La proposta del deputato Tommaso Calderone: “Carcere fino a cinque anni”. Il ddl di Forza Italia per punire i giornalisti che pubblicano intercettazioni non più segrete
Da due a cinque anni di carcere per chi pubblica atti d’indagine, anche non più coperti da segreto. È l’arma devastante contro la diffusione sulla stampa dei contenuti delle intercettazioni prevista in una proposta di legge depositata alla Camera il 22 dicembre da due deputati di Forza Italia, Annarita Patriarca e Tommaso Antonio Calderone, entrambi membri della Commissione Giustizia. Al momento è sempre ammessa la pubblicazione del contenuto di atti non segreti (cioè a disposizione delle parti). Mentre chi li pubblica materialmente, anche in modo parziale, prima del termine dell’udienza preliminare (o, quando non è prevista, del termine delle indagini preliminari) è punito dall’articolo 684 del codice penale con l’arresto fino a trenta giorni o l’ammenda da 51 a 258 euro.
La proposta – Conseguenze troppo blande per Forza Italia, che vorrebbe sostituire quella norma con una nuova, l’articolo 379-ter, “che introduce una fattispecie tipica di reato, punibile da due a cinque anni e quindi, una volta approvata la norma, nessuno potrà più pubblicare con leggerezza atti di indagine fino all’udienza preliminare, così come prescritto. Il mostro non andrà più sbattuto in prima pagina a fronte di una semplice contravvenzione”, scrivono i due deputati in una nota. E poco importa, per loro, che in questo modo giornalisti colpevoli di aver pubblicato atti non più segreti rischino una pena superiore a quella di chi, ad esempio, è imputato di truffa, corruzione tra privati (fino a tre anni), malversazione di fondi pubblici o favoreggiamento personale (fino a quattro anni) e uguale a quella di chi partecipa a un’associazione per delinquere (cinque anni).
Il comunicato – “Il nostro ordinamento processuale penale vieta che vengano pubblicati o diffusi atti di indagine, anche a stralcio. Purtroppo, da anni si assiste allo scempio di sbattere il mostro in prima pagina con tutte le attività di indagine, intercettazioni, dichiarazioni di collaboratori o sommarie informazioni testimoniali pubblicate su tutti i giornali. Questo fatto, a oggi, è vietato da una norma del codice di procedura penale che ne vieta la pubblicazione fino all’udienza preliminare e che prevede, per la violazione, soltanto una punizione blanda, una contravvenzione, sebbene tutto questo incida gravemente sui diritti costituzionali del cittadino. Adesso si potrà avere finalmente una svolta significativa“, si legge ancora nel comunicato. Una “svolta” che prevede il carcere per i giornalisti, già dichiarato illegittimo dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, e su cui facilmente potrà arrivare il consenso del resto della maggioranza. Anche perché, da quando è in carica, il ministro della Giustizia Carlo Nordio si è scagliato innumerevoli volte contro la pubblicazione dei dialoghi intercettati, definita tra le altre cose “una porcheria” e uno “strumento micidiale di delegittimazione”.
I precedenti – Se una proposta del genere diventasse legge si completerebbe l’opera di silenziamento della stampa inaugurata con il decreto “sulla presunzione d’innocenza” fatto approvare dall’ex ministra della Giustizia Marta Cartabia, che ha imposto pesantissime restrizioni alla comunicazione delle autorità giudiziarie, impedendo di fornire informazioni ai giornalisti al di fuori di cornici formali, con la previsione (successiva) anche di sanzioni disciplinari per chi non si adegua. E si aggiungerebbe un tassello al progetto di controriforma messo in campo dal nuovo governo: dopo il ritorno dei benefici penitenziari per i colletti bianchi condannati e il disegno di legge per impedire l’uso del trojan nelle indagini nei loro confronti, arriva il carcere per chi ancora scrive dei procedimenti che li riguardano. Senza contare l‘approvazione in Parlamento di un ordine del giorno per abolire il blocco della prescrizione del reato dopo il primo grado, introdotta dalla legge Spazzacorrotti dell’ex ministro Alfonso Bonafede. L’assalto è appena iniziato.
Pd: “Attacco alla libertà d’informazione” – “È davvero un tempo difficile per l’informazione. Un ministro, Calderoli, ha minacciato querele a giornali e giornalisti (si chiamano querele temerarie). Ora due deputati di Forza Italia presentano una proposta di legge per punire con il carcere da due a cinque anni la pubblicazione di intercettazioni anche non più coperte da segreto. Troppi giornalisti sono sotto scorta perché minacciati da organizzazioni criminali. Tantissimi sono intimiditi da querele bavaglio. Prevenire e contrastare le gogne mediatiche è giusto, ma qui siamo a un vero e proprio attacco alla libertà di informazione, al giornalismo d’inchiesta”. Lo scrive in una nota il senatore del Pd Walter Verini, membro della Commissione Giustizia. “È necessario difendere i diritti, e tra questi, fondamentale, c’è la libertà di informazione. Per quanto ci riguarda, intensificheremo in Parlamento l’impegno in questa direzione, incontrando giornalisti, sindacati, associazioni”. Fonte: il fatto quotidiano