Processo Cucchi, condannati per depistaggi gli otto carabinieri indagati. La pena più alta a Casarsa, 5 anni
Un altro pezzo della storia di Stefano Cucchi è stato scritto. Per la prima volta una sentenza ha certificato ciò che alcuni carabinieri hanno fatto per occultare quanto accaduto la notte tra il 15 e il 16 ottobre del 2009 nella caserma Casilina.
Il generale Alessandro Casarsa, all'epoca dei fatti comandante del Gruppo Roma, è stato condannato a 5 anni di carcere. Il colonnello Francesco Cavallo dovrà invece scontare 4 anni di reclusione. Il tribunale di Roma ha anche condannato l'ex comandante della compagnia di Montesacro Luciano Soligo e il carabiniere Luca De Cianni, che dovranno scontare rispettivamente 4 anni e 2 anni e 6 mesi di carcere.
E poi c'è l'allora comandante della quarta sezione del Nucleo Investigativo, Tiziano Testarmata, condannato a 1 anno e 9 mesi di carcere. Un anno e tre mesi dovrà invece scontarli Francesco Di Sano (il carabiniere scelto che prestava servizio alla stazione dei carabinieri Tor Sapienza). E anche Lorenzo Sabatino (ai quei tempi comandante del Reparto Operativo, poi da settembre 2018 ad agosto 2021 comandante provinciale a Messina) dovrà scontare 1 anni e 3 mesi di carcere. E ancora Massimiliano Colombo Labriola (Luogotenente ed ex comandante della stazione di Tor Sapienza), condannato a 1 anni e 9 mesi di reclusione.
Il tentativo di depistare le indagini sulla morte di Cucchi si è schiantato contro la sentenza appena emessa dal giudice romano Roberto Nespeca: gli otto carabinieri, praticamente un'intera catena di comando, sono stati condannati a scontare complessivamente 22 anni di carcere.
Le richieste
Con la requisitoria il pubblico ministero Giovanni Musarò aveva chiesto l'affermazione della penale responsabilità e la condanna di tutti e 8 gli imputati. Al generale Alessandro Casarsa sono stati chiesti 7 anni. Cinque anni e mezzo sono stati sollecitati invece per Francesco Cavallo, cinque anni per Luciano Soligo e per Luca De Cianni; quattro anni per Tiziano Testarmata. Per Francesco Di Sano sono stati sollecitati 3 anni e tre mesi, tre anni per Lorenzo Sabatino e un anno e un mese per Massimiliano Colombo Labriola. L'accusa aveva chiesto inoltre l'interdizione perpetua dai pubblici uffici per Casarsa, Cavallo, De Cianni e Soligo mentre per Di Sano, Sabatino e Testarmata l'interdizione per cinque anni.
Ilaria Cucchi: "Sotto shock. Anni di vita distrutti"
"Sono sotto shock. Non credevo sarebbe mai arrivato questo giorno. Anni e anni della nostra vita sono andati distrutti, ma oggi ci siamo e le persone che sono stati la causa, i responsabili, sono stati condannati", ha detto Ilara Cucchi immediatamente dopo la lettura del dispositivo con cui i militari dell'Arma sono stati condannati
Le indagini che tre giorni fa hanno portato la Cassazione a condannare a 12 anni di carcere i carabinieri che hanno ucciso di botte il ragazzo romano, Alessio Di Bernardo e Raffaele D'Alessandro, sono andate avanti nonostante i falsi, i favoreggiamenti, le calunnie e le mancate denunce.
Una sentenza storica
La sentenza è importante. Perché racconta, per usare le parole del sostituto procuratore Giovanni Musarò, di come "un intero Paese è stato preso in giro per sei anni" attraverso "un'attività di depistaggio ostinata, che a tratti definirei ossessiva". I tentativi di offuscare le indagini sarebbero continuati fino "al febbraio 2021".
Ci sono state annotazioni di servizio falsificate, registri sbianchettati, prove "dimenticate" e testimoni ingiustamente accusati. Anche Stefano Cucchi è stato infangato, quando ormai non poteva più difendersi, visto che è stato detto che il ragazzo si sarebbe "anche auto lesionato sbattendo più volte il viso a terra e al muro in cella", sostiene l'accusa.
"Depistaggi portati avanti scientificamente"
È stata "organizzata un'attività di depistaggio che viene portata avanti scientificamente", ha detto il pm nella sua requisitoria.
All'indomani della morte di Cucchi, nel 2009, hanno modificato le relazioni di servizio. E anche dopo anni, quando il caso nel 2015 è stato riaperto, c'è stato un tentativo di ostacolare le indagini "dimenticando" le prove che avrebbero dimostrato ciò che era accaduto anni prima.
Le indagini dei carabinieri
Un'attività che non è bastata a fermare la verità. E che adesso ha portato alla condanna di chi, quella verità, ha tentato di nasconderla. Il tutto anche grazie alle indagini condotte dall'Arma dei carabinieri sui loro stessi colleghi, che hanno, secondo la sentenza, infangato la divisa. E per questo motivo lo stesso comando generale si è costituito come parte civile.
«La sentenza odierna del processo che ha visto imputati otto militari per vicende connesse con la gestione di accertamenti nell'ambito del procedimento 'Cucchi-ter', riacuisce il profondo dolore dell'Arma per la perdita di una giovane vita. Ai familiari rinnoviamo - ancora una volta - tutta la nostra vicinanza. La sentenza, seppur di primo grado, accerta condotte lontane dai Valori e dai principi dell'Arma». È quanto sottolinea il Comando generale dell'Arma, ribadendo il «fermo e assoluto impegno» ad agire sempre «con rigore e trasparenza» specie nei confronti dei propri appartenenti.