Il congresso del Pd: Russo contesta Hyerace, la minoranza diserta i lavori
“Sarà un momento di confronto sul futuro del Partito Democratico, per discutere le sfide che ci attendono e costruire le basi di una società più giusta, inclusiva e solidale”. Così Armando Hyerace, segretario provinciale del Pd messinese, aveva annunciato l’assemblea conclusiva del congresso provinciale del partito, che è in corso stamattina alla Sala Sinopoli del Teatro Vittorio Emanuele di Messina.
Ma il clima è di forte tensione dentro il Pd e lo testimonia la dura nota diffusa proprio da stamattina da colui che aveva conteso la segreteria a Hyerace all’ultimo congresso, Alessandro Russo. Nota con la quale il consigliere comunale annuncia che nessuno della sua mozione parteciperà ai lavori di oggi, aprendo una crisi profonda nel partito.
Ecco il testo integrale.
“L’assemblea congressuale del Partito Democratico della federazione provinciale di Messina che si terrà nella giornata di oggi non vedrà la partecipazione dei delegati eletti nella mozione di minoranza, che fa riferimento alla mia candidatura congressuale. Una scelta sofferta e che ci rammarica profondamente perché maturata in un contesto in cui, nonostante la comune visione della necessità di una ripartenza il più possibile condivisa e inclusiva di tutte le posizioni espresse nel partito, oggi si produrrà sostanzialmente in una forzatura politicamente biasimevole a solo favore della mozione di maggioranza.
E’ bene ricordare che l’esito del congresso ha sancito una quasi perfetta parità politica tra le due mozioni e una rappresentazione di delegati pari a 49 delegati a sostegno della mia candidatura contro 51 a sostegno di quella di Hyerace. Un contesto numerico-politico, pertanto, che avrebbe dovuto spingere il vincitore di questo congresso ad aprire nei confronti della minoranza, coinvolgondola nella codecisione almeno delle figure di vertice del partito. Questo per manifestare un’aapertura e un riconoscimento politico nei confronti di circa la metà del PD messinese che, pur avendo votato differentemente rispetto alla mozione vincente, avrebbe sancito la sua piena legittimazione e il proprio pieno riconoscimento da parte della maggioranza congressuale.
Del resto, l’esempio di cosa questa minoranza congressuale si aspettava è presto fatto: all’indomani della vittoria al congresso nazionale, la segretaria Elly Schlein ha immediatamente aperto politicamente alla minoranza, chiedendo al candidato sconfitto, Bonaccini, di assumere la presidenza del partito. Una scelta di ovvie e persino banali ragioni politiche che i delegati della mia mozione si sarebbero aspettati e che, invece, non arriva. E che pure dovrebbe arrivare laddove si fosse partiti dalla semplice logica numerica congressuale che ha sancito una divisione quasi perfetta delle forze in campo.
Si dice di volere un partito inclusivo e rispettoso delle diverse pluralità e sensibilità interne, che a differenza del passato, sappia valorizzare e non emarginare tutte le posizioni minori per poter rafforzare un percorso di unità politica che, a nostro parere, è il primo e più urgente obiettivo del partito messinese. E tuttavia, l’avvio del nuovo corso non appare indirizzato verso questo obiettivo, anzi, sembra proseguire una logica duramente maggioritaria che vede prevalere una maggioranza su tutte le altre posizioni minoritarie all’interno del partito, una logica che pensavamo sarebbe terminata.
E’ altrettanto utile ricordare come nelle ultime due settimane io personalmente con altri componenti della mia mozione, essendone stati ufficialmente investiti da Hyerace e dalla sua area, abbiamo esercitato ogni utile forma di persuasione nei confronti dei ricorrenti interni sul tesseramento precongressuale come segno di distensione necessario e propedeutico alla condivisione di alcune scelte sui vertici del partito messinese: ebbene, dopo due settimane di nostro intenso lavoro, una volta comunicata a Hyerace la disponibilità dei ricorrenti a fare un passo indietro per poter consentire quindi l’avvio di una fase di discussione circa la condivisione di alcune scelte su organi di grande importanza in chiave di garanzia (presidenza dell’assemblea e responsabilità condivisa dell’organizzazione dei circoli e del tesseramento), circostanza avvenuta appena ieri notte, la risposta è stata quella che si consacrerà oggi in assemblea, con la porta in faccia sbattuta a metà del partito e l’occupazione di tutte le cariche che avrebbero richiesto maggiore condivisione, asserendo che la disponibilità al ritiro dei ricorsi sarebbe giunto “oltre tempo massimo”. Non pensavamo, sinceramente, che stare dentro al partito democratico e ragionare, con grande sforzo di equilibrio, al fine di costruire delle condizioni di gestione politica già aperte, serene e condivise, significasse rispettare i tempi di diktat o ultimatum: ci siamo sbagliati.
Oggi, pertanto, non saremo presenti. Perché mentre da un lato si dice a parole di voler costruire un partito nuovo, inclusivo, che riparta dalla più alta partecipazione e dal più ampio coinvolgimento di tutti, proprio per dare il senso dello stare in una “comunità plurale”, dall’altro si certifica invece che nei fatti, nonostante i ripetuti appelli all’unità e alla possibilità di superare ostacoli per far partecipare anche la minoranza alle scelte più delicate, nonostante il nostro impegno per superare le asprezze congressuali per assicurare una gestione agevole al nuovo corso, nonostante il nostro impegno per superare l’ostacolo dei ricorsi, la maggioranza congressuale, di appena un delegato, procede per strappi e forzature occupando tutte le cariche interne del partito, di fatto non riconoscendo il ruolo della minoranza e non coinvolgendola in un percorso che avrebbe dovuto essere più paziente e rispettoso di tutti.
Non ci interessano le vice segreterie, caro segretario. Non ci interessano i ruoli nella segreteria che comporrai: la vittoria al congresso è tua e tu hai il diritto di governare. A noi interessava sinceramente che venisse politicamente riconosciuto il ruolo delle minoranze in questo partito, così come fece Schlein nei confronti della minoranza di Bonaccini. Questo non è avvenuto e, amaramente, l’inizio di oggi è politicamente un errore gravissimo”.