LA SENTENZA: ERA UN ‘BASSO LIVELLO’, LO DICE LA CASSAZIONE. CHE ANNULLA SENZA RINVIO L’ACCUSA DI ASSOCIAZIONE A DELINQUERE
di Enrico Di Giacomo - E' stato il giorno della sentenza della Suprema Corte di Cassazione, VI sezione penale, per il processo relativo all'inchiesta 'Terzo Livello' che vedeva imputati, professionisti, imprenditori, politici ed esponenti della criminalità, gestire la cosa pubblica messinese, al centro di una clamorosa vicenda giudiziaria. E per certi versi è clamorosa anche la sentenza della Cassazione.
E' stata infatti annullata senza rinvio, quindi definitivamente, la condanna per associazione a delinquere (contestata alla Barrile come capo promotore, e a Pullia, Ardizzone e Luciano), con la formula 'perchè il fatto non sussiste'.
Annullati tutti gli altri reati contestati con rinvio (rimangono in piedi soltanto le accuse per tre casi di traffico di influenze, i casi Fiorino, Bommarito e De Almagro, e una ipotesi di turbativa d'asta, per la vicenda Amam). Quindi si prospetta un nuovo processo da celebrare davanti la Corte d'Appello di Messina per le 'ipotesi residuali', mutilato della sua forza originale, rappresentata da quell'accusa principale, l'associazione a delinquere, che da stasera non esiste più.
Diventano definitive le condanne per Vincenzo, Teresa, Stefania e Sonia Pergolizzi, Michele Adige e Carmelo Cordaro, essendo stati dichiarati inammissibili i ricorsi della difesa. Annullato invece il processo per Antonio Fiorino, per difetto di notifica, che dovrà adesso ripartire da zero, cioè dal primo grado di giudizio.
Sono stati impegnati nelle loro arringhe gli avvocati Silvestro, Billè, Gullino, Campana, Paratore e Calabrò.
LA SENTENZA D'APPELLO.
Si era concluso il 16 dicembre 2020 il processo d'appello relativo all'inchiesta 'Terzo Livello'.
Il presidente della Corte d'Appello Francesco Tripodi aveva letto la sentenza con un ridimensionamento delle condanne inflitte, condanne quasi tutte dimezzate e con tre assoluzioni totali.
L'ex presidente del consiglio comunale Emilia Barrile era stata condannata a 4 anni di reclusione con tre assoluzioni parziali, perchè il fatto non sussiste, dai reati a lei ascritti ai capi a, b ed e (è stata assolta da un episodio di traffico illecito di influenze, dall’accusa di rivelazione di segreto d’ufficio in concorso, trasformando l’accusa di induzione indebita in quella meno grave di traffico di influenze), stessa pena per il commercialista Marco Ardizzone; e poi Giovanni Luciano a 1 anno e 8 mesi; Carmelo Pullia, un anno e 8 mesi; Antonio Fiorino, 1 anni e 4 mesi; Daniele De Almagro, 1 anni e 3 mesi; Vincenzo Pergolizzi, 2 anni e 8 mesi; Carmelo Cordaro, 1 anno e 6 mesi; Michele Adige, 1 anno e 6 mesi; Vincenza Merlino, 1 anno e 6 mesi; Teresa Pergolizzi, 1 anno e 6 mesi; Stefania Pergolizzi, 1 anno e 6 mesi; Sonia Pergolizzi, 1 anno e 6 mesi.
Pena sospesa per Luciano, De Almagro, Cordaro, Adige, Fiorino, Merlino, Stefania, Sonia e Teresa Pergolizzi.
Assolti completamente l'ex consigliere provinciale Francesco Clemente, per non aver commesso il fatto, e gli imprenditori Angelo e Giuseppe Pernicone (perché il fatto non sussiste).
Dieci le assoluzioni parziali che hanno riguardato Barrile, Ardizzone e Fiorino («il fatto non sussiste»), Carbonaro, Adige, Merlino, i quattro Pergolizzi («il fatto non sussiste»).
I giudici avevano poi revocato la confisca del capitale sociale e del compendio aziendale delle società e degli immobili sequestrati, disponendo la restituzione in favore degli aventi diritto, fatta eccezione di beni e immobili fino all'importo di 417mila euro.
I giudici avevano revocato, per Ardizzone e la Barrile, l’interdizione perpetua dei pubblici uffici, trasformandola in temporanea, e avevano deciso per entrambi l’interdizione legale per 5 anni, anziché per la durata della pena come deciso in primo grado.
Revocate le statuizioni civili in favore di Lucia Tindara Aiello.
I giudici avevano condannato Emilia Barrile, Marco Ardizzone, Giovanni Luciano, Carmelo Pullia, Antonio Fiorino e Daniele De Almagro alla rifusione delle spese processuali in favore delle costituite parti civili che si liquidavano in 1.200 euro, oltre spese forfettarie, Iva e Cpa ciascuna.
I giudici avevano infine revocato le pene accessorie, ad eccezione di quelle previste dall'art. 12 D.lgs 74/2000, nei confronti di Vincenzo Pergolizzi, Carmelo Cordaro, Michele Adige e Vincenza Merlino.
“Siamo soddisfatti a metà – aveva commentato il difensore di Emilia Barrile, l’avvocato Salvatore Silvestro – vi era margine per una revisione più liberatoria. Certamente andremo in Cassazione”.
IL PROCESSO D'APPELLO.
Si era aperto il 9 ottobre in Corte d’Appello il processo “Terzo livello”, che nell’ottobre del 2019 ha registrato la sentenza di primo grado. Erano sedici gli imputati coinvolti, e parecchie le parti civili, sia private che pubbliche, come il Comune, l’Amam e l’Atm. Nel corso della prima udienza uno dei giudici che compongono il collegio presieduto da Francesco Tripodi, il magistrato Daria Orlando, aveva svolto la relazione introduttiva per focalizzare l’intera vicenda e la sviluppo processuale del giudizio di primo grado. Il 30 ottobre è invece toccato al sostituto procuratore generale Felice Lima sostenere l’accusa con la sua requisitoria. Ha argomentato sugli aspetti che gli sono sembrati controversi della vicenda, mentre su quelli che considera ormai acclarati sulla sussistenza dei reati non s'è soffermato più di tanto. Un primo punto su cui ha ragionato, aggiungendo altri elementi valutativi, è la famigerata promessa d'assunzione all'ATM che sarebbe stata organizzata 'a tavolino', poi ha chiesto l'assoluzione parziale del commercialista Marco Ardizzone per la detenzione d'armi (dovrebbe incidere per 8 mesi di reclusione sulla pena globale), e infine ha insistito con i giudici del collegio presieduto da Francesco Tripodi per non ridurre le pene del primo grado.
Il magistrato, a conclusione di una brevissima udienza, aveva quindi chiesto la conferma in blocco della sentenza di primo grado tranne che per quanto riguarda un capo d'imputazione relativo alla detenzione d'armi, con la richiesta d'assoluzione in favore di Marco Ardizzone.
LE RICHIESTE DELLA PROCURA GENERALE.
Aveva quindi chiesto la conferma della condanna dell'ex presidente del consiglio comunale Emilia Barrile a 8 anni e 3 mesi di reclusione, di Marco Ardizzone, 8 anni e 8 mesi; e poi di Giovanni Luciano, 2 anni e 3 mesi; Francesco Clemente, un anno e 3 mesi (pena sospesa); Carmelo Pullia, un anno e 8 mesi; Antonio Fiorino, 2 anni e 3 mesi; Daniele De Almagro, 2 anni e 6 mesi; Angelo e Giuseppe Pernicone, 2 anni; Vincenzo Pergolizzi, 5 anni e 6 mesi; Carmelo Cordaro, 4 anni; Michele Adige, 4 anni; Vincenza Merlino, 4 anni; Teresa Pergolizzi, 2 anni e 6 mesi; Stefania Pergolizzi, 2 anni e 6 mesi; Sonia Pergolizzi, 2 anni e 6 mesi.
I giudici della Prima Sezione avevano anche condannato gli imputati al pagamento delle spese processuali e Vincenzo Pergolizzi al pagamento delle spese di mantenimento durante la custodia cautelare.
Pergolizzi, Ardizzone, Barrile erano stati inoltre condannati all’interdizione perpetua dai pubblici uffici. Gli stessi erano stati condannati anche a non contrattare con i pubblici uffici per anni uno.
Cordaro, Adige e Merlino erano stati interdetti dai pubblici uffici per 5 anni.
I Pergolizzi, Elio Cordaro, Adige e la Merlino non possono ricoprire cariche apicali di imprese né svolgere attività in materia tributaria per due anni.
Emilia Barrile, Ardizzone, De Almagro, Luciano, Pullia, i Pernicone, Clemente e Fiorino dovranno risarcire, a vario titolo, sia il Comune di Messina che Atm e Amam. L’ammontare del risarcimento sarà determinato in sede civile, intanto dovranno pagare le spese processuali a ogni ente, 2 mila euro per ciascuno.
Fiorino e la Barrile dovranno risarcire civilmente e liquidare 2 mila euro di spese processuali anche a Tindara Lucia Aiello (l’ex dipendente di una ditta dell’imprenditore Fiorino), patrocinata dall’avvocato Carlo Zappalà.
Assoluzioni parziali per Francesco Clemente (perchè il fatto non sussiste e per non aver commesso il fatto), e per Vincenzo Pergolizzi, Marco Ardizzone e Giovanni Luciano.
Il Tribunale ordinò anche la confisca del capitale sociale e del compendio aziendale delle società e degli immobili in sequestro.
L'INCHIESTA.
Al centro di questa clamorosa vicenda c’è il “comitato d’affari” composto da professionisti, imprenditori, politici ed esponenti della criminalità, che gestivano la cosa pubblica messinese. Una indagine della sezione operativa della Dia, che non molto tempo addietro sfociò in una serie di clamorosi arresti, a cominciare da quello dell’ex presidente del consiglio comunale Emilia Barrile. Il processo di primo grado si è concluso nell’ottobre del 2019 con sedici condanne, alcune perfino parecchio più dure rispetto a quanto aveva chiesto la Procura, e un’unica assoluzione. E poi con il riconoscimento di un’associazione a delinquere e soprattutto del “traffico di influenze illecite” ex art. 346 bis del codice penale, e quindi della teoria accusatoria sull’esistenza di un “comitato d’affari”.