La 14esima puntata di “Vite spericolate”: ‘Sconfitto ma non rassegnato’, Federico Martino si racconta dopo tanti anni
Di Tonino Cafeo - Siamo alla puntata numero 14 di "Vite Spericolate – storie speciali di persone normali" - e il nostro incontro di questa settimana è con un intellettuale che, con ottime ragioni, è identificato con la storia del partito comunista messinese e con la tradizione marxista italiana .
Federico Martino, giurista, già docente di storia del diritto italiano alla facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Messina, deputato regionale e assessore del governo di Angelino Capodicasa nel corso degli anni novanta, inizia a raccontarsi partendo dall’infanzia negli anni dell’immediato dopoguerra. La famiglia Martino è una di quelle che in riva allo stretto conta qualcosa. Fra i parenti di Federico ci sono Antonino Martino, più volte sindaco di Messina nei primi anni del novecento, con il sostegno di repubblicani e socialisti; e Gaetano Martino, il ministro degli esteri a cui si deve l’avvio della costruzione dell’unità europea. Tutti esponenti del mondo liberale e della borghesia delle professioni.
Come si diventa comunisti quando si cresce in questo ambiente? Federico Martino evoca un percorso classico che dagli ideali della Rivoluzione Francese, attraverso il Risorgimento, conduce alla scoperta del valore dell’uguaglianza fra tutti gli esseri umani e del movimento dei lavoratori come forza in grado di attuare quelle grandi idee nella vita reale.
Gli eventi decisivi che spingono il giovane Federico a passare dalla teoria alla pratica sono - come per tante e tanti della sua generazione - i fatti del luglio ’60. Quando il MSI celebra il proprio congresso a Genova, medaglia d’oro della Resistenza, mentre in Parlamento si fa nascere il governo Tambroni con il voto determinante dei parlamentari neofascisti.
La cosa scatena imponenti manifestazioni di piazza represse con violenza dalle forze dell’ordine, con morti e feriti in tutta Italia.
In quei giorni Federico è a Roma e assiste alle cariche di cavalleria contro i giovani a Porta San Paolo, in cui restano feriti anche deputati come Pietro Ingrao. Da qui la decisione di iscriversi al Partito Comunista e contribuire alle lotte sociali e allo sviluppo della linea del partito sul territorio svolgendo, come si usava allora, i compiti che l’organizzazione assegnava con spirito di servizio e grande umiltà.
La vocazione dello studioso però prevale su ogni altra e così, mentre attraversa il '68 studentesco e inizia a l’attività di storico e di docente, si occupa di formazione politica, quella che una volta si chiamava scuola quadri.
Le vicende complesse di quegli anni, la repressione del dissenso in Cecoslovacchia, l’ “eresia” del Manifesto in Italia, lo vedono su posizioni critiche elaborate con grande autonomia pensiero. Con il futuro Presidente della Corte Costituzionale Gaetano Silvestri scrive all’Unità per manifestare il proprio dissenso rispetto alla radiazione dal partito del gruppo di Magri e Rossanda ma resta fedele al Partito.
Passati vent’anni da quelle vicende, ritroviamo Federico Martino fra gli oppositori alla svolta della Bolognina di Achille Occhetto. Animato da una fiducia quasi illuministica nella razionalità della politica e nella tradizione del comunismo italiano si ritrova, insieme a un gruppo di prestigiosi dirigenti del Pci messinese come Alfredo Bisignani e Pancrazio De Pasquale, in Rifondazione Comunista, ma ben presto prende le distanze sia da Armando Cossutta quanto da Fausto Bertinotti. Nel frattempo fa le sue prime e uniche esperienze nelle istituzioni come capogruppo del partito all’Assemblea regionale siciliana e come assessore nei governi di centro sinistra.
La nuova diaspora dei comunisti, in seguito alle troppe crisi che investono Rifondazione Comunista nel dopo Prodi, lo vede distante, a riflettere sulle sconfitte personali e collettive.
Dal suo osservatorio di studioso indipendente Martino ha oggi maturato un lucido pessimismo sullo stato del mondo. Troppe certezze si sono sgretolate e, nonostante la salda formazione giuridica, anche le istituzioni e il loro funzionamento non passano il suo severo vaglio critico.
Ma Federico Martino, da storico, sa bene che le generazioni si susseguono e che ogni percorso individuale - nel bene e nel male - confluisce in una storia più grande dei singoli individui. Per questo la coscienza della crisi di civiltà in cui siamo immersi non si risolve in passività ma trova nuovi terreni di impegno. Innanzitutto quello contro tutte le guerre, a difesa della Costituzione italiana e dei valori dell’antifascismo e a fianco del popolo palestinese che lotta per la libertà.
La foto con Yassir Arafat e Marwan Barghouti, che risale agli anni da deputato regionale, e che il professore mostra con orgoglio ai suoi ospiti, non è solo il pezzo forte di una grande collezione di ricordi ma rappresenta un impegno nella quotidianità e per il futuro.