11 Dicembre 2024 Giudiziaria

IL DUPLICE OMICIDIO PORTOGALLO-CANNAVO’, 20 ANNI DI CARCERE PER CLAUDIO COSTANTINO

20 anni di reclusione. È questa la condanna decisa dai giudici e giurati della Corte d’Assise, presidente Micali (a latere Smedile), per il 39enne Claudio Costantino, accusato di aver ucciso con una pistola 9x21 mai ritrovata il 2 gennaio del 2022, nei pressi di casa sua, in via Morabito, a Camaro San Luigi, due persone: il 31enne Giovanni Portogallo e dopo qualche giorno, in ospedale, anche il 35enne Giuseppe Cannavò, rimasto gravemente ferito. A conclusione della lettura del dispositivo della sentenza, poco dopo le 18 e dopo sei ore di camera di consiglio, si è registrato qualche momento di tensione per la reazione di rabbia del padre di una delle due vittime che ha contestato la sentenza.

LA SENTENZA.

I giudici hanno quindi accolto la richiesta della difesa (gli avvocati Carlo Taormina e Filippo Pagano) del rito abbreviato e, calcolando la riduzione della pena, hanno condannato il 37enne Costantino, a 20 anni di carcere. Escluse dalla Corte, quindi, le aggravanti contestate dall’accusa della premeditazione e dei motivi abietti e futili. La Corte non ha però riconosciuto la legittima difesa invocata dai legali. Riconosciuti i risarcimenti alle parti civili, assistite dalle avvocate Angela Martelli e Cinzia Panebianco.

LE REAZIONI.

Quest’ultima, che è uno dei legali di parte civile per i familiari di una delle vittime, Giovanni Portogallo, ha dichiarato: «La condanna è stata determinata sulla base della scelta del rito, attenderemo il deposito della motivazione. Ad ogni modo l’esimente della legittima difesa non è stata riconosciuta, nonostante abbia rappresentato il “leit motiv” della difesa dell’imputato».

Questo, invece, il commento dei difensori di Costantino, Filippo Pagano e Carlo Taormina, dopo la lettura del dispositivo, in attesa di leggere le motivazioni che saranno pubblicate tra 90 giorni: “Non esistono ragioni giuridiche, morali e di fatto che possano far condividere una condanna di un cittadino ad una qualsiasi pena per essere stato aggredito nella propria abitazione da due persone armate. E’ pertanto impossibile, non solo dai tecnici ma da qualunque persona di buon senso, accogliere con favore la sentenza pronunziata dalla Corte d’Assise di Messina, peraltro magistralmente presieduta dal presidente dottor Massimiliano Micali che ha governato il contraddittorio tra difese ed eccellenti quanto equilibrati magistrati del pubblico ministero”.

“Quanto la sentenza abbia espresso un giudizio fallace sulla vicenda è comprovato, nell’ottica di chi, erroneamente, non ritenga che Costantino abbia agito in incontestabile stato di legittima difesa, è dimostrato dal mancato riconoscimento dell’attenuante della provocazione: se non è provocazione fare quattro agguati ai danni di Costantino e attaccarlo immotivatamente nella propria abitazione, tanto vale cancellare dal Codice questa importante attenuante che La Corte messinese tanto più avrebbe dovuto riconoscere, considerando che con oculata diagnosi ha escluso per Costantino le aggravanti della premeditazione e dei motivi futili, assenza di aggravanti, questa, che obbligava difilato al riconoscere non solo le attenuanti generiche ma appunto la attenuante della provocazione”.

E infine: “Nell’esprimere rispetto per la sentenza pronunciata dalla Corte messinese, i successivi gradi di giurisdizione potranno correggere le valutazioni espresse in questo grado di giudizio dalla sentenza della Corte d’assise di Messina secondo la logica dei controlli giurisdizionali che costituiscono la più alta garanzia di correttezza del nostro sistema giudiziario. Un ringraziamento fortissimo a tutti i nostri consulenti che hanno messo a disposizione del processo altissime ed appassionate competenze. Un invito alle persone offese ad una riflessione equilibrata e meno ingenerosa nei confronti di giudici e pubblici ministeri che hanno avuto rispetto e sensibilità adeguati”.

IL PROCESSO.

Secondo l’accusa, rappresentata in aula dai Pubblici Ministeri Marco Accolla e Roberto Conte, fu un duplice omicidio premeditato.

Costantino ha sempre raccontato invece una sua versione dei fatti: “Cannavò e Portogallo si presentarono armati tutti e due e piombarono dentro casa mia, mi sono nascosto in uno sgabuzzino ed hanno cominciato a sparare, poi sono riuscito ad afferrare una loro pistola e ho reagito”.

Ed era questo il punto controverso dell’intero processo durato quasi due anni: se Costantino li stesse aspettando e si era preparato oppure se riuscì a reagire ad una spedizione punitiva, forse per fatti di droga, organizzata dalle due vittime. L’accusa è sempre stata convinta del primo scenario: fu Costantino a dare appuntamento ai due a casa sua, e li aspettava solo. E delineava pure un movente, ma su questo non ha mai avuto certezze, che potrebbe essere per fatti legati al mondo dei traffici di droga.

Un anno fa, a dicembre del 2023, quando sembrava già scritto l’epilogo del processo, la corte presieduta dal giudice Massimiliano Micali con una lunga ordinanza delineata sulla scia dall’art. 507 c.p.p. “riaprì” completamente lo scenario del duplice omicidio, e ordinò tra l’altro una nuova perizia balistica e una nuova consulenza medico-legale sulle vittime.

«Si tratta di un duplice omicidio che matura in un ambito criminale - aveva detto il pm Accolla durante il suo intervento -, probabilmente nell’ambito del traffico di stupefacenti... c’era un’organizzazione criminale capeggiata da Costantino (per questi fatti l’uomo ha subito una condanna a 20 anni in primo grado a settembre, n.d.r.)... su questa vicenda c’è stato poi un muro di silenzio, come se nulla fosse successo... il teste Mussillo, che sa tutto di questo omicidio e non dice nulla... forse alla base una partita di droga andata perduta e non pagata... Costantino prima ha sparato da dentro casa e poi ha sparato da fuori...».

Secondo il pm poi «... è chiaramente un omicidio premeditato, e il fatto che non sia stato accertato il movente non è ostativo alla contestazione dell’aggravante», oppure «... l’insussistenza della legittima difesa va da se», e ancora «... non c’è nessuna traccia di Portogallo all’interno della casa di Costantino, le uniche tracce sono accanto al motorino... l’appuntamento è un tranello organizzato da Costantino che non lascia scampo ai due...».

Alla richiesta del carcere a vita formulata dal pm Accolla si erano associate nei loro interventi successivi le legali di parte civile per i familiari delle due vittime, le avvocate Cinzia Panebianco («le prove iniziali hanno retto al dibattimento... le affermazioni della difesa sono illogiche e incompatibili con la realtà storica con cui ci siamo confrontati... furono 4 i colpi sparati alla spalle a Giovanni Portogallo... insana voglia di uccidere dell’imputato... a sparare è stato solo Costantino, anche quando stavano scappando...») e Angela Martelli («... Costantino non ha fatto nemmeno scendere Portogallo dal motorino... il Cannavò aveva frammenti di vetro nel suo giubbotto, cosa ha fatto prima di uscire ha chiuso “gentilmente” la porta?»).

Lunga e articolata era stata l’arringa del prof. Taormina che ha esordito affermando che se Costantino non avesse sparato e fosse stato ucciso, nel processo a carico di Portogallo e Cannavò certamente la Procura avrebbe dovuto contestare l’aggravante della premeditazione e, certamente, la corte avrebbe dovuto riconoscerla in sentenza. Per dimostrare questo assunto, l’avvocato Taormina ha mostrato alcuni frames estratti dal video che ha immortalato i due, insieme a Mussillo, (ha parlato di «commando») il giorno 1° gennaio 2022, di pomeriggio, fare tre irruzioni fuori dall’abitazione di Costantino. Tutto ciò per dimostrare che non può ritenersi certamente sussistente l’aggravante della premeditazione a carico di Costantino.

L’avvocato si era quindi soffermato sulle «lacune» che hanno caratterizzato le indagini, con contaminazione della scena criminis (che il legale ha letteralmente definito «devastata»). Contaminazione che ha comportato l’impossibilità di una ricostruzione dell’azione criminosa che viene contestata al suo assistito. Il prof. Taormina aveva poi ripercorso le fasi salienti delle indagini e delle acquisizioni probatorie dibattimentali, con particolare riferimento alle tracce ematiche rinvenute nell’abitazione di Costantino, ai reperti balistici, ai fori sui vetri.

Il tutto per dimostrare che, «nel susseguirsi degli accadimenti, l’imputato ha agito in stato di “legittima difesa domiciliare”, avendo agito per respingere l’intrusione nella sua abitazione».

Infatti, aveva concluso il legale, «plurimi elementi incontestati di prova generica dimostrano che il Costantino si trovasse nella propria abitazione allorquando i due fecero irruzione per cercare di ucciderlo, portando a compimento i tentativi posti in essere nei giorni precedenti».

Dopo il fatto fuggì in Calabria

Si concluse il 9 aprile del 2022, con l’arresto a Rosarno, in provincia di Reggio Calabria, la latitanza di Claudio Costantino. Subito dopo la sparatoria infatti il 39enne fuggì e fece perdere le proprie tracce. Fu catturato dopo ottantotto giorni di latitanza. Decine di carabinieri e poliziotti che erano sulle sue tracce ormai da tempo lo sorpresero all’alba, in una casa di campagna.