta? Presto detto. Il decreto di archiviazione sulle indagini nei confronti dell'ex poliziotto Giovanni Aiello (anche noto come “Faccia da mostro”), tirato in ballo da numerosi collaboratori di giustizia per essere stato coinvolto in stragi e delitti efferati.
Deceduto nel 2017, pochi mesi dopo la Procura di Caltanissetta ha chiesto di archiviare le indagini a suo carico. Ed è contro quella richiesta, depositata nel 2022, pure agli atti del processo di Palermo sul duplice omicidio Agostino-Castelluccio, che Repici ha espresso tutta la propria contrarietà definendolo “abominevole”. Perché pur essendo vero che, con la morte di Aiello, la Procura era obbligata ad archiviare, “sarebbe bastato scrivere: reato estinto per morte del reo”.
Diversamente in quel documento, composto da 284 pagine, vi è “la demolizione delle fonti di prova del processo Agostino. La Procura di Caltanissetta è arrivata a contestare persino il riconoscimento compiuto a Palermo dal padre di Agostino (deceduto proprio nei giorni scorsi, ndr), che ha chiaramente indicato in Aiello uno degli autori del sopralluogo per preparare l’omicidio di suo figlio”.
A quel punto Repici si è trovato costretto ad intervenire con una nota inviata alla Procuratrice generale di Palermo, al Procuratore nazionale antimafia e alla Procura generale della Cassazione.
Risultato? “Il Procuratore Giovanni Melillo ha deciso di trasmetterla alle autorità competenti: da lì è nata questa indagine nei miei confronti, con l’ipotesi di aver calunniato tre magistrati”.
A “dare fastidio”, evidentemente, è l'accusa di “sabotaggio giudiziario” che Repici fa rispetto all'atto di archiviazione disposto dalla Procura nissena.
E nell'intervista il legale della famiglia Agostino spiega il motivo per cui usa quella terminologia. “In quella richiesta di archiviazione si arriva a sostenere che non c’era alcun legame fra Giovanni Falcone e Nino Agostino. Ma bastava andare a prendere le immagini del funerale per vedere il giudice particolarmente commosso davanti alle bare. Ed è noto come Falcone avesse detto: 'Questo omicidio è stato fatto contro di me'”. Fatti conosciuti anche da comuni cittadini. Per non parlare poi dei fatti emersi in questi anni di inchieste e processi.
Lo scorso febbraio la Procura generale di Palermo, chiedendo alla Corte d'assise di Palermo la condanna all'ergastolo nei confronti del boss Gaetano Scotto (in abbreviato già condannato in appello il capomafia Nino Madonia) e l'assoluzione per Francesco Paolo Rizzuto aveva ricostruito proprio l'esistenza dei rapporti tra Giovanni Falcone ed Agostino avendo, quest'ultimo, fatto servizio di protezione per l’estremista nero Alberto Volo, al tempo sentito dal giudice. Fatti. Non opinioni.
Tanto che la Procuratrice generale di Palermo, Lia Sava, dando inizio alla requisitoria aveva affermato: “Noi oggi processiamo Gaetano Scotto ma, se non fosse morto, ci sarebbe qui un altro imputato, Giovanni Aiello. Anello di congiunzione, ancora una volta, fra il mondo di Cosa nostra e quel sordido ambiente dei servizi segreti deviati che sullo sfondo di questo dibattimento abbiamo messo in evidenza e in chiara luce”.
E in un’altra udienza, accanto alla mole di dichiarazioni di collaboratori di giustizia, aveva evidenziato anche l'esistenza di acquisizioni documentali ed intercettazioni grazie alle quali “è stato possibile superare, una volta per tutte, tutte le distonie di alcune precedenti letture di chiave minimalista con riguardo al ruolo dell’Aiello” quale “collante strategico tra segmenti dei servizi segreti deviati e criminalità organizzata. In particolare Cosa nostra e ‘Ndrangheta”.
La presenza di “Faccia da mostro” in diversi delitti irrisolti della storia del nostro Paese è uno dei misteri su cui si deve far luce. Ma evidentemente si tratta di una verità scomoda.
Questo ennesimo smacco è stato risparmiato a Vincenzo Agostino che con la sua morte lascia un vuoto enorme. “Avevamo la stessa idea relativamente all’operato della Procura nissena su Aiello - racconta Repici nell'intervista - Viste le sue pessime condizioni, però, ho taciuto la notizia dell’indagine. Indagano me, ma a essere colpita è la sua richiesta di giustizia: non volevo dargli l'ennesimo dolore”. Fonte: antimafiaduemila.com