Sebastiano Ardita: fallimento del referendum punto di non ritorno nei rapporti tra giustizia e politica
Di Sebastiano Ardita - Il fallimento dei Referendum nei termini clamorosi in cui è avvenuto segna un punto di non ritorno nei rapporti tra giustizia e politica. Benché il mondo giudiziario sia gravemente in crisi, le istituzioni parlamentari non sono in grado di riformarlo. Non hanno un progetto per gli strumenti processuali, assistono inerti al disastro del sistema penitenziario, non sono state neppure in grado di intervenire per espellere le correnti dal Csm, attraverso la semplice introduzione di un sorteggio per scegliere i componenti. I politici avrebbero voluto essere incoraggiati dai cittadini e li hanno portati a votare referendum che non avevano né capo né coda, per tentare una azione riformatrice che - se fosse stata necessaria ed efficace - avrebbero dovuto intraprendere a prescindere.
E invece si trovano adesso con la più clamorosa delle sconfessioni da parte del popolo.
In queste condizioni come faranno a votare il testo della legge che prevede una separazione delle carriere se i cittadini hanno disdegnato di recarsi alle urne sul referendum omologo?
È evidente che non potranno approvare sul punto, così come è stata scritta, la riforma Cartabia che impedisce il passaggio di funzioni tra giudice e PM. Perché i cittadini non la vogliono!
Si aspettavano un referendum che sancisse la sfiducia verso i magistrati ( e ci sarebbe forse qualche ragione di scontento…) ed è venuto fuori invece un referendum che sancisce la sfiducia verso la politica e la sua inconcludente azione sulla giustizia, a iniziare dalla cd riforma Cartabia.