Omicidio Caccia. L’ex giudice Vaudano: ”Sul delitto c’è qualcosa di cupo e non detto”
Oggi pomeriggio nell’aula magna del Politecnico di Torino si svolgerà un convegno dal titolo “Le verità nascoste e quelle rivelate” in cui parlerà l’ex giudice istruttore Mario Vaudano (oggi in pensione) e autore del libro “I Soldi della P2”.
Sebbene uno degli argomenti sarà certamente il trentennale delle stragi l’ex magistrato parlerà anche dell’omicidio del procuratore di TorinoBruno Caccia, ucciso dalla ‘Ndrangheta la sera del 26 giugno 1983.
In un'intervista rilasciata a ‘Corriere Torino’ a firma di Massimiliano Nerozzi, Vaudano ha detto che dietro l’omicidio di Caccia “c’è qualcosa di oscuro, di non detto” riferendosi anche al coinvolgimento di alcuni membri della P2, in quanto a “Torino c’era un nucleo stabile della Loggia e non era così in tutte le altre città”.
Secondo l’ex magistrato se l’omicidio Caccia non fosse stato commesso “forse le vicende scoppiate con ‘Mani Pulite’ sarebbero arrivate molto prima”. “La verità - ha detto - è che in quegli anni ci fu una congiunzione particolare, tra Caccia procuratore e Mario Carassi a capo dell’ufficio istruzione: sarebbe stato un binomio dirompente” che avrebbe molto probabilmente scoperto con largo anticipo i fatti su cui poi aveva indagato la procura di Milano.
Nell’intervista a ‘Corriere Torino’ Nerozzi ha chiesto all’ex pm cosa intendeva dire Caccia quando aveva detto al figlio: “Verrà fuori qualcosa di davvero grosso”, Vaudano ha risposto che si riferiva “all’intreccio tra magistrati, casinò e servizi”.
Il magistrato nel suo libro “I Soldi della P2” aveva parlato di una “lobby di magistrati schierata contro” Bruno Caccia e nell’intervista ha infatti specificato che di questa lobby potevano farne parte “quattro o cinque della Procura” ma “pure qualcuno fuori”. “Anche a Ivrea - ha detto - dove ci fu una successione di persone non troppo per bene. Curioso che quelle zone e il Canavese siano stati la culla dei primi nuclei di ‘Ndrangheta”. Vaudano ha poi riportato che lo stesso Domenico Pone (magistrato di Cassazione e segretario di MI) e Carlo Martino (allora procuratore generale) erano iscritti alla P2.
L’omicidio di Bruno Caccia porta con sé delle “responsabilità morali e anche qualcosa di più, anche se le prove non si sono trovate” e che “in un certo senso, lo dice anche la sentenza sull’omicidio”. “Non voglio fare polemiche sulle correnti - ha continuato - ma per lunghissimo tempo, a Torino e in Piemonte, i vertici erano di Magistratura indipendente”.
Il “delitto Caccia fu una cospirazione” ha detto l’ex giudice di Torino aggiungendo che si deve “avere il coraggio ragionevole di cercare la verità, anche scomoda: la legalità non è un optional, ma una cosa che aiuta a vivere meglio”.