RIFLESSIONI SULLE ELEZIONI REGIONALI: VINCE L’ASTENSIONISMO, UNA LEZIONE ALLA “POLITICA”
di Michele Bisignano - Quella che doveva essere l'occasione di un confronto sulle proposte per innovare l'istituzione Regione Siciliana (che risente di una intelaiatura statutaria ormai datata, alla luce anche della prossima attuazione delle Autonomie Regionali Differenziate), e di conseguenza, sui programmi e sulle proposte per la ripresa di una realtà territoriale che non ha saputo sfruttare la sua collocazione geopolitica, non è stata adeguatamente utilizzata; sia per la concomitanza delle elezioni nazionali, che ha catalizzato l'attenzione dell'opinione pubblica, sia perché sono emersi aspetti di un confronto-scontro, dai toni eccessivamente personalistici, che ha fatto passare in secondo piano le “idee propositive”.
Di conseguenza non si è pensato a far comprendere in quale scenario, per altro in continua evoluzione, si stesse svolgendo la competizione elettorale, per la scelta di una nuova governance “regionale”, che si è però sempre basata su un duopolio Presidenza della Regione e Assemblea Regionale, spesso conflittuale.
Uno scenario che vede gradualmente il passaggio dalla globalizzazione “totalizzante” ad una sorta di “glocalizzazione”, cioè di territori locali che costituiscono sistemi e sottosistemi che vanno a modificare gli assetti precostituiti, e che mirano a raccordarsi e collegarsi sempre più fra di loro sul piano sociale, economico e culturale.
Ed in tale contesto andrebbero rimeditati i termini come “regioni”, pensando a modifiche strutturali dei loro sistemi politico-istituzionali.
Ma nulla di tutto ciò, né di altri aspetti di “macropolitica”, si sono riscontrati nelle varie proposte politiche formulate; anche se possono essere apprezzabili i riferimenti ad una visione più ampia di prospettica, che tiene conto della Sicilia al centro del Mediterraneo con un potenziale ruolo importante in una prospettiva quantomai opportuna EURO-AFRO-MEDITERRANEA.
Ma oltre a queste considerazioni, sganciate dal “quotidiano”, le elezioni regionali ci hanno consegnato un dato incontrovertibile e su cui tutti coloro che credono realmente in una democrazia fondata sulla partecipazione dei cittadini dovrebbero riflettere in una maniera più approfondita.
Perché, così come in occasione delle elezioni regionali del 2012 e del 2017, la maggioranza dei cittadini e delle cittadine siciliani aventi diritto al voto non si è recata alle urne, nella misura del 52%.
E' evidente come di fronte a questi dati reiterati si sia in presenza di una profonda crisi di credibilità non solo dei vari soggetti politici, ma della stessa istituzione Regione così come è andata strutturandosi, e che viene vista come “un centro di potere autoreferenziale”, e dell'istituto autonomistico che in Sicilia ne costituisce il fondamento.
E difatti la maggior parte degli astenuti dichiarano di farlo perché hanno perso la fiducia nell'istituzione regionale sia nel suo modo di essere e di raffigurarsi, che nella sua capacità di incidere sulla realtà.
Una disaffezione che si va sempre di più ampliando, anche a causa dell'eccessiva personalizzazione delle proposte politiche.
Elemento che si è enfatizzato in questa ultima competizione, all'insegna di una violenza verbale e di un odio sociale senza pari, senza che si fosse pensato alle conseguenze di una possibile profonda frattura civile in un contesto caratterizzato da forti tensioni e conflitti sociali.
Può apparire quindi, alla luce di tali considerazioni, fuori contesto, anche se quantomai attuale, quella necessaria riacquisizione di un'etica sia laica che religiosa, richiamata spesso, ma fino ad ora invano, in alcuni scritti ed esortazioni di Jorge Mario Bergoglio, che rimane il più sensibile ed avvertito “politico”di questo strano Paese Italia, e non solo.