PIERO CAMPAGNA SI CONFESSA A “VITE SPERICOLATE”: “Lo Stato ha sconfitto noi, non certo la mafia”
Di Antonio Mazzeo - L’omicidio della diciassettenne di Saponara, Graziella Campagna, la notte del 12 dicembre 1985. Una storia infinita, la definisce il fratello Piero, ex carabiniere, una vita intera trascorsa a ricercare le ragioni, i mandanti e gli esecutori del sequestro e dell’assassinio della sorella. Il dolore è lo stesso di quando, quarant’anni fa, identificò a Forte Campone, sopra Villafranca Tirrena, il corpo di Graziella barbaramente sfigurato dai pallettoni di lupara.
Anche la rabbia è la stessa. No, forse è cresciuta:per la giustizia e le verità processuali negate, per gli ignobili depistaggi perpetrati durante le indagini, per l’omertà che si respirava e si respira ancora tra i comuni tirrenici della provincia di Messina. “Lo Stato ha sconfitto noi, non certo la mafia”, commenta amaramente Piero Campagna. “E i veri assassini di mia sorella sono liberi…”. Sì, perché Piero continua a non credere che abbiano agito da soli i mafiosi palermitani Gerlando Alberti junior e Giovanni Sutera, condannati con sentenza passata in giudicato quali autori della morte di Graziella.
Chi li ha coperti e protetti durante la loro latitanza dorata a Villafranca Tirrena? C’era innanzitutto l’innominabile don locale, riverito e omaggiato da marescialli dei carabinieri, magistrati, avvocati, imprenditori, docenti universitari, medici. C’era poi – lo stesso di oggi - un tessuto sociale fatto di contiguità e cointeressenze, impermeabile ai desideri di cambiamento e trasformazione democratica. Intollerante ed escludente: ed anche per questo il territorio peloritano è segnato dalla fuga migratoria dei giovani, i più capaci, i più brillanti, i sognatori e gli idealisti.
Piero Campagna, oggi nonno e pensionato, continua ad essere un fiume in piena: fa nomi e cognomi, rivela le ipocrisie delle istituzioni e della politica, denuncia ingiustizie e menzogne. Con immutato coraggio punta il dito contro quegli appartenenti all’Arma che lo hanno tradito, sabotando le indagini e occultando le prove dell’omicidio di Graziella. Ma è profondamente grato alle persone che sono state vicine alla famiglia o che hanno contribuito con sacrificio a svelare l’identità criminale della sonnolenta borghesia locale, primo fra tutti l’avvocato di parte civile, Fabio Repici.