L’Ateneo di Messina partner della Hebrew University of Jerusalem, in guerra contro Gaza
di Antonio Mazzeo - Parla di pace la ministra dell'Università e della Ricerca Anna Maria Bernini (Forza Italia), ma lo fa con un inappropriato linguaggio militar-bellico. “Le università non si schierano con una parte o con l’altra, le università non entrano in guerra: hanno un’arma potentissima, la ricerca scientifica, la formazione, che è un’importante e potente arma di pace”.
Un monito per quei pochi centri accademici che hanno scelto di schierarsi a fianco del popolo palestinese, vittima della scellerata controffensiva scatenata dalle forze armate israeliane a partire del 7 ottobre 2023. Le università non entrano in guerra. Magari non tutte. Quella di Messina però ha scelto di schierarsi con la parte sbagliata, quella che ha trasformato la guerra in genocidio: a fianco cioè di una delle istituzioni universitarie più coinvolte nei programmi di morte del complesso militare-industriale e finanziario di Israele, la Hebrew University of Jerusalem.
Il 3 maggio 2021, l’allora rettore dell’Università degli studi della città dello Stretto, il prof. Salvatore Cuzzocrea (poi costretto alle dimissioni) e il prof. Barak Medina, rettore della Hebrew University of Jerusalem hanno sottoscritto un accordo quadro di cooperazione internazionale con lo scopo di “promuovere attività didattiche, di ricerca e culturali congiunte così come scambi scientifici nelle aree di mutuo interesse”, onde “mantenere i più alti standard di insegnamento e ricerca, tenere il passo con i trend accademici e condividere le innovazioni”. Amplio l’elenco delle attività previste per concretizzare la collaborazione tra i due centri accademici: scambi e mobilità di docenti, ricercatori, dottorandi, personale tecnico-amministrativo e studenti; progetti di ricerca; interscambio di informazioni, lavori scientifici edaltri materiali didattici; programmazione congiunta di seminari, lezioni, simposi, ecc.; accesso a IT (tecnologia dell’informazione, NdA) e alle attrezzature di ricerca e di altre strutture di entrambe le istituzioni.
L’art. 3 dell’accordo generale specifica che “gli obiettivi scientifici, le procedure di implementazione così come i risultati attesi di ogni specifica attività di cooperazione saranno definiti in specifici protocolli annessi al presente accordo di cooperazione” ed impegna le due università a “trovare i necessari mezzi finanziari per implementare ogni specifica attività”. Con il successivo articolo, viene fissata a cinque anni la durata della partnership, rinnovabile per altri cinque anni, “a meno che sei mesi prima dalla data di scadenza una delle Parti notifichi all’altra la decisione di non rinnovarlo”.
Accordo valido dunque almeno per altri due anni: non risulta ad oggi, purtroppo, che la sanguinosa e criminale escalation dei bombardamenti contro la Striscia di Gaza, il sud del Libano e la Siria abbia turbato più di tanto i nuovi organi istituzionali, né il corpo dei docenti e/o gli studenti dell’Università di Messina, molto probabilmente ignari, colpevolmente, della war connection Hebrew University – forze armate e industrie belliche israeliane.
L’accordo con l’impresentabile partner di Israele è stato firmato in tempi record: l’istanza di adozione della convenzione quadro era stata presentata il 30 marzo 2021 dalla prof.ssa Giovanna D’Amico del Dipartimento di Civiltà Antiche e Moderne; una ventina di giorni dopo è giunta l’autorizzazione del consiglio di amministrazione alla sottoscrizione dell’accordo da parte del Rettore (l’istruttoria è stata protocollata il 22 aprile e reca la firma della responsabile D.A. Ricerca e Internazionalizzazione, l’avvocata Danila Nostro); il 3 maggio, infine, la ratifica del prof. Cuzzocrea. “La conclusione dell’Accordo contribuirà a rafforzare la rete di rapporti di collaborazione di UniME ed a rafforzare il processo di internazionalizzazione della didattica e la mobilità internazionale, parametro significativo nella valutazione nazionale delle Università”, spiegano i proponenti dell’Ateneo di Messina.
L’impresentabile curriculum militare dell’università partner di Israele.
Una rapida consultazione delle fonti aperte sul web avrebbe consentito al Cda di UniME e al suo Rettore di prendere consapevolezza dell’assoluta impresentabilità della Hebrew University of Jerusalem. Una dettagliata descrizione sulle sue strettissime relazioni con l’apparato bellico israeliano era stata pubblicata a inizio 2020 da BDS Italia (la sezione italiana per il movimento a guida palestinese per il boicottaggio, il disinvestimento e le sanzioni contro Israele), prontamente rilanciata da innumerevoli siti internet e dunque facilmente consultabile. “Questa università israeliana sorge sul Monte Scopus in un’area occupata illegalmente da Israele nel 1948 dove sorgeva il villaggio palestinese di Issawiyeh, che andò distrutto nei combattimenti”, esordisce il report dal titolo Una partner strategica. La collaborazione tra le università italiane e Israele. “Nel 1968 la Hebrew University acquistò anche una porzione rilevante di terra nei pressi di Monte Scopus, aldilà della green line, che era stata occupata durante la Guerra dei Sei giorni e dove poi furono realizzati un campus e alcuni dormitori per gli studenti”.
Nel rapporto si segnalavano poi gravi discriminazioni tra gli iscritti ai corsi accademici. “L’Università Ebraica ha fornito consistenti borse di studio agli studenti impegnati nella guerra del 2002 contro Gaza (Defensive Shield) e in altre successive aggressioni militari”, si aggiungeva. “In particolare, durante l’intervento contro Gaza del 2014, l’ateneo ha assicurato assistenza finanziaria e alcuni privilegi accademici agli studenti arruolatisi per contribuire alle operazioni belliche”.
“Tutti i maggiori college e centri di istruzione militari sono sotto la responsabilità educativa della Hebrew University, compreso il Command and Staff College(PUM), il principale istituto di formazione degli ufficiali dell’esercito israeliano”, segnalava il report di BDS Italia. “L’università concorre al programma Talpiot destinato ai militari che operano nel campo dell’intelligence, organizzando corsi specifici per gli studenti-militari che alloggiano in una struttura ad uso esclusivo delle forze armate all’interno del campus accademico. Talpiot accetta annualmente solo un ristretto numero di cadetti che vengono formati in materie come la fisica avanzata, la matematica e le scienze informatiche finalizzate allo sviluppo di programmi di contro-intelligence. Imilitari formatisi con questo programma hanno avuto un ruolo chiave su ogni sistema d’arma e di telecomunicazione utilizzato dall’Israel Defence Force (IDF) e dall’intera comunità scientifico-industriale israeliana”.
A riprova dell’interdipendenza della Hebrew University con l’apparato militare-industriale israeliano, il rapporto segnalava inoltre come nel 2008 il centro accademico avesse vinto il bando di gara per istituire una “scuola di medicina militare” destinata specificatamente alla formazione dello staff medico dell’IDF. Poi una lunga lista di docenti-generali-ministri della guerra alternatisi alla sua guida. “Dal 1968 al 1989 l’ateneo ha menzionato tra i suoi docenti più rinomati l’ex generale Yehoshofat Harkabi, direttore del Dipartimento per le relazioni internazionali e del Leonard David Institute, a capo dell’intelligence militare dal 1955 al 1959 e consigliere sulle Politiche strategiche del Primo Ministro Menahem Begin; Menahem Milson, professore di Letteratura araba sino al 1976 quando fu nominato dal Ministero della Difesa consigliere per gli affari arabi per poi assumere l’incarico di capo dell’amministrazione civile d’Israele nei Territori occupati nel biennio 1981-82”, annota il report. “In questa funzione ha diretto la campagna repressiva contro il Movimento Nazionale Palestinese, rimuovendo diversi sindaci e chiudendo le università palestinesi come punizione per la resistenza studentesca contro l’occupazione. Dopo l’esperienza in West Bank, Menahem Milson è tornato all’attività accademica nell’università di Gerusalemme, divenendo prima responsabile del Dipartimento di Lingua e Letteratura araba e poi direttore dell’Istituto di Studi sull’Asia e l’Africa e decano della Facoltà di Scienze Umane”.
Sempre a fianco di aziende produttrici di sistemi di morte.
Altrettanto stretti i legami con le aziende leader delcomplesso militare-industriale israeliano. Il presidente del Cda di Elbit Systems, Michael Federmann, è stato membro del board dei governatori della Hebrew University; anche Carmi Gillon (l’ex direttore dei servizi segreti generali e dell’agenzia nazionale “Shabak”, accusata da Human Righys Watch e Amnesty International di torture e gravi abusi nei confronti di prigionieri palestinesi), è stato vicepresidente per le Relazioni esterne dell’università dal 2007 al 2013; Moshe Arad, direttore di Elbit Systems, ha invece ricoperto l’incarico di vicepresidente della Hebrew University dal 1994 al 2004. “The Hebrew University ha dato vita nel 1964 alla Yissum Research Development Company, società incubatrice d’aziende e per il trasferimento di tecnologie e la conversione delle ricerche in soluzioni commerciali”, aggiunge il rapporto di BDS Italia. “Nell’ottobre 2014 essa ha sottoscritto un accordo strategico con la maggiore holding internazionale nella produzione di sistemi d’arma, la statunitense Lochkeed Martin, per avviare una serie di ricerche nelle scienze quantiche ed informatiche”. Rilevanti i contributi finanziari erogati dal Pentagono e dai Dipartimenti di US Navy e US Air Force all’Hebrew University: si tratta di 2.426.700 dollari nel solo periodo 2010-2016 per studi e ricerche su svariati temi scientifico-militari: semiconduttori e nanoparticelle metalliche per sensori di esplosivi; cellule batteriche; uso di antivirali per la cura di sindromi respiratorie acute; design e produzione di meta-materiali per applicazioni in sistemi ottici avanzati; neuro-protettori contro agenti nervini; individuazione e autogenerazione di contro-agenti in caso di eventi emorragici e traumi.
Nell’aprile 2019, la Hebrew University of Jerusalemvinse pure il bando del ministero della Difesa per l’esecuzione di un programma di “eccellenza accademica” a favore del settore di intelligence delle forze armate israeliane, denominato Havatzalot (letteralmente gigli). Nello specifico si tratta di corso di laurea triennale per ufficiali cadetti destinati a ricoprire incarichi di comando nelle IDF che include corsi di addestramento al combattimento tattico, intelligence militare,leadership e studi sull’islamismo ed i conflitti in Medio Oriente. Secondo quanto riportato dagli organi di stampa israeliani, gli “studenti-soldati” ammessi al programma Havatzalot sono autorizzati a indossare uniformi e armi durante la loro presenza nel campus universitario. “Il bando di gara assegnato alla Hebrew University of Jerusalem è uno dei più complessi e importanti che il ministero della Difesa ha condotto in questi ultimi anni”, ha dichiarato il viceresponsabile per gli appalti e affidamenti della Difesa israeliana, Bracha Hertz. “Lungo tutto il suo iter, noi abbiamo fatto in modo di mantenere un importante equilibrio tra il programma di eccellenza militare e una completa libertà accademica”.
L’edulcorata versione della laedrship bellica di Tel Aviv è stata smentita da alcune organizzazioni non governative e dalle associazioni degli studenti palestinesi della Hebrew University. Con un video diffuso sui social nel maggio 2020 è stata documentata l’ulteriore militarizzazione del campus a seguito dell’avvio del “corso di laurea” Havatzalot. Oltre alla sempre maggiore presenza di militari in assetto di guerra all’interno delle aule e dei laboratori universitari, il video docuemntava una serie di pesanti discriminazioni perpetrate a danno degli studenti palestinesi: il loro allontanamento forzato dai dormitori per assegnare i posti letto ai membri delle forze armate; l’installazione di videocamere, cancelli elettronici e guardie armate per “controllare” gli studentati; l’impiego di cecchini nei tetti degli edifici universitari per sparare contro i manifestanti in prossimità della cittadina di Issawiya.
Dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023 e la furiosa controffensiva israeliana contro la popolazione di Gaza, la militarizzazione delle infrastrutture e della stessa didattica all’interno dell’università si è fatta ancora più asfissiante. “Mentre continua la guerra Israele-Hamas e l’anno accademico è stato sospeso, tutte le principali università israeliane hanno annunciato lo stanziamento di fondi d’emergenza per milioni e milioni di shekel, mentre i loro campius sono stati trasformati in centri logistici e abitativi”, riporta il periodico Times of Israel. “Circa il 30% di tutti gli studenti universitari è stato richiamato per adempiere agli obblighi di riservisti durante la crisi odierna (…) L’Hebrew University of Jerusalem ha annunciato di recente di aver destinato 15 milioni di shekel (3,82 milioni di dollari) di fondi d’emergenza per sostenere i 4.000 studenti che servono come riservisti, o che erano residenti vicino Gaza e sono stati vittima del recente attacco terroristico e per quelli che sono stati evacuati dalla regione settentrionale”. Times of Israel ricorda inoltre che l’Università ha aperto i campus di Gerusalemme ed Eilat per ospitare alcuni degli sfollati, offrendo inoltre 450 computer ai bambini e inviando studenti e personale tecnico delle facoltà di medicina, odontoiatria e giurisprudenza “per assistere la popolazione”.
The Hebrew University in Tempi di Guerra.
La vocazione interventista-bellicista della Hebrew University of Jerusalem nella campagna genocida contro la Striscia di Gaza è stata enfatizzata da un lungo documento pubblicato il 7 novembre 2023 dalle “associazioni” internazionali “amiche” dell’istituzione, impegnate in particolare nella raccolta di fondi per le sue attività “umanitarie” e pro-forze armate. Dal significativo titolo The Hebrew University in Times of War, corredato con tanto di foto di soldati armati di mitragliatori all’internpo di un laboratorio scientifico, il documento sottoliea come l’istituzione accademica di Gerusalemme è “innanzitutto la prima università di Israele ma anche quella che ha i più importanti legami con l’Israel Defence Force”.
“L‘Hebrew University è la sede del programma Talpiot ospitato nel campus di Givat Ram”, confermano gli “amici-finanziatori”internazionali. “Talpiot è un programma di addestramento di prim’ordine per le forze armate israeliane e per le reclude dotate di talento che hanno dimostrato abilità nell’apprendimento accademico delle scienze e con provate potenziali di leadership. I laureati di Talpiot sono stati coinvolti nei maggiori programmi di sviluppu militare, come ad esempio quelli per il carro armato Merkava e per il sistema missilitico avanzato Iron Dome”.
Non poteva ovviamente mancare anche un elogiativo riferimento al più recente programma Havatzalot. “Quest’ultimo addestra gli ufficiali del settore di intelligence ai ruoli chiave della Direzione d’Intelligence dell’Israel Defence Force”, annota il documento. “Havatzalot è il primo e unico corso completo con differenti discipline e studi sul Medio Oriente, Scienze politiche e Sociologia. I cadetti sono poi liberi di ampliare il loro piano di studi con ulteriori opzioni di studio, in Matematica, Filosofia, Scienze informatiche ed Economia. In aggiunta alle attività accademiche, i cadetti devono svolgere un rigoroso addestramento militare e di intelligence, con visite a varie unità delle forze armate e corsi di combattimento. Ai tre anni di formazione ne seguono sei di servizio attivo nelle posizioni di comando della Direzione di intelligence dell’Israel Defence Force”.
Tra le attività pro-forze armate, il rapporto The Hebrew University in Times of War ricorda quelle promosse dall’IRMM - Institute for Research in Military Medicine (l’istituto di ricerca di medicina militare istituio nel 2013 dalla Facoltà di Medicina dell’Università in collaborazione con il ministero della Difesa “con il fine di sviluppare nuovi trattamenti e tecnologie di rilevanza per la medicina militare e la gestione di disastri”) e dalla Facoltà di Odontoiatria con il programma denominato BinaElite Dentistry (gli studenti si impegnano, dopo la laurea, ad arruolarsi nelle forze armate per almeno cinque anni all’interno delle unità del Dental Corps militare). “In ultimo, esclusivo per la Hebrew University è il programma Tzameret svolto in partnership con l’Israel Defence Force, destinato agli studenti di medicina che si impegnano ad entrare nelle forze armate dopo la laurea”, si legge ancora nel report. “Anche se questo comporta un impegno più lungo in campo militare, mentre svolgono i propri corsi di studi, agli studenti del programma Tzameret vengono offerte opportunità di formazione in diverse aree oltre ai normali studi di medicina per prepararli a intervenire a fianco delle vittime di una guerra e in caso di soccorsi durante calamità”.
In conclusione, gli estensori del report suggeriscono tutta una serie di interventi per suggellare il ruolo del centro accedemico di Geruslamme quale Università di guerra e per la guerra. “La Hebrew University e le organizzazioni amiche presenti in tutto il mondo hanno creato una campagna speciale sotto il titolo di We Are One con il fine di promuovere l’assistenza delle comunità e rafforzare la solidarietà in tempi di guerra”, spiegano. “Ciò si traduce nel sostegno alle comunità in settori come l’assistenza legale afavore delle famiglie degli ostaggi e delle persone disperse; il sostegno psicologico alle famiglie deisoldati caduti; la realizzazione di un asilo a Gerusalemme per i bamnbini evacuati dal Sud; l’ospitalità e l’istruzione per le famiglie sfollate”. Ci sono poi, immancabilmente, i compiti di tipo militare e/o a favore degli studenti-soldato. “Nell’ambito del supporto alle forze armate, l’Università ha fornito diversi equipaggiamenti logistici a parecchie unità militari”, si aggiunge nel documento. “C’è poi il supporto ai riservisti che sono stati richiamati e che non dovranno pagare le tasse per l’alloggio nel campus a partire del mese di ottobre 2023. Così come è stato deciso da tutte le università israeliane, le scadenze per il pagamento delletasse universitarie sono state posticipate. Inoltre, l’estensione delle frequenze ai corsi sarà assicurata ai riservisti quando essi potranno riprendere i loro studi”.
Giro di vite per i docenti e gli studenti non allineati con il genocidio.
Intanto nella Hebrew University of Jerusalem è stato instaurato un vero e proprio clima di caccia alle streghe, principali vittime coloro che non si omologano alla narrazione dominante che giustifica e legittima l’aggressione anti-palestinese post 7 ottobre 2023. Un paio di giorni fa il sito onlinePagine Esteri diretto da Michele Giorgio (pure corrispondente de Il Manifesto da Gerusalemme), ha pubblicato un dettagliato articolo della giornalista e attivista politica israeliana Orly Noy, intitolato La facoltà di “Scienze Repressive” della Hebrew University. Noy, in particolare, si sofferma sulla sospensione decretata qualche settimana fa dal consiglio di amministrazione dell’Università nei confronti della professoressa Nadera Shalhoub-Kevorkian, importante studiosa di diritto e cittadina palestinese di Israele. La decisione, emessa senza una regolare udienza, è arrivata subito dopo la puntata del podcast di Shalhoub-Kevorkian su Makdisi Street, in cui esponeva le sue posizioni critiche nei confronti del sionismo e dell’aggressione militare di Israele a Gaza. La studiosa palestinese aveva pure firmato una petizione a fine ottobre 2023 che chiedeva un cessate il fuoco e descriveva la guerra come un “genocidio”.
“In una lettera al deputato Sharren Haskel per spiegare la loro decisione, il presidente Cohen e il rettore Sheafer della Hebrew University hanno accusato la Shalhoub-Kevorkian di essersi espressa in modo vergognoso, antisionista e incitante dall’inizio della guerra, schernendola per aver definito la politica di Israele a Gaza un genocidio”, spiega Orly Noy. “C’è poi molto da dire sui quartieri palestinesi di Silwan e Sheikh Jarrah, entrambi a poche centinaia di metri dal campus di Mount Scopus, che devono affrontare le espropriazioni di terre e proprietà da parte dei coloni sostenuti dallo Stato. Ma è particolarmente grave che la Hebrew University non ha mai ritenuto opportuno protestare contro la violenta oppressione in atto nel villaggio di Issawiya, le cui case sono chiaramente visibili dalle finestre degli edifici del campus, a pochi metri di distanza”.
La giornalista israeliana ricorda infine su Pagine Esteri come la sospensione della professoressaShalhoub-Kevorkian si sommi ad una “lunga lista di persecuzioni politiche e di indottrinamento militarista” promossi dall’istituzione accademica nel corso degli anni. “Dopo tutto, questa è la stessa università che, nel gennaio 2019, ha assecondato una brutta campagna di incitamento condotta da un gruppo studentesco di destra contro la dottoressa Carola Hilfrich, sostenendo falsamente che aveva rimproverato uno studente per essersi presentato al campus in uniforme militare”, conclude Noy. “Invece di difenderla dalle false accuse, l’università ha emesso una vergognosa lettera di scuse per l'incidente. Questa è la stessa università che, pochi mesi dopo, ha scelto di trasformare il campus in un piccolo campo militare, ospitando corsi per l’unità di intelligence dell’esercito israeliano – una di una lunga serie di proficue collaborazioni con l’esercito – nonostante le proteste di studenti e docenti. Questa è la stessa università che, più volte, ha molestato e messo a tacere le associazioni studentesche palestinesi, concedendo al contempo crediti accademici agli studenti che fanno volontariato con il gruppo di estrema destra Im Tirtzu. E questa è la stessa università che, negli ultimi cinque mesi, non ha detto nulla su come Israele distrugge sistematicamente le scuole e gli istituti di istruzione superiore di Gaza, tradendo vergognosamente non solo i loro colleghi assediati, bombardati e affamati a Gaza, ma i principi stessi del mondo accademico”.
Dopo aver letto tutto quanto è riportato sopra, ci sarà adesso qualcuna/o nell’Università degli Studi di Messina che alzerà la voce per chiedere la revoca dell’ignobile accordo di partenariato con l’istituzione accademica bellico-sionista israeliana?