‘Sistema Siracusa’, la Procura generale di Messina impugna il patteggiamento di Calafiore: “Sentenza palesemente illegale”
La Procura generale di Messina ha presentato un nuovo ricorso per Cassazione contro il patteggiamento di Giuseppe Calafiore nell’ambito delle vicende riguardanti il cosiddetto 'Sistema Siracusa'. È la seconda volta che accade: la prima sull’accordo in continuazione a 11 mesi, adesso sul patteggiamento a 10 mesi. E non poteva essere altrimenti.
A firmarlo, stavolta, come scrive oggi Luca Signorelli sul quotidiano siracusanews.it, il sostituto procuratore generale Santi Cutroneo che riprende in parte le parole del primo collega di Messina, Felice Lima, e del Procuratore Vincenzo Barbaro parlando di “una delle più gravi ed estese corruzioni sistemiche mai realizzate in Italia”.
Prima di entrare nel merito del ricorso, è bene partire dalle parole dell’avvocato Davide Bruno, che in rappresentanza del Comune durante l’ultima requisitoria dello scorso venerdì ha posto un quesito sostenendo come questo processo possa essere un’occasione persa per fare luce sui fatti che hanno caratterizzato gli ultimi anni. Anche perché lo scorso 25 maggio l’avvocato Giuseppe Calafiore è tornato in aula a Messina dopo l’annullamento del patteggiamento di 11 mesi e… ha patteggiato 10 mesi e 4 giorni. Il “Sistema Siracusa” per lui, che si faceva chiamare “Escobar”, si è chiuso con una pena complessiva (includendo il patteggiamento di Roma) pari a 3 anni, 7 mesi e 4 giorni. Nel conteggio anche il non luogo a procedere su un capo d’accusa (falsità ideologica in concorso) per avvenuta prescrizione, il ricorso è servito solo per diminuire la condanna e permettere ulteriori prescrizioni.
Ma la Procura generale non ci sta, attacca il Gup Ornella Pastore che ha “sorprendentemente accolto l’istanza delle parti identica alla precedente – si legge nelle premesse del ricorso – pronunciando una sentenza che è esattamente identica a quella dichiarata illegittima” e annullata dalla Cassazione nel 2021. Definendo la nuova sentenza, “che si è nuovamente costretti a impugnare – ancora il sostituto Cutroneo – palesemente illegale”. Perché “nessuna delle affermazioni con cui la giudice ha motivato la sentenza ha alcun, minimo, fondamento giuridico”.
Tra le contestazioni più gravi espresse dalla Procura generale la questione riguardante Amara-Calafiore-Verdini-Mineo: “non si capisce come possa credersi che persone intente a compiere crimini oggetto delle imputazioni, per i quali la nomina di Mineo era assolutamente funzionale, abbiano sentito l’impulso di regalare, senza contropartita alcuna, centinaia di migliaia di euro a Verdini e che quest’ultimo abbia poi avvertito autonomamente, e senza collegamento con la recentissima dazione di quelle cospicue somme, l’esigenza di proporre la nomina del complice dei suoi benefattori. Credere a questa favola, ammannita per evidenti scopi difensivi, significa eliminare dalla valutazione ogni criterio ermeneutico di tipo logico”.
Insomma, il sostituto procuratore generale non è affatto soddisfatto del lavoro del Gup che – a suo dire – avrebbe dovuto rigettare il patteggiamento per errata qualificazione giuridica. Per di più l’ammissibilità del patteggiamento dovrebbe essere “subordinata alla restituzione integrale del prezzo o del profitto del reato (nel caso di specie 300 mila euro)”. E non, come avvenuto, con la confisca di immobili e denaro fino a 63.900 euro la condanna alle spese in favore delle parti civili per poco più di 2.800 euro ciascuna.
A questo punto non resta che attendere il pronunciamento della Suprema Corte ed eventualmente un nuovo patteggiamento il prossimo anno. Nel frattempo il rischio è che possano esserci altre prescrizioni, a meno che la pena non sia più ingente.