La sentenza: Bancarotta della clinica “Santa Rita”. 4 anni e mezzo all’ex assessore Pizzo e a Grazia Romano
L’ex assessore regionale ai Trasporti in quota Udc Giovanni Pizzo, è stato condannato nella serata di ieri dai giudici della prima sezione penale del tribunale presieduta dal giudice Adriana Sciglio a quattro anni e sei mesi di reclusione per la bancarotta fraudolenta della Clinica Santa Rita, in qualità di amministratore del complesso medico di cura. Stessa pena è stata decisa per l’altro amministratore imputato, Grazia Romano. Lo scrive Gazzetta del Sud nell’edizione di oggi.
Entrambi in sentenza sono stati dichiarati “interdetti dai pubblici uffici per la durata di anni cinque” e “inabilitati all’esercizio di un’impresa commerciale ed incapaci ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa per la durata di anni quattro e mesi sei”. La condanna si riferisce solo alle cosiddette “condotte distrattive” per complessivi 704mila euro, ovvero la somma che secondo l’accusa - ieri in aula c’era il pm Francesca Bonanzinga, aveva chiesto una serie di condanne -, avrebbero distratto dalle casse della clinica privata.
Nel procedimento, il cui rinvio a giudizio risaliva al 2016, erano coinvolti attraverso il mancato controllo economico-finanziario anche i rappresentanti del collegio dei sindaci che si sono succeduti nel tempo, ovvero i professionisti Concetto Russo, Paola Moschella, Carolina Caminiti e Pietro Cirrincione.
Le accuse erano però diversificate e sono stati tutti assolti.
Nel dettaglio Russo, Moschella, Caminiti, in relazione alla distrazione dei 704mila euro (per cui hanno subito condanne Pizzo e Romano), sono stati scagionati con formula piena, ovvero "per non aver commesso il fatto", e poi lo stesso Pizzo, Cirrincione, Russo e Caminiti sono stati scagionati da un'altra distrazione di somme per 731mila euro con la formula "perchè il fatto non sussiste".
L'ex assessore Pizzo ha registrato anche un'altra assoluzione parziale, quella del "capo B" legata alla omessa tenuta dei libri contabili e altri adempimenti fiscali, con la formula "perchè il fatto non sussiste".
Il collegio difensivo che li ha assistiti in questa lunga vicenda giudiziaria è stata composta dagli avvocati Barone, Giannone, Scillia, Cambria e Loiacono.
Nell'ormai lontano 2011 l'Asl 5 di Messina sospese l'attività della casa di cura denominata "Clinica S. Rita", per criticità sotto il profilo igienico, organizzativo e assistenziale. Poi si registrò anche il fallimento della società che gestiva la struttura, che in quel momento aveva accumulato una forte esposizione debitoria per milioni di euro. Iniziò così la fase critica dei lavoratori, qualche altro imprenditore del settore sanitario si fece avanti per rilevarla e ricollocare i dipendenti, ma nel 2014 arrivò la revoca definitiva dell'accreditamento regionale tra le case di cura abilitate. Poi, dopo la relazione in Procura della curatela fallimentare, venne istruito il procedimento per bancarotta fraudolenta che si è concluso in primo grado ieri sera.