CASSAZIONE CANCELLA CONDANNA A DUE ANNI ALL’APPUNTATO DEI CARABINIERI MOSCHINI
La Corte di Cassazione ha annullato senza rinvio la sentenza emessa il 10 luglio 2020 dalla corte d'appello di Messina nei confronti dell'appuntato dei carabinieri Francesco Moschini, 44 anni, all'epoca dei fatti in servizio al nucleo operativo e radiomobile della compagnia dei carabinieri di Milazzo. Non si conoscono i motivi dell'annullamento della sentenza. Ne dà notizia oggi il quotidiano Gazzetta del sud.
LA CONDANNA IN APPELLO.
I giudici della Corte d'Appello, presidente Francesco Tripodi, a latere Daria Orlando e Luana Lino, il 10 luglio 2020, in parziale riforma della sentenza di primo grado emessa il 23 luglio del 2019 dal Tribunale di Barcellona, aveva confermato la condanna – rideterminando la pena in 2 anni di reclusione, due mesi in meno rispetto alla condanna di primo grado – nei confronti dell'appuntato dei carabinieri Francesco Moschini, originario di Catania, all'epoca dei fatti in servizio al Nucleo operativo e radiomobile della Compagnia dei carabinieri di Milazzo. L'imputato era stato riconosciuto colpevole dei reati di abuso d'ufficio e stalking (atti persecutori) che sarebbero stati commessi nei confronti di una giovane donna di Milazzo, con la quale lo stesso carabiniere aveva intrattenuto una relazione. La riduzione di 2 mesi sancita dalla Corte d’Appello consenti' allo stesso appuntato di poter usufruire della sospensione condizionale della pena.
Per l'imputato, inoltre, difeso dagli avvocati Tommaso Calderone e Gaetano Pino, furono anche confermate le statuizioni civili che erano state decise in primo grado quando il carabiniere Francesco Moschini è stato condannato al risarcimento dei danni subiti dalla vittima, da liquidarsi in sede di causa civile, oltre alle spese legali e di giustizia, in quanto la donna si è costituita parte civile con gli avvocati Giuseppe Lo Presti e Francesco Pellegrino, che hanno patrocinato la difesa della vittima degli atti persecutori, anche nel processo in Corte d'Appello conclusosi ancora una volta con il riconosciuto dei reati originari di abuso d'ufficio e stalking che sarebbero stati commessi nei confronti della donna con la quale lo stesso carabiniere aveva intrattenuto una relazione sentimentale poi degenerata. La vicenda che in corso di indagini aveva portato il 29 novembre del 2018 all'arresto dell'appuntato, al quale successivamente è stato applicato l'obbligo di dimora a Catania ed il divieto di avvicinamento alla vittima, è emersa a seguito di un'intercettazione telefonica captata nell'ambito di altro procedimento, in cui gli investigatori ascoltavano un dialogo tra un appuntato dell'Arma dei carabinieri, il quale conversando con un sottufficiale in servizio al Nucleo operativo di Milazzo, faceva riferimento a condotte delittuose riconducibili al carabiniere indagato. Fatti che sarebbero stati commessi contro la donna anche durante il servizio, per questo gli fu contestato l'abuso d'ufficio.
L'ARRESTO NEL 2018, TUTTI I DETTAGLI.
I carabinieri del Reparto operativo provinciale di Messina, su ordine del Gip del Tribunale di Barcellona, avevano eseguito il 30 ottobre 2018 un'ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari nei confronti di un appuntato dei carabinieri in servizio al Nucleo operativo radiomobile della Compagnia di Milazzo, Francesco Moschini, 40 anni. Il militare dell'Arma fu accusato dei reati di estorsione, rapina, abuso d'ufficio e stalking nei confronti di una donna di Milazzo, con la quale avrebbe intrattenuto una relazione sentimentale successivamente degenerata per questioni di interessi economici. A chiedere ed ottenere la misura cautelare il Sostituto Procuratore Sarah Caiazzo. La vicenda è emersa a seguito di un'intercettazione telefonica captata nell'ambito di altro procedimento, in cui gli investigatori ascoltavano un dialogo tra un appuntato dell'Arma dei carabinieri, il quale conversando con un sottufficiale in servizio al Nucleo operativo radiomobile di Milazzo, faceva riferimento a condotte delittuose riconducibili al carabiniere indagato. A seguito di ciò, le indagini hanno consentito di stabilire che il militare dell'Arma, in tempi diversi, al fine di trarne profitto, dopo aver ottenuto l'erogazione, a titolo di prestito, da parte di una donna di Milazzo, dell'importo di 9.000 euro per l'acquisto di una Audi A5 e dell'importo di 500 euro per raggiungere la concessionaria a Torino per ritirare l'autovettura, nonché dopo aver richiesto, sempre alla stessa donna e sempre a titolo di prestito, di sottoscrivere a suo nome una polizza assicurativa ed a pagarne il relativo premio per un importo di 1.200 euro, minacciava la stessa. Alla vittima sarebbero state rivolte espressioni inequivocabili: “adesso glielo faccio fare io un giro a tuo figlio; ti sparo a te ed a tuo figlio e poi ai tuoi fratelli te li metto nel pozzo. Ti schiaccio la testa”. Con questo atteggiamento, l'indagato avrebbe costretto la donna a desistere dal richiedere e, di conseguenza a non ottenere, la restituzione di quanto versato a titolo di prestito. Fatto questo, avvenuto tra agosto e settembre 2016, aggravato perché commesso all'interno dell'abitazione della persona offesa ed in violazione dei doveri inerenti una funzione ed un pubblico servizio. Al militare si contestava, inoltre, il reato di abuso d'ufficio in quanto, in violazione delle norme in materia di identificazione di polizia di sicurezza, omettendo di astenersi in presenza di un interesse proprio, durante un posto di controllo effettuato a Torregrotta il 27 marzo 2016, dopo aver proceduto alla identificazione della donna (allo stesso precedentemente legata da una relazione sentimentale) mentre questa si trovava sulla pubblica via intente a parlare con un'altra persona, invitava la stessa vittima presso un bar del luogo, nel quale avveniva il controllo per il ritiro dei documenti, motivando in quella sede che lo stesso veniva effettuato con la seguente affermazione: “anche se la nostra storia è conclusa, voglio sapere chi frequenti”. In ultimo, all'appuntato, per fatti avvenuti fino al 31 maggio scorso, si contestava il reato di stalking. Infatti, il carabiniere, venuto a conoscenza che la sua ex era stata convocata al Comando provinciale per essere interrogata, contattava ripetutamente la stessa per telefono e via email al fine di ottenere informazioni sui motivi del suo interrogatorio, mettendo in atto una serie di pressioni per ottenere dette informazioni.