di Leonardo Orlando - Barcellona - Reati prescritti ed in buona parte non procedibili d'ufficio per effetto della legge Cartabia, per 10 imputati coinvolti nell'inchiesta della Guardia di finanza sui furti di benzina avvenuti nel lontano giugno 2012 ad opera di dipendenti alla Raffineria di Milazzo. Il processo, dopo che sono trascorsi 11 anni dai fatti contestati, si è concluso soltanto adesso in primo grado dinanzi al giudice monocratico del Tribunale di Barcellona Silvia Maria Spina.
L'inchiesta che ha coinvolto i 10 operai della Raffineria, alcuni dei quali licenziati, era stata battezzata “Grande fratello” e ciò perché nei 30 giorni di monitoraggio effettuato dagli investigatori furono utilizzate telecamere per registrare prelievi avvenuti ritenuti illegali dal serbatoio n.54 dell'impianto petrolchimico.
Al giudice Silvia Maria Spina, non è rimasto altro che dichiarare di non doversi procedere nei confronti di tutti i 10 imputati per i 7 episodi classificati come furti aggravati (reati che non erano ancora prescritti) per assenza della condizione di procedibilità intervenuta con la legge Cartabia in quanto la Raffineria di Milazzo entro il termine del 30 marzo scorso (accordato per le norme transitorie dallo stesso giudice) non ha presentato la querela, essendo il reato di furto aggravato non più procedibile d'ufficio. Sono stati invece dichiarati prescritti altri 5 capi d'imputazione relativi a ipotesi di frode fiscale perché sono stati utilizzati prodotti petroliferi per i quali non sono state pagate le accise alle casse dello Stato, così come previsto dal Testo unico delle imposte sulla produzione e sui consumi. Infatti le riprese effettuate dalla Guardia di finanza avevano consentito di registrare 7 episodi di prelievi “anomali” di carburante che tal volta è stato riposto in fusti e bidoni; mentre in altre occasioni è stato riversato nei serbatoi di tre auto aziendali. Infatti a quanto pare per non destare sospetti – essendo vietato per motivi di sicurezza il prelievo di carburante – gli indagati avrebbero utilizzato tre auto aziendali come “cavallo di Troia” per prelevare la benzina che successivamente sarebbe stata travasata in altre auto private in aree dell'impianto poco visibili agli occhi indiscreti. Le modalità di rifornimento delle auto aziendali erano regolate da una circolare emanata per motivi di sicurezza, oltre che per evitare l'evasione fiscale delle accise che gravano sul costo finale della benzina che vanno a vantaggio dello Stato. Poi la lentezza del procedimento arenatosi per 11 anni ha causato le prescrizioni a cui si è aggiunta la riforma sul reato di furto non più procedibile d'ufficio.
Ad uscire di scena dal processo durato 11 anni, tra prescrizioni e improcedibilità per mancanza di querela della parte offesa, sono stati: Giuseppe Trifirò, 55 anni di Milazzo; Salvatore Pellegrino, 49 anni di Santa Lucia del Mela; Vincenzo Bertino, 42 anni di Milazzo; Salvatore Pirri, 35 anni di Furnari; Alexander Scalzo, 37 anni di San Filippo del Mela; Diego Celi, 55 anni di San Filippo del Mela; Giuseppe Puglisi, 51 anni di Barcellona; Mario Capone, 33 di San Filippo del Mela; Giovanni Caruso, 43 anni di Venetico; Stellario Russo, 41 anni di Torregrotta. Nella difesa sono stati impegnati gli avvocati Nino Aloisio, Sebastiano Campanella, Pinuccio Calabrò. Fonte: Gazzetta del Sud