L’inchiesta della procura di Messina: lo show del trapper Pandetta ai 18 anni del boss di ‘Ndrangheta
Di Alessia Candito - Se nelle piazze il trapper neomelodico catanese Niko Pandetta inizia a avere qualche difficoltà, alla feste private dei rampolli di 'Ndrangheta va fortissimo. E uno degli ultimi palchi, emerge dall'ultima operazione antidroga fra Calabria e Sicilia, è stato quello messo su per i suoi diciott'anni da Antonio Nirta.
Ennesima generazione dell'omonimo clan di San Luca, con nonni e zii condannati per la faida culminata poi nel 2007 con la strage di Duisburg - quei sei morti falciati a colpi di mitra che, volente o nolente, hanno fatto scoprire alla Germania di avere la 'Ndrangheta in casa - Antonio Nirta "il più piccolino, che ha fatto diciott'anni ha voluto a Niko Pandetta". A dirlo, intercettato, è Giuseppe Mazzeo, arrestato come capo della rete messinese che si riforniva dai sanlucoti, ma a confermarlo sono stati i carabinieri che monitoravano la famiglia perché uno dei fratelli, Paolo, pur dagli arresti domiciliari gestiva in serenità una rete di traffico di droga che dall'Aspromonte si estendeva a tutto il messinese. Altri familiari invece sono da tempo in carcere al 41bis.
Regime detentivo che Pandetta, da nipote del boss catanese Turi Cappello, conosce bene. Ne ha pure cantato nella "hit" che l'ha reso famoso e gli ha procurato anche un sacco di guai. Si intitola "Ricordati di me", è dedicata allo zio ergastolano, e letteralmente in uno dei passaggi recita: "zio Turi io ti ringrazio ancora per tutto quello che fai per me, sei stato tu la scuola di vita che mi ha insegnato a vivere con onore, per colpa di questi pentiti sei chiuso là dentro al 41 bis". E regolarmente veniva eseguita.
Non si tratta dell'unico testo o live che a Pandetta abbia procurato polemiche e guai. Un concerto non autorizzato di fronte a 200 persone in onore di Marco Strano, esponente del clan Cappello-Carateddi, all'epoca detenuto" e una serie di discutibili video, gli sono costati un procedimento penale poi archiviato a Catania. In quel contesto, Pandetta si era mostrato pentito e contrito, aveva giurato di "essere cambiato e cresciuto" e di essersi reso conto "di avere tenuto comportamenti biasimevoli".
Per evitare problemi - almeno ufficialmente - dopo aver fatto anche pubblica abiura, aveva cancellato quel pezzo dalla scaletta del suo show, per rimpiazzarlo con nuove "hit", fra cui l'ultimo "successo". Che in una delle strofe recita: "Zitti tutti, pistole nella Gucci bro, Non ci prendi, il mio ferro è nella Vuitton, Nella Fendi una lupara e un Makarov, Pizza e mafia davvero, non solo su Cod".
In classifica non è andato male, ma di certo non ha fatto guadagnare piazze a Pandetta, che solleva polemiche più o meno ovunque vada e spesso si vede cancellare date in programma. A Fuscaldo, dove il trapper avva scelto di esibirsi in un covo di pregiudicati per questo chiuso dal questore per quindici giorni, il concerto è saltato per motivi di pubblica sicurezza. Ma a San Cesareo è stata l'insurrezione di tre quarti del consiglio comunale a far fare indietro tutta agli organizzatori.
Per Pandetta, tutta colpa dello "Stato Italiano che sta deliberatamente cercando di bloccare la mia carriera". Lui, altro non sarebbe che una vittima della "macchina" del fango, un "sistema che, a differenza mia, che faccio intrattenimento e musica, è davvero mafioso". Insomma, la colpa sarebbe tutta della polizia perché "i questori facendo gli sceriffi e usando metodi mafiosi decidono che io non devo lavorare. Io faccio musica, voi fate mafia!". Evidentemente, a dispetto di quello che racconta nelle sue hit. Fonte: larepubblica