Borrometi: ”In questo Paese uomini di Stato hanno tradito la missione a cui erano chiamati”
di Karim El Sadi - "Traditori", l'ultimo lavoro del condirettore dell'AGI Paolo Borrometi, sta facendo il giro delle librerie di tutta Italia. Il libro (ed. Solferino) è stato presentato domenica a Perugia in un evento speciale che ha visto la presenza dell’avocato Fabio Repici e della partecipazione di Salvatore Borsellino, fratello del magistrato Paolo Borsellino."Il titolo è una provocazione. Ci sono i traditori che hanno tradito la missione a cui erano chiamati, ma è anche una provocazione verso coloro i quali si sono voltati dall'altro lato”, ha spiegato Borrometi. “Ed è anche il modo per far comprendere che, se da un lato in questo Paese ci sono stati traditori, dall'altro ci sono i servitori dello Stato che hanno perso la vita proprio per combattere quella confusione, quelle trame terroristiche, eversive e poi mafiose". Il libro, infatti, è un racconto che segue il dipanarsi della storia, di strage in strage, dalla fine della Seconda Guerra Mondiale ad oggi. Borrometi ha ripercorso con efficacia alcuni degli episodi più gravi attraversati da anomalie e depistaggi: da Portella della Ginestra a via Fani, dall'Italicus al Rapido 904, da Bologna a Capaci e via d'Amelio, fino all'arresto di Matteo Messina Denaro.
Parlando dell'origine dell'alleanza tra mafia e lo Stato nascente, in concomitanza con lo sbarco americano durante la Seconda guerra mondiale, Borrometi ha sottolineato che "gli americani non avevano bisogno certamente della mafia, ma si sono serviti dei mafiosi per metterli a capo delle amministrazioni nascenti". "Ricordiamo che sull'atto di nascita della nostra Repubblica, la strage di Portella, che è la prima strage eversiva, ancora oggi c’è il segreto di Stato. E se c’è ancora il segreto di Stato, chiedetevi e chiediamoci perche’”, ha aggiunto ancora, ricordando che "a farla fu il bandito Giuliano la cui morte fu poi simulata in un conflitto a fuoco, che non ci fu mai, con i carabinieri. Lui invece fu ucciso dal suo braccio destro". Da lì "tutti i depistaggi che ci hanno accompagnato, purtroppo, fino alle stragi del '92 del '93 e alle ripetute mancate catture dei boss e alla presenza mafiosa in questo Paese che è sempre più forte da allora fino ad oggi”.
"Il filo rosso purtroppo rimane. Per un motivo semplicissimo, perché se noi partiamo dai tanti misteri che non hanno giustizia in una democrazia cosi' giovane come la nostra, tanti protagonisti sono ancora vivi o comunque sono vive le persone che hanno partecipato a quei depistaggi e quelle trame, ovviamente, si ripercuotono fino ad oggi”, ha ribadito Borrometi. "La mancanza di verità sulla strage di via d’Amelio, per esempio, è una mancanza di verità che si ripercuote anche in indagini che continuano”, ha aggiunto. "Il nostro sbaglio è che noi abbiamo sempre demandato tutto la magistratura, invece dovremmo comprendere che ci sono pagine di storia, giornalistiche, che non dobbiamo chiedere ai magistrati, ma che dobbiamo ricercare, anche con lo scavo, in documenti che sono presenti e che da allora a oggi, costituiscono un filo che a volte e' stato nero, a volte stato rosso, a volte è stato mafioso. A volte la politica lo ha strumentalizzato contro questa e quell'altra parte politica. Ma questo non è un libro contro qualcuno, è un libro per qualcosa, cioè per la verità”, ha concluso Borrometi.
Repici: “Traditrice è l’intera nazione”.
A seguire è stato il turno di Fabio Repici. L’avvocato che condivide con l’autore un rapporto di amicizia e una profonda stima ha sottolineato la capacitò di sintesi di Borrometi che in alcune centinaia di pagine ha riassunto alcune delle vicende più scabrose degli ultimi 80 anni d’Italia. Repici però ha detto di dissentire un po’ dal titolo. “Prendiamo ad esempio i servizi segreti. Spesso si parla di servizi deviati, cioè traditori. Ma se i traditori non sono una minoranza allora sono il corpo maggioritario”, ha affermato. “Se noi andiamo a vedere capitolo per capitolo questo libro, dallo sbarco degli alleati alle stragi fasciste di Stato ai grandi attentati di Cosa Nostra o delle organizzazioni mafiose del nostro Paese, l’azione degli organi di investigazione su quei crimini mi permette di lasciare in sospeso la risposta se ci siano stati davvero dei traditori o se il carattere patologico di una grossa porzione della nostra storia sia stato contaminato dal fatto che in realtà il cuore del potere di questa nazione ai miei occhi è deviato”. “E solo per questo - ha osservato il legale - chiamarlo traditore non so quanto sia lecito farlo sotto il profilo statistico”. Secondo Fabio Repici il libro di Borrometi “è la radiografia del potere esattamente per come si è squadernato nel corso degli 80 anni della nostra storia. Quindi dal mio punto di vista è una radiografia un po’ nera. Il libro ci racconta come questi temi criminali si sono composti, ricomposti ed evoluti nel solco della caduta del Muro di Berlino e delle evoluzioni mondiali”. Oltre che traditori, secondo Repici, “in questo paese la cifra ideologica è ciechi perché non vogliamo vedere”. “Ci mettiamo il prosciutto sugli occhi perché non abbiamo il coraggio di fare i conti con la realtà basterebbe guardare per vedere. Questo ci hanno insegnato i familiari vittime che non ringrazieremo mai abbastanza per il lavoro che hanno fatto perché si sono sobbarcati sulle spalle gli oneri che spettavano alle istituzioni e rispetto ai quali spesso hanno abdicato. Mi chiedo - ha concluso . perché non vengano riconosciuti senatori a vita e invece vengano riconosciuti uomini collusi con l mafia. A questo punto mi viene da pensare che traditore è stata l’intera nazione”.
L’amarezza di Borsellino: “Lo Stato è colpevole”.
Di questa linea è anche Salvatore Borsellino, intervento via streaming alla presentazione del libro.
“E’ l’intero Stato ad essere tradito, l’ultima sentenza, quella della Cassazione sulla Trattativa Stato-mafia dice assolti per non aver commesso il fatto, non perché il fatto non costituisce reato. La sentenza della Cassazione ci porta 30 anni indietro, ai tempi di Corrado Carnevale, anzi peggio, perché lui annullava in Cassazione le sentenze di mafia per delle virgole mentre questi giudici hanno emesso una sentenza tombale prescrivendo reati compiuti dalla controparte mafiosa”, ha osservato l’ingegnere. “Viene sancita la definitiva rinuncia dello Stato ad essere uno stato di diritto ed ad accertare la verità. Il nostro Stato non forse non è mai stato uno Stato di diritto. Siamo stati degli illusi a credere lo Stato potesse processare sé stesso”, ha affermato amaro il fratello del giudice Borsellino. “Perché il fatto c’è stato, i fatti ci sono e sono incontrovertibili. Ci sono state le stragi, il furto dell’agenda rossa, i depistaggi ma non ci sono i colpevoli. O meglio ci sono, ma sono dentro le stesse strutture di questo stato assassino e depistatore. E quindi, in quanto tali, sono intoccabili”. “Non può essere questo lo Stato per cui ha sacrificato la vita mio fratello”, ha commentato Salvatore Borsellino. “Io non ho mai creduto nella giustizia degli uomini, sono laico e quindi non posso confidare nemmeno in della di Dio. Non mi resta, nei pochi anni che mi restano da vivere, che una lotta disperata, solitaria, non per la giustizia per la quale ho lottato fino ad oggi ma per la verità e soltanto per la verità che continua ad essere occultata e vilipesa e negata dagli stessi assassini che mai potranno giudicare sé stessi”, ha dichiarato Salvatore Borsellino. “Dopo questa sentenza che ha sancito l’autoassoluzione dello Stato-mafia si è rafforzata dentro di me quella percezione che forse mai avevo voluto confessare a me stesso e che mi ha portato in questi anni a combattere per una giustizia che dentro di me sapevo non sarebbe mai arrivata: la verità può essere raggiunta ma la giustizia no”. “E da oggi - ha annunciato Borsellino - non mi sentirete più parlare di trattativa perché non si è trattato di trattativa ma di complicità tra la mafia e lo Stato che nel progettare e attuare le stragi hanno agito di concerto da complici quali sono sempre stati da Portella della Ginestra in poi e attraverso le tante tante stragi di Stato che hanno segnato il nostro Paese. Questa sentenza della Cassazione ha messo il sigillo definitivo tra mafia e Stato. Non ci sono colpevoli perché è lo Stato stesso, quello che dovrebbe amministrare la giustizia, ad essere colpevole. E lo Stato si autoassolve ed assolve anche i suoi complici, se questa è giustizia allora giustizia è fatta”, ha concluso Borsellino impugnando simbolicamente l’agenda rossa. Fonte: antimafiaduemila.com