La morte di Aurelio Visalli, caso archiviato. Esclusa la responsabilità di 2 militari: da parte loro né ordini né omissioni
Dopo due inchieste, di cui la seconda scaturita da un supplemento di indagini approfondite con la perizia di un collegio di esperti e un incidente probatorio, emerge che non ci sono stati responsabili per la morte di Aurelio Visalli, il sottufficiale della Guardia costiera della Capitaneria di Milazzo che il 26 settembre 2020 morì all’età di 40 anni per salvare un ragazzo in estrema difficoltà nelle acque agitate del Tono. Ne dà notizia Leonardo Orlando sul quotidiano Gazzetta del Sud. Ieri il gip Giuseppe Sidoti ha depositato l'ordinanza con cui accoglie la richiesta dei magistrati della Procura, e ordina l'archiviazione del procedimento che si protraeva dal settembre 2020. Per il gip la richiesta «merita accoglimento, perché risponde alle risultanze investigative, frutto di un'indagine complessa ed esaustiva, corredata da obiettive risultanze documentali e riscontri dichiarativi». Nella premessa, il giudice specifica: «In forza delle plurime acquisizioni, della puntuale ricostruzione operata, anche grazie al contributo professionale fornito da periti di indiscussa competenza e professionalità, nella vicenda in esame non si ravvisano profili di responsabilità nella causazione del decesso di Aurelio Visalli, che a prezzo della propria vita ha onorato la sua appartenenza alla Guardia costiera, operando al fine esclusivo di salvare una vita in mare». Infatti, nessuna censura può essere mossa nei confronti dei due sottufficiali della stessa Guardia costiera, indagati per l'ipotesi di omicidio colposo. Si tratta di Emanuele Sufrà, 42 anni di Messina, difeso dall'avvocato Pietro Luccisano; e di Francesco Amante, 43 anni, di Messina, assistito dall’avvocato Salvatore Silvestro.
Per i due sottufficiali disposta l'archiviazione, come chiesto dalla Procura. È stato stabilito che i due militari - scrive ancora la Gazzetta del Sud - «nell'espletamento delle rispettive mansioni hanno osservato le disposizioni che regolavano l'intervento, senza impartire alcuna disposizione né omettendo qualsivoglia osservanza a diverse regole prudenziali che possano essere individuate come causa del decesso del loro collega. Nessuna ulteriore attività d'indagine appare doverosa o necessaria, e dunque il procedimento deve essere archiviato, con conseguente restituzione degli atti al pubblico ministero» Ed ancora: «Occorre soffermarsi, pur brevemente, sulla paventata incapacità del Visalli ad intervenire nella situazione di emergenza, perché il compito assegnatogli non era contemplato dal suo inquadramento professionale». Il gip respinge l’ipotesi: «Si tratta di considerazione che, anzitutto, costituisce un torto palese all'abnegazione del sottufficiale ed alla sua determinazione ad operare nell'unico modo percorribile pur di salvare il giovane alla deriva: il Visalli era plurititolato ad operazioni di salvataggio in mare aperto, in condizioni di più accentuata pericolosità e rischio; nel caso di specie, peraltro, l'intervento non era stato deciso con ordine superiore, ma con valutazione condivisa dall'intero equipaggio e procedendo tutti insieme nelle manovre concordate». Si trattava di un tentativo di salvataggio via terra, senza alcuna immersione totale in mare – pretermessa dai militari proprio ponderando il rischio personale – escludendo l'opzione di raggiungere a nuoto il giovane alla deriva, e fermo restando che comunque Aurelio Visalli vantava anche attestati di abilità natatoria: sminuire a tal punto la decisione di intervenire, fino a ridurla a questione che involgerebbe l'inquadramento professionale del sottufficiale, non solo costituisce una censura avulsa dagli effettivi termini della vicenda, ma svilisce – si legge ancora – l'operato di tutti e tre i militari, proteso, anche per spirito di Corpo, al salvataggio delle persone in mare, e comunque adottando, come è avvenuto nel caso di specie, le dovute precauzioni e limitando l'azione al solo lancio da terra della ciambella di salvataggio». Deve inoltre essere respinta fermamente – aggiunge il gip - «la censura ai limiti dell'illazione gratuita, in forza della quale si sollecita il conferimento di nuovo incarico peritale a figure professionali, anche civili o di altri Corpi di polizia, ravvisando una inidoneità dei periti nominati dal giudice, che si ritiene condizionati dall'appartenere al Corpo della Marina militare. Siffatta considerazione, che ben avrebbe potuto essere formulata all'atto della notifica dell'ordinanza di ammissione dell'incidente probatorio, e ancora all'atto del conferimento dell'incarico alla presenza dei periti, paventa anzitutto l'incapacità del giudice di individuare figure professionali effettivamente idonee al fine di assumere l'incarico peritale; in secondo luogo, adombra la possibilità che i periti siano venuti meno all'impegno assunto, all’atto dell’accettazione dell'incarico, di adempiervi al solo fine di far conoscere al giudice la verità. Il tutto a dispetto della assoluta affidabilità per competenze, professionalità e rigore morale dei tre alti ufficiali che hanno assunto l'incarico, il cui cursus honorum appare assolutamente sufficiente a tacere ogni indebita considerazione in ordine alla attitudine e all’indiscutibile affidabilità ad adempiere all'incarico ricevuto».