Dipendenti in pensione “forzata”, l’Atm attacca i sindacati: “10 sentenze su 11 ci danno ragione”
Messina – “I sindacati mentono: 10 pronunce dei giudici su 11 hanno dato ragione all’Atm”. Immediata la replica dell’Azienda alla notizia diffusa dalle organizzazioni sindacali in merito al reintegro di un lavoratore posto in pensione anticipata al compimento del 62° anno di età (lavori usuranti). Atm è intervenuta con una nota “per evidenziare che Filt Cgil, Uiltrasporti, Faisa, Ugl e Orsa, che hanno diffuso la notizia, hanno omesso di segnalare alla stampa ed alla cittadinanza messinese che dal 2020 ad oggi, ovvero da quando l’Azienda, coerentemente con il sistema normativo di settore a tutela del ‘personale viaggiante’, ha posto in quiescenza i lavoratori al compimento del 62° anno di età ed in presenza dei requisiti pensionistici come per legge, sono stati presentati in totale 13 ricorsi al Tribunale del Lavoro di Messina. Di questi 13 ricorsi, dieci sono stati decisi dal Tribunale sia in prima istanza che in sede di reclamo, riconoscendo la piena legittimità dell’operato dell’Azienda – viene sottolineato in una nota dall’Atm – in coerenza con l’orientamento giurisprudenziale delineato dalla Suprema Corte di Cassazione a Sezioni unite, che, con la Sentenza 17589/2015, cui sono seguite numerose pronunce a sezioni semplici, ha indicato che la prosecuzione del rapporto di lavoro oltre l’età pensionabile di vecchiaia possa avvenire solo a seguito di uno specifico accordo con il datore di lavoro, condannando in tutti i casi i lavoratori anche alle spese dei giudizi. In particolare, il Tribunale del Lavoro di Messina aveva espresso in modo uniforme e fino al mese di dicembre 2021, il principio di diritto che “la prosecuzione del rapporto di lavoro oltre il limite previsto dai vari ordinamenti per il pensionamento non formi oggetto di un diritto del lavoratore, presupponendo sempre il consenso dell’azienda”.
Due giudizi ancora pendenti
Due giudizi sono ancora pendenti e saranno trattati nei prossimi mesi, mentre quello di cui hanno dato notizia oggi i sindacati, è stato deciso dallo stesso Tribunale del Lavoro di Messina in favore del lavoratore, richiamando e facendo proprio un nuovo orientamento giurisprudenziale a sezione semplice del maggio 2021, in virtù del quale, il Tribunale discostandosi da quanto deciso anche successivamente al mese di maggio 2021 e fino al dicembre 2021, ha ritenuto che in presenza della richiesta del lavoratore a permanere in servizio, l’Azienda non potesse avviarlo alla pensione anticipata.
Atm difende il suo operato
L’Azienda, pertanto “ribadisce che il proprio modus operandi è stato sempre improntato al pieno rispetto delle leggi che regolano la materia e che lo stesso modus operandi ha avuto fino a quest’ultima pronuncia il pieno riconoscimento di legittimità da parte dei Magistrati della Sezione Lavoro del nostro Tribunale. Ovviamente – si legge nella nota – non spetta ad Atm commentare le pronunce del Tribunale, ma osservarle, per cui darà corso e terrà conto di quanto stabilito dai giudici, riservando di interporre reclamo al provvedimento, al fine di avere chiaro il principio di diritto cui uniformare la propria attività per il futuro, anche per rispetto di quei lavoratori che in costanza del precedente orientamento giurisprudenziale si erano visti respingere il proprio ricorso. Atm, comunque, non può sottacere il proprio stupore per la strumentalizzazione messa in atto dalle sigle sindacali Filt Cgil, Uiltrasporti, Faisa, Ugl e Orsa, che colgono spunto anche da un evidente questione giuridica talmente controversa da essere finita tantissime volte in Cassazione e rispetto alla quale gli stessi giudici sono stati chiamati a modificare più volte il proprio orientamento, per attaccare i vertici aziendali anche sulla pelle e sull’incertezza proprio dei lavoratori messinesi.
“Strumentalizzazione inaccettabile”
E’ inaccettabile, infine, che i sindacati affermino che l’Azienda soccombe sistematicamente quando si ricorre alla giustizia ordinaria per tutelare i diritti dei lavoratori” o, ancora, che “i continui richiami sindacali supportati da precedenti sentenze analoghe, hanno finito per creare un possibile danno erariale all’azienda pubblica aprendo la strada ad altri analoghi ricorsi”, allorquando la verità che risulta scritta nelle pronunce dei giudici dice che tutti i ricorsi fino a questo momento proposti su questa vicenda (10 su 11 decisi) sono stati tutti rigettati dall’Autorità giudiziaria con la condanna alle spese dei lavoratori”.