Nomi – Vasto giro di prostituzione a Messina, chiuse le indagini: 23 indagati, 16 capi d’imputazione
Un’estesa attività di prostituzione tra la città e la provincia portata alla luce dai carabinieri del Nucleo operativo della Compagnia di Messina Centro. Gli investigatori, guidati dalla comandante Alice Candelli, avevano consegnato una dettagliata informativa alla Procura di Messina e adesso l’ufficio inquirente di Palazzo Piacentini ha emesso un avviso di conclusione delle indagini preliminari a firma dei sostituti Giovannella Scaminaci, Roberto Conte e Marco Accolla. La notizia è pubblicata da Gazzetta del Sud, che pubblica tutti i nomi degli indagati. Ventitré i destinatari: Alberto Calapai, messinese di 33 anni; Giuseppe Calapai, messinese di 39 anni; Riccardo Calapai, 41 anni, di Messina; Giuseppe Di Giuseppe Taormina, 61 anni, di Giardini Naxos; Giovanni Di Vincenzo, 63 anni, originario di Rionero Sannitico, in provincia di Isernia; Giovanni Forestieri, messinese di 33 anni; Francesco Gemelli, 42 anni, nato a Messina; Marco Giudice, 42 anni, di Lentini; Emanuele Giuliano, 56enne messinese; Marco Malta, messinese di 39 anni; Salvatore Mastroeni, 52 anni, di Messina; Gabriele Molica, 61 anni, messinese; Giuseppe Paino, 38 anni, originario di Lipari; Cosimo Pantè, 44 anni, di Messina, Anna Portinaio, 61 anni, originaria di Napoli; Stelian Sebastian Ruge, 42 anni, romeno; Giuseppe Salvadore, 44 anni, nato in Svizzera; Simone Sciuto, 39 anni, nato a Messina; Antonino Silvestri, 46 anni, nato a Messina; Maurizio Spadaro, 56 anni, nato a Messina; Giampiero Strano, 36enne di Piedimonte Etneo; Antonino Tedeschi, 48 anni, di origini catanesi; Bettania Elizabeth Urena, 51enne originaria della Repubblica Dominicana.
Le loro condotte sono cristallizzate in sedici capi d’imputazione, in base a cui Spadaro avrebbe «favorito e sfruttato la prostituzione» di una decina di donne straniere, in gran parte dominicane, «mettendo a disposizione» un’unità immobiliare di piazza Duomo «e fornendo alle stesse assistenza (logistica, alimenti, ricariche telefoniche e postepay) con la piena consapevolezza» che vendessero il proprio corpo «e riscuotendone l’affitto a prezzi notevolmente superiori ai canoni di mercato», sapendo che «il denaro, quale corrispettivo della locazione, era il provento, in tutto o in parte» dell’attività di meretricio. Con l’aggravante «di aver commesso il fatto ai danni di più persone». Ai tre Calapai contestato lo stesso reato, per «aver messo a disposizione unità immobiliari in piazza Duomo e via Duca degli Abruzzi». In questo caso, le “squillo” erano di nazionalità colombiana e venezuelana.