21 Novembre 2024 Giudiziaria

I tredici omicidi decisi da Cosa nostra barcellonese negli anni ’90, il pm chiede condanne pesanti

Due ergastoli, quattro condanne a trent’anni, poi due pene meno dure per i collaboratori di giustizia. È questa la pagina dell’accusa al processo sui tredici omicidi non ancora chiariti del tutto, decisi da Cosa nostra barcellonese negli anni ’90. È stato ieri mattina il procuratore aggiunto Vito Di Giorgio, memoria storica delle indagini antimafia a Messina e nella sua provincia, a condurre la requisitoria davanti alla gup Arianna Raffa. Siamo in regime di giudizio abbreviato, in teoria potrebbe prospettarsi uno “sconto” di pena. Poi il magistrato ha depositato una lunga requisitoria scritta, oltre cento pagine, che è siglata anche dai sostituti della Dda Fabrizio Monaco e Francesco Massara.

Si tratta dei tredici omicidi che hanno avuto di recente una nuova lettura rispetto al passato grazie alla dichiarazioni del pentito barcellonese Salvatore Micale. Ha indicato mandanti e autori di quelle sentenze di morte decretate molto spesso solo per punire alcuni “ragazzi” che avevano sbagliato secondo i canoni della famiglia mafiosa, o realizzando furti in case “protette” oppure spacciando al di fuori del “giro” tradizionale governato dal gruppo, senza chiedere alcuna autorizzazione.

E sono complessivamente otto gli imputati che ai primi di gennaio del 2023 erano stati raggiunti dall’ordinanza di custodia cautelare siglata dalla gip Ornella Pastore. I nomi sono di primissimo piano nelle gerarchie mafiose che hanno governato Cosa nostra barcellonese, basti pensare che ci sono quelli di Giuseppe Gullotti “l’avvocaticchiu”, già condannato in via definitiva come mandante dell’omicidio del giornalista Beppe Alfano, per molto tempo ritenuto al vertice del gruppo, e Salvatore “Sem” Di Salvo, designato poi come suo successore. Accanto a loro i nomi di Stefano “Stefanino” Genovese, del “cassiere” del gruppo mafioso barcellonese degli anni 80 e 90 Giuseppe Isgrò, che era tornato di recente in libertà dopo aver finito di scontare la sua condanna per l’operazione “Gotha 3”, di Carmelo Mastroeni, originario di Merì, sfiorato a suo tempo dall’inchiesta “Omega-Obelisco” e ritenuto dalla Dda da sempre vicino a Salvatore “Sem” Di Salvo, di Vincenzo Miano, dello stesso pentito Salvatore Micale e infine del pentito, ex capo dell’ala militare di Cosa nostra barcellonese, Carmelo D’Amico.

Ecco le richieste di condanna formulate dal procuratore aggiunto Di Giorgio: D’Amico 15 anni con l’attenuante per i collaboratori di giustizia; Di Salvo ergastolo; Genovese 30 anni; Gullotti ergastolo; Isgrò 30 anni; Mastroeni 30 anni; Miano 30 anni; Micale 12 anni con l’attenuante per i collaboratori di giustizia.

L’udienza preliminare ieri è poi proseguita con il deposito di memorie scritte da parte dei legali di parte civile, mentre per le arringhe difensive è già fissata un’altra data, il 27 novembre, per chiudere il cerchio.

Le indagini dei carabinieri del Ros scattate nel gennaio del 2023 hanno consentito di svelare aspetti ancora del tutto oscuri su tredici esecuzioni avvenute a cavallo tra il 1992 e il 1998 lungo la zona tirrenica. Eccole: l’omicidio dell’agronomo Angelo Ferro del 27 maggio 1993 a Milazzo, che in qualche modo sembra legato alla cattura del boss Nitto Santapaola, avvenuta qualche giorno prima, il 18 maggio del 1993 a Mazzarrone, nella ormai storica operazione “Luna piena” dello Sco; il duplice omicidio di Antonino Accetta e Giuseppe Pirri, trovati cadaveri nel cimitero di Barcellona Pozzo di Gotto il 21 gennaio del 1992; l’omicidio di Carmelo Ingegneri, realizzato l’11 luglio del 1992 a Barcellona; l’esecuzione di Francesco Longo, messa in atto la sera del 28 dicembre 1992 a Barcellona; l’omicidio di Aurelio Anastasi, avvenuto il 4 gennaio del 1993 a Barcellona; il caso di lupara bianca che portò alla morte di Giuseppe Italiano nel febbraio del 1993 a Barcellona; l’omicidio di Giuseppe Porcino, un altro caso di lupara bianca, avvenuto nel marzo del 1993 a Barcellona; l’agguato del 4 settembre 1993 a Barcellona che causò subito la morte di Sergio Raimondi e Giuseppe Martino e, a distanza di diversi mesi, quella di Giuseppe Geraci, avvenuta il 26 aprile del 1994; l’omicidio di Giuseppe Abbate, che fu ammazzato la sera del 16 febbraio del 1998 a Barcellona; e infine l’esecuzione di Fortunato Ficarra, portata a termine il 1° luglio del 1998 a Santa Lucia del Mela. Fonte: Gazzetta del Sud