Operazione Dinastia: 12 condanne. Trent’anni a Mirabito, 22 a Doddo, 17 e mezzo a Catalfamo, 16 anni e 8 mesi a Turiano e Filippo Torre
Si chiude con 12 condanne, alcune parecchio dure, e 7 assoluzioni, più una prescrizione, il processo di primo grado per i venti riti ordinari della maxi inchiesta “Dinastia”. La sentenza è stata letta - come scrive oggi Gazzetta del sud nel dare la notizia - nel tardo pomeriggio di ieri da parte del Tribunale di Barcellona presieduto dal giudice Antonino Orifici e composto dalle colleghe Noemi Genovese e Mariacristina Polimeni.
Si tratta del procedimento scaturito dall’operazione antimafia portata a termine all’alba del 28 febbraio 2020 dai carabinieri del Ros e delle Compagnie di Barcellona e Milazzo ed estesa anche a Terme Vigliatore e alle isole Eolie. Le accuse variavano dal concorso in associazione mafiosa per alcuni al favoreggiamento per reati di mafia, e per altri ancora invece l’accusa era quella di associazione finalizzata allo spaccio di sostanze stupefacenti.
Al centro oltre alle estorsioni anche un florido traffico di cocaina, hashish e marijuana, nell’area tirrenica e alle Eolie. Uno smercio in grande stile che avveniva anche utilizzando i social network e un codice per evitare di finire intercettati. La denominazione “Dinastia” attribuita all’inchiesta è stata originata della cospicua presenza tra le nuove leve della criminalità organizzata dei “rampolli” delle più note famiglie mafiose di Barcellona Pozzo di Gotto.
La sentenza
Ecco le decisioni dei giudici. Le dodici condanne: Alessio Catalfamo, 17 anni e 6 mesi; Duilio Francesco Doddo, 22 anni; Tindaro Giardina, 10 anni; Antonino Iacono, 8 anni e 6 mesi; Simone Mirabito, 30 anni (la pena più alta); l’albanese Edmond Ndoj, 12 anni; Vincenzo Nucera, 4 anni; Vincenzo Rosano, 6 anni e 8 mesi; Andrea Sgroi, un anno e 6 mesi; Filippo Torre, 16 anni e 8 mesi; Salvatore Torre, 6 anni; Francesco Turiano, 16 anni e 8 mesi. In sette sono stati assolti dalle varie accuse contestate con le formule “per non aver commesso il fatto” o “perché il fatto non sussiste”. Si tratta di Antonino Chiofalo, Mauro Di Bella, Marco Formica, Luciano Fugazzotto, Sebastiano Salicola, Giuseppe Torre e Roberto Torre. La prescrizione del reato contestato è stata poi dichiarata per Cristina Di Salvo, così come del resto aveva richiesto l’accusa al termine della requisitoria. Anche alcuni degli imputati condannati hanno usufruito in sentenza di assoluzioni parziali e dichiarazioni di prescrizione per alcuni capi d’imputazione.