Ponte sullo Stretto “senza soldi e già vecchio”. Così Salvini però farà rinascere la società-carrozzone che dovrebbe costruirlo
Di Antonio Fraschilla - Quello propagandato dal ministro Matteo Salvini è un Ponte sullo Stretto di carta. Non ci sono i soldi, come hanno messo nero su bianco i tecnici del ministero dell’Economia nel Def appena pubblicato. Costerebbe comunque quasi il doppio in più rispetto alle previsioni di dieci anni fa. Ma, soprattutto, nelle prime audizioni sul progetto alla Camera, le ennesime negli ultimi quarant’anni di chiacchiere sul Ponte, i docenti universitari ed esperti hanno smontato punto per punto la raodmap del leader della Lega. Salvini con il decreto approvato in Consiglio dei ministri vuole far rivivere il vecchio progetto del gruppo Eurolink (oggi Webuild di Pietro Salini) per avviare i cantieri entro il prossimo anno: «Impossibile avviare i cantieri entro il prossimo anno, il progetto del 2012 è ormai vecchio, e anche se costruito sarebbe inutile per ridurre il traffico aereo e su nave vista la mancanza di qualsiasi progettazione di una vera linea veloce in Sicilia e Calabria», dicono i professionisti ascoltati in questi giorni nelle commissioni congiunte Ambiente e Trasporti. Un bluff che però serve al ministro per propagandare la grande opera e fare nel frattempo qualcosa di molto concreto: rimettere in piedi il carrozzone nato nel 1981 e chiuso dal governo Monti nel 2013, la società Stretto di Messina.
I tecnici del ministero dell’Economia nel Def appena approvato dal governo hanno fatto i conti sull’inserimento del Ponte tra le nuove opere strategiche per il Paese. L’infrastruttura resuscitata costerebbe non più circa 8,5 miliardi di euro, come aveva detto Salvini raffrontandone provocatoriamente la spesa al Reddito di cittadinanza per un anno. Ma 13,5 miliardi di euro, più un altro miliardo per le opere compensative a terra che dovranno realizzare Anas ed Rfi. Totale, quasi 15 miliardi.
Insomma, nemmeno si è ai nastri di partenza e già, per aggiornare i prezzi aumentati negli ultimi dieci anni, il progetto Webuild costa quasi il doppio. L’Europa consente di approvare varianti senza fare nuove gare per un aumento di spesa del 50 per cento, qui siamo ben oltre. Ma in ogni caso di questi soldi non c’è traccia, come si legge nel Def. Dal ministero delle Infrastrutture fanno sapere che «è ovvio che manchi la copertura, questa sarà reperita con la legge di bilancio come sempre avviene per tutte le grandi opere». Ma se non interverranno i mercati o la Cassa depositi e prestiti, ipotesi entrambe altamente improbabili viste le cifre in ballo, difficile che nel bilancio si trovi la copertura pluriennale per questa grande opera.
In ogni caso anche se si dovessero trovare i soldi per magia i problemi sarebbero ben altri. E sono emersi in sede di audizioni alla Camera in questi giorni. Ad esempio è stato ascoltato Federico Massimo Mazzolani, professore emerito di Tecnica delle costruzioni all’Università Federico II di Napoli, che ha smontato il progetto: «Dovete sapere che oggi nel mondo i ponti più lunghi a campata unica hanno una lunghezza di 1,6 chilometri, si trovano in Danimarca e Giappone e vi passano solo le auto: perché nessuno ha voluto far passare i treni visto il peso aggiuntivo e il rischio dovuto alle oscillazioni. Per quanto riguarda la lunghezza in generale, il ponte stradale più lungo è di due chilometri e quello ferroviario è di 1,4 chilometri e si trova sul Bosforo. Noi dovremmo arrivare a costruire un Ponte entro il 2029 e per misure doppie rispetto ai ponti esistenti: un avanzamento che non avrebbe pari nella storia». Il professore Francesco Russo, ordinario di Ingegneria dei trasporti all’Università Mediterranea di Reggio Calabria ha aggiunto: «Occorre fare di nuovo la verifica di sostenibilità e del progetto. Ma a questo punto c’è un problema: le nuove norme sul piano economico e finanziario prevedono condizioni precise. Ad esempio quelle dei ricavi complessivi dal pedaggio e della sostenibilità ambientale riducendo fonti di inquinamento. Ma rispetto a dieci anni fa, quando si parlava di alta velocità in Sicilia e Calabria, per ridurre l’utilizzo di navi e aerei altamente inquinanti, la situazione è cambiata». Il professore Russo quindi conclude: «In Sicilia si sta facendo una operazione incredibile che va nella direzione opposta al Ponte: la nuova linea ferroviaria Catania-Palermo alla fine collegherà le due città in due ore e con intere parti a binario unico. In Calabria invece il progetto attualmente presentato aumenta i chilometri di rete ferroviaria e non ad alta velocità. Una follia. Con il Ponte ci vorrebbero comunque quasi nove ore da Palermo a Roma. In soldoni forse potrebbe convenire ai messinesi prendere il treno per andare nella Capitale, non certo al resto della Sicilia».
Davvero quindi si sta parlando al momento di un ponte di carta e comunque inutile. Fonte: repubblica.it