FIUMI DI DROGA TRA CATANIA, TAORMINA E GIARDINI NAXOS. SCOPERTA ORGANIZZAZIONE CRIMINALE: 16 ARRESTI
Militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Messina, nell’ambito di articolate attività di indagine coordinate dalla Procura della Repubblica di Messina – Direzione Distrettuale Antimafia (Todaro e Frada' i pm), hanno dato esecuzione ad un’ordinanza emessa dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale peloritano Monia De Francesco, con cui è stata disposta la custodia cautelare in carcere nei confronti di 16 persone, sottoposte ad indagine, a vario titolo, per associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti.
I NOMI.
I nomi delle sedici persone indagate sono Maurizio Cipolla, Giuseppe Ragusa e Stefano Panarello di Taormina; Giuseppe Ferro, Roberto Spina, Alessandro Maccarone, Carmelo Pelleriti di Giardini Naxos; Anna Franco di Gaggi, Settimo Manera di Tortorici, Alessandro Marino di Catania, Dahab (detto Debby) Menzouli originario del Marocco; Cristian Santapaola di Tremestieri Etneo, Sebastiano Torrisi di Aci Sant’Antonio, Giuseppe Borzì di Tremestieri Etneo, Rosario Costanzo di Calatabiano, Lucio Giovanni Faro di Viagrande.
IL PENTITO.
L’attività investigativa, sviluppata dagli specialisti del Gruppo Investigazioni Criminalità Organizzata del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Messina, trova la sua genesi nelle dichiarazioni rese da un collaboratore di giustizia (Carmelo Porto, arrestato nel 2019, che ha indicato in Costanzo il referente del clan Santapaola a Giardini Naxos) le quali, sottoposte al rigoroso vaglio delle indagini di polizia giudiziaria, hanno permesso di fare piena luce sull’attuale operatività di un articolato gruppo criminale, vicino a strutturati ambienti di Criminalità Organizzata, anche di matrice mafiosa, da tempo operante tra le province di Catania e Messina, sistematicamente dedito all’approvvigionamento e successiva commercializzazione di considerevoli partite di sostanze stupefacenti del tipo marijuana e cocaina.
CHI E' CARMELO PORTO.
Carmelo Porto, per anni reggente del clan Cintorino a Calatabiano, dopo aver militato a lungo agli ordini di Giovanni Cintorino e del fratello Antonino Cintorino, detenuto all’ergastolo al 41 bis, già alleato con Salvatore Cappello, ha deciso nel 2019 di collaborare con la giustizia. E le sue dichiarazioni sono state fondamentali in questo blitz.
LE INTERCETTAZIONI.
Più nel dettaglio, all’esito di mirate attività tecniche di intercettazione telefonica, ambientale e di video-sorveglianza, rese particolarmente difficoltose dall’utilizzo di comunicazioni triangolari, criptiche ed in codice, ovvero attraverso sistemi di messaggistica istantanea, si acquisiva alle indagini come il gruppo investigato, anche durante la vigenza delle restrizioni dovute all’emergenza epidemiologica e nel periodo del lockdown, risultasse tra i più agguerriti e rodati tra quelli operanti sulla fascia jonica della provincia messinese.
Forte di documentate contiguità al clan mafioso catanese dei CINTORINO, emergeva come il gruppo oggi destinatario di custodia cautelare in carcere vantasse legami solidi con fornitori di narcotico operanti nella provincia etnea, parimenti contigui a noti clan mafiosi locali, quali i LAUDANI e i CAPPELLO, di qui la capacità di introdurre e consegnare, ai membri del sodalizio indagato, anche in piena pandemia, importanti partite di sostanze stupefacenti.
NULLA UNISCE PIU' DEL CRIMINE...
In tal senso, secondo ipotesi d’accusa, era proprio il redditizio mercato dello stupefacente il collante che, a seguito dell’arresto dei capi storici dei clan mafiosi CINTORINO e LAUDANI, portava i rispettivi membri di seconda linea, operanti sul territorio peloritano, a trovare forme di sinergica collaborazione criminale, anche dando vita a taciti accordi per finanziare le casse delle rispettive organizzazioni criminali, così superando anche storiche rivalità.
Sul punto, si documentavano numerosissime cessioni di stupefacente, del tipo cocaina e marijuana, a Catania e a Giardini Naxos, quest’ultima nota per essere una rinomata località turistica del messinese, particolarmente frequentata nel periodo estivo; in particolare, si raccoglievano numerosi indizi ed elementi di prova nei confronti dei soggetti ritenuti promotori, organizzatori, finanziatori e partecipi dell’illecito traffico, alcuni dei quali resisi responsabili anche dei reati di cessione, detenzione e porto abusivo di armi, comunque ritenuti dal competente Giudice - fate salve eventuali diverse valutazioni nei successivi gradi di giudizio - caratterizzati da profili di gravità indiziaria.
Nel merito, nel corso delle indagini, tra l’altro, venivano eseguiti numerosi riscontri e arresti, senza che venisse minimamente intaccata l’incessante, e lucrosa, attività degli indagati i quali, mai domi, proseguivano negli illeciti traffici, organizzando continui approvvigionamenti di ulteriori partite di droga da destinare alla rivendita: emblematica l’affannosa ricerca di mezzi sempre più sofisticati per garantirsi il buon esito dei viaggi dei corrieri via via individuati, quali servirsi di bidoni di candeggina, per confondere l’olfatto dei cani antidroga, ovvero per occultare lo stupefacente, servendosi di appositi nascondigli sulla pubblica via, conosciuti ai soli pusher dell’organizzazione.
In conclusione, l’odierna attività investigativa costituisce ulteriore riprova della rilevanza attribuita alla specifica e grave fenomenologia criminale dalla Direzione Distrettuale Antimafia e dalla Guardia di Finanza di Messina, vieppiù quale principale forma di finanziamento di strutturate organizzazioni criminali in un territorio, quale quello della provincia messinese, di evidente rilevanza strategica non solo per essere la porta d’ingresso della Sicilia, ma anche quale remunerativa piazza di spaccio per la presenza di rinomate località turistiche.