È Marcello Viola il nuovo procuratore di Milano
È Marcello Viola, come le previsioni suggerivano, il nuovo procuratore di Milano. Un Csm comunque spaccato nomina il procuratore generale di Firenze al vertice del Palazzo scosso da polemiche, conflitti e denunce tra magistrati. Viola è in magistratura dal 1981, nella sua lunga carriera è stato tra l’altro pm a Palermo, poi procuratore a Trapani, fino ad approdare alla procura generale di Firenze, che ha diretto dal 2016.
Al Plenum prevale infatti la proposta di Viola con 13 voti a favore, contro i 6 per l’aggiunto di Milano Maurizio Romanelli e i 3 per Giuseppe Amato, procuratore di Bologna. Tre gli astenuti (il primo presidente Curzio, il Pg Salvi e il togato Marra). Breve ma amara la discussione, che ha ripreso la vicenda dell’hotel Champagne – le intercettazioni a carico di Palamara – in cui si faceva riferimento a Viola, poi risultato estraneo ai fatti.
Dopo le relazioni del presidente della quinta commissione Antonio D’Amato (Mi, per Viola), del consigliere Michele Ciambellini (Unicost, per Amato) e della togata Alessandra Dal Moro (Area, per Romanelli), il breve dibattito si è concentrato su due temi: la necessità “di una discontinuità a Milano”, come sottolineato dal consigliere Nino Di Matteo (Autonomia & Indipendenza) “per una Procura in cui addirittura non si parlano neanche tra loro”; e la vicenda delle intercettazioni all’hotel Champagne, risalenti alla primavera del 2019 con l’esplosione dell’inchiesta a carico diLuca Palamara, e le pressioni da cui emerse il favore dell’allora consigliere, oggi radiato dalla magistratura, per la nomina di Viola al vertice della Procura di Roma. È il consigliere Giuseppe Cascini, di Area, a rimettere il dito in quella che resta una piaga, per lo stesso Consiglio (5 consiglieri furono costretti a dimettersi, sono stati sanzionati). “Lo so che a nessuno piace ricordarlo, ma lo abbiamo qui negli atti allegati: in una conversazione tra Forciniti e Palamara si diceva che Viola fa tutto quello che dice Cosimo (ossia Cosimo Ferri, già sottosegretario alla Giustizia con Renzi e oggi deputato di Iv, ndr). Io non ho nessun elemento per dire che questo sia vero, ma non posso fare finta che non sia avvenuto. Noi qui discutiamo ogni giorno di incolpevoli lesioni inferte al principio di imparzialità e indipendenza della magistratura”. Una lettura alla quale si oppongono con forza D’Amato, e in particolare Di Matteo, ricordando che Viola non può essere “vittima per sempre di un episodio di cui non è stato protagonista, visto che mai sono emersi non dico rapporti significativi ma reali contatti tra Viola e le altre figure citate”. Dal Moro, tuttavia, ha rincarato la dose, indicando una incoerenza di Di Matteo e ricordando che “da parte di Viola mai è intervenuta una pubblica presa di distanza da quelle parole e da quelle intercettazioni, a parte i chiarimenti dati a noi in consiglio. Ma io sono cresciuta sapendo che essere definito ‘vicino’ o ‘affidabile’ è un insulto. E di un insulto si chiede solitamente conto”.
Quasi tutti d’accordo comunque su un punto, come esplicitato da Carmelo Celentano (Unicost) e Cascini: per questo Csm agli sgoccioli della sua consiliatura, su cui preme una esigenza di riforma cui non si sa se il Parlamento riuscirà a tenere gli impegni, “è una sconfitta arrivare con tre proposte in Plenum”. Una spaccatura che potrebbe ripetersi anche con l’imminente proposta per la scelta del vertice della Procura nazionale antimafia.