25 Aprile 2025 Giudiziaria

Il femminicidio di Sara Campanella, le prime parole di Argentino dal carcere: “Spero che Dio mi perdoni”

Aveva con sé un coltellino, quello stesso coltellino con cui ha inferto cinque colpi alla collega di università che aveva seguito dopo la fine delle lezioni e che da mesi rifiutava le sue insistenti attenzioni. Eppure, dal carcere Stefano Argentino, attraverso il suo avvocato, dichiara: «Non so come tutto questo sia potuto succedere, non mi so dare una spiegazione, forse non c'è neanche una spiegazione, quantomeno razionale. Più rifletto, da solo con me stesso, più arrivo a una e una sola conclusione: quel giorno ero fuori di testa. Un uomo razionale non può spingersi a tanto. Ho sempre sognato di costruire qualcosa con Sara, e invece ho compiuto il gesto peggiore che si possa rivolgere a una persona, a una donna» afferma il giovane di Noto, in carcere per il femminicidio di Sara Campanella, uccisa a Messina perché rifiutava le sue avances, secondo quanto riferito dal suo legale, l’avvocato Giuseppe Cultrera, a Tgcom24: «Non ho uno straccio di carta, né una penna - avrebbe detto Argentino al suo legale - devo tenere tutto a mente e riferire al mio avvocato. È da giorni che penso a quello che sta passando la famiglia di Sara, per colpa mia, da giorni che penso di chieder loro scusa per ciò che ho fatto, ma so che sono l’ultima persona al mondo che vorrebbero sentire parlare, o di cui vorrebbero leggere. E hanno ragione, come non capirli".

«Non riesco a pensare a nulla - ha detto ancora il legale riportando le parole del giovane in carcere - non riesco a pensare con lucidità a tutto quello che mi è passato per la testa, agli ultimi atti: qualcosa dentro me non ha funzionato. Il perdono forse non è umano, ed è giusto così, ma spero che almeno Dio, al suo cospetto, mi perdoni quello che una parte di me, la peggiore, ha fatto. Non ho altre parole e so che i miei pensieri non interessano a nessuno perché fuori da queste quattro mura sono e sarò sempre il male, l’omicida».

Un pentimento tardivo, che non trova accoglienza dalla parte più colpita da questa tragedia: i genitori di Sara. Assistiti dall’avvocato Concetta La Torre, hanno rifiutato di leggere la lettera di scuse inviata dalla famiglia Argentino nei giorni scorsi. "Le scuse sono fuori tempo massimo – ha dichiarato La Torre – e per quanto è accaduto, anche il termine stesso appare inadeguato. Avremmo preferito un silenzio rispettoso, piuttosto che un atto che ha tutto il sapore della strategia difensiva".

Secondo la legale della famiglia Campanella, i gesti dei parenti dell’imputato, compresa la visita in carcere della madre che avrebbe definito il figlio “un bravo ragazzo”, dimostrerebbero una pericolosa rimozione della gravità dell’accaduto. Il giorno del delitto, Argentino avrebbe chiamato la madre in preda alla disperazione, minacciando il suicidio. La donna, residente a Noto, si è precipitata a Messina con il marito per riportarlo a casa, senza sapere – almeno stando alla sua versione – cosa fosse realmente accaduto.