28 Aprile 2025 Attualità

ESCLUSIVO: Ecco perché il Ponte sullo Stretto non ha mai convinto i militari

di Antonio MazzeoUn rapporto delle forze armate, volutamente tenuto nel cassetto da quasi 40 anni, avrebbe espresso un parere del tutto negativo sul progetto di realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina. La sua esistenza è confermata da un lungo articolo pubblicato dal generale di corpo d’armata Gualtiero Corsini nel luglio-agosto 1987 su Rivista Difesa, periodico ufficiale dello Stato Maggiore dell’Esercito italiano. Nello specifico, l’alto esponente militare provava ad analizzare il cosiddetto “coefficiente D” della mega opera, dove la lettera D sta per “Difesa”. Coefficiente sicurezza e difendibilità pari quasi a zero, valutazione mai smentita fino ad oggi dai massimi vertici delle forze armate.

Dal punto di vista militare, il Ponte sospeso è la soluzione meno valida per l’attraversamento stabile dello Stretto”, scriveva nero su bianco Corsini.

 “L’opera sarebbe esposta ad ogni tipo di offesa condotta con vettori navali, aerei e missilistici, divenendo punto sensibile di dimensione strategica probabilmente non comparabile – sotto questo aspetto – con alcun altro obiettivo oggi esistente nel territorio nazionale”. L’Esercito avrebbe dunque rilevato in tempi non sospetti l’alta vulnerabilità e la non difendibilità del Ponte in caso di conflitto armato e attacco terroristico. E avrebbe pure bacchettato fautori e progettisti dell’opera di collegamento stabile tra Scilla e Cariddi per la scarsa attenzione prestata alla sua sostenibilità militare e, soprattutto, per non aver stimato tra i costi finali del progetto, quelli relativi al trasferimento nello Stretto di reparti militari specializzati e all’acquisizione di sofisticati sistemi d’arma per la protezione (simbolica) dei cantieri e - dopo - del manufatto. Un onere che oggi appare ancora più pesante e insostenibile in termini di militarizzazione del territorio e della società, in due regioni, Calabria e Sicilia, già sottoposte a soffocanti servitù a fini bellico-strategici.

Realizzarlo e come o, al limite non realizzarlo

L’attraversamento stabile dello Stretto di MessinaUna decisione difficile – Il coefficiente “D”. E’questo il titolo dell’intervento a firma del generale Gualtiero Corsini che, alla luce delle recenti dichiarazioni del governo Meloni-Crosetto-Salvini (Il Ponte opera di rilevanza strategico-militare per la mobilità di uomini e mezzi tra le basi NATO del Sud Italia e la Sicilia), assume a quattro lustri di distanza dalla sua pubblicazione il valore di utile e autorevole contro-narrazione sulla reale portata e valenza militare del Mostro sullo Stretto.

Nell’introduzione, Corsini si chiedeva se e come realizzare un collegamento stabile tra Sicilia e Calabria o se, al limite, in termini di “difesa”, sia meglio non realizzarlo. Preso atto della volontà politica generale di andare comunque avanti nella sua progettazione, il generale si soffermava sulle tre possibili soluzioni che nel 1986 la Società Stretto di Messina aveva sottoposto a studi di fattibilità: una terna di gallerie subalvee affiancate (due stradali ed una ferroviaria con relativa galleria di servizio); un’unica galleria alvea stradale e ferroviaria; un ponte sospeso stradale e ferroviario. Entrambe le soluzioni vengono dichiarate fattibili, ma come soluzione tipologica, ottimale sotto i vari aspetti tecnici, ambientali, imprenditoriali e socio-economi, è stata indicata quella del ponte sospeso a campata unica di scuola italiana”, spiegavaCorsini.

In vista dell’avvio dell’iter progettuale pro-ponte, la Commissione delle Ferrovie dello Stato chiamata a valutare gli elaborati presentati dalla Stretto di Messina SpA, aveva espresso la necessità che la progettazione di massima venga avviata con il preliminare esame dei problemi di competenza dei Ministeri della Difesa e della Protezione Civile, nonché di quelli relativi alla difesa contro il sabotaggio. Il generale Corsini rilevava però comeproprio il “coefficiente D” rappresentasse uno degli aspetti più “critici” del Ponte a campata unica, oltre a quelli di ordine ambientale-naturale (eventi sismici, presenza di faglie attive, forti correnti marine, venti, ecc.), a quelli relativi all’impatto ambientale e agli aspetti economico-finanziari dell’opera (si parla di cifre intorno agli ottomila miliardi di lire da investire nell’arco di tempo di dieci anni)”.

E’ emerso, soprattutto negli ultimi tempi, l’aspetto della vulnerabilità e delle relative esigenze di difesa”, aggiungeva Corsini. “Di quest’ultimo tema, che è quello che maggiormente ci interessa in questa sede, si era detto sino ad oggi assai poco. C’è soltanto qualche dichiarazione dei responsabili della Società Stretto di Messina secondo cui – come riportato dalla stampa – il ponte sospeso, oltre ad essere in grado di uscire indenne da una scossa del 9° grado della scala Richter ed a sopportare venti sino a 200 km all’ora, potrebbe resistere persino ad un’esplosione nucleare (peraltro di potenza non precisata) a 500 metri di distanza.

L’alto esponente dell’Esercito italiano, oltre a non nascondere una certa ironia sulla certificata“sostenibilità nucleare del Ponte, lamentaval’insufficiente attenzione dei responsabili della governance dell’opera per i dovuti pareri tecnici di ordine militare. “C’è stato qualche cenno di risposta ai cosiddetti interrogativi di natura strategica con la precisazione (sul Mattino del 22 settembre 1985 – Intervista di Oreste Barletta a Gianfranco Gilardini - al tempo amministratore delegato della Società Stretto di Messina, nda) che una volta scelta la tipologia si sarebbe parlato con i militari anche se problemi non dovrebbero nascere perché il “ponte” è stato studiato per essere percorso anche dai carri armati”.

In guerra il Ponte è “obiettivo pagante” e lo si colpisce con facilità

L’attraversamento stabile dello Stretto di Messina, però, comporta la costruzione di un’opera che, qualunque sia la tipologia prescelta, assumerà la caratteristica di punto sensibile di dimensione strategica probabilmente non comparabile – sotto questo aspetto – con alcun altro obiettivo oggi esistente nel territorio nazionale”, ammoniva Corsini. Anzitutto in quanto collegamento essenziale per la vita economica e l’alimentazione di un’isola con circa 5 milioni di abitanti che rappresenta una porzione dell’ordine del 10% della Nazione. In secondo luogo per le caratteristiche di obiettivo pagante (in grassetto nell’articolo di Rivista Difesa, nda) rispetto ai risultati conseguibili in relazione alla vulnerabilità. Si è in presenza, cioè, di un rapporto costo (dell’offesa)/efficacia (dei risultati ottenibili) eccezionalmente favorevole per ogni potenziale elemento ostile.

Il risultato di un’azione offensiva contro il Ponte sullo Stretto di Messina sarebbe dunque eccezionale, non solo per le conseguenze pratiche derivanti dall’eventuale interruzione fisica di una connessione che, una volta realizzata, finirebbe per diventare pressoché vitale, quanto in relazione al valore di simbolo ed ai contenuti politici ed a quelli psicologici che un grave danno all’opera verrebbe ad assumere.

Il generale Gualtiero Corsini affermava altresì che dall’eventuale “collasso” o perdita pressoché totale del manufatto, sarebbero derivate, inoltre, interruzioni anche prolungate della navigazione marittima nello Stretto.Per queste sue peculiarità, l’infrastruttura è destinata, di per sé, ad attirare l’attenzione di ogni eventuale aggressore, anche minore.

I predetti aspetti negativi, pur comuni a tutte le tipologie ipotizzate (ponte sospeso, galleria alvea, galleria subalvea), sono però presenti in misura diversa in ciascuna delle tre soluzioni”, avvertiva Corsini.Il ponte sospeso presenta la maggiore vulnerabilità in quanto tutta l’infrastruttura è esposta ad ogni tipo di offesa condotta con vettori navali, aerei e missilistici ed ogni punto è vitale per la sopravvivenza. Nessun tipo di mascheramento elettronico è ipotizzabile per un bersaglio destinato a dare un’eco radar rilevabile da grandissima distanza anche con apparati non particolarmente sofisticati e, quindi, anche la protezione da attacchi condotti con mezzi non balistici obbligherebbe ad una sorveglianza continua di un’area vastissima di cielo, di mare e di terra.

“D’altra parte – aggiungeva Corsini - la potenza dell’eventuale ordigno impiegato dall’aggressore dovrebbe essere, ragguardevole per infliggere danni irrimediabili, poiché occorrerebbe danneggiare gravemente le torri o tranciare almeno due cavi principali per provocare il collasso mentre il tranciamento di un solo cavo o di qualche ancoraggio potrebbe forse consentire il recupero della funzionalità dell’opera in un tempo ragionevole e ancor più rapidamente riparabili sarebbero gli eventuali danni al solo impalcato.

Di conseguenza il generale dell’Esercito italiano auspicava l’attivazione “permanente” nell’area dello Stretto di una consistente protezione antiaerea ed antimissile”, con tanto di “sistemi multipli aerei, missilistici e artigliereschi, posti a terra e imbarcati”, con costi ulteriori tutti da prevedere per il completamento e la gestione in esercizio della mega opera. “In ogni caso la soluzione ponte sospeso sembra davvero essere quella meno valida dal punto di vista della Difesa”, concludeva Corsini. Comporterebbe, infatti, rilevanti oneri per la realizzazione di un’efficace protezione.

Forse meglio i tunnel, ma non troppo

Nella seconda parte dell’articolo pubblicato da Rivista Difesa nel 1987, il generale Gualtiero Corsini si soffermava sulle problematiche logistico-militari relative alle altre due alternative progettuali di collegamento stabile, poi definitivamente abbandonate. “La galleria alvea ha globalmente una vulnerabilità minore – ma non di moltissimo – per la naturale protezione offerta dalle acque, anche rispetto ai mezzi tecnici per l’acquisizione degli obiettivi”, scriveva Corsini. Tuttavia di questo possono avvantaggiarsi anche gli eventuali attaccanti per avvicinarsi all’obiettivo con mezzi insidiosi. Sembrerebbe, però, che un danneggiamento di carattere puntuale, da parte di siluri, mine o altri ordigni, pur comportando un’interruzione anche prolungata del traffico, non imponga la necessità di una completa demolizione e ricostruzione per il ripristino in quanto i singoli segmenti del tubo o, meglio ancora, di uno dei tubi, sarebbero comunque recuperabili. I tempi di ricostruzione sarebbero certamente lunghi ma i rischi di interruzione prolungata della navigazione attraverso lo Stretto sembrano tuttavia minori.

Per il generale, la soluzione della “galleria alvea” avrebbe offerto, quindi, rispetto al Ponte, una “minore vulnerabilità e minore contenuto psicologico attrattivo non possedendo le caratteristiche della visibilità”. Inoltre avrebbe comportato oneri minori, ancorché sempre rilevanti, per la sua protezione.

Molto inferiore sarebbe stata invece la “vulnerabilità” di una galleria subalvea, in quanto notevolmente protetta nei confronti di tutti i tipi di minaccia oggi noti, e la difesa può limitarsi ad una rigorosa protezione degli accessi. Anche gli oneri “difensivi” sarebbero stati più contenuti rispetto al Ponte sospeso, ma la “soluzione presenterebbe comunque l’inconveniente che un eventuale grave danneggiamento all’interno del tunnel – sempre possibile anche per eventi naturali – potrebbe comportare grossi problemi per il ripristino e, al limite, la perdita definitiva dell’intera infrastruttura.

Sempre secondo il rappresentante dell’Esercito, tutte le tipologie di collegamento stabile previste sarebbero particolarmente “sensibili” ad un’azione di sabotaggio. “Questo tipo di problemi è stato affrontato ma per la verità non pare che sia stato molto approfondito”, ammetteva Corsini.Comunque la galleria subalvea e quella alveasono state ritenute maggiormente vulnerabili al sabotaggio ed al terrorismo e su questo difficilmente si può concordare (specie per la galleria subalvea). In caso di catastrofe, infatti, non pare davvero che il ponte sospeso possa vantare un qualche vantaggio. Appare più accettabile, invece, l’idea che possono essere maggiori - rispetto al ponte sospeso – le difficoltà di accesso per i soccorsi e di evacuazione in caso di guasti ed incidenti non catastrofici.

Guai a trascurarci: lo impone la legge e dovete darci i soldi!

Prima di concludere l’intervento sulle diversecriticità militari del Ponte & C,, il generale tornava ad esprimere il disappunto sulla scarsa considerazione manifestata – secondo lui - per la Difesa e per le istituzioni militari. Inoltre poneva l’attenzione sulla necessità di potenziare le reti viarie e mantenere unadeguata presenza di aliscafi e traghetti per la mobilità tra le due sponde dello Stretto.

“La difesa rappresenta indubbiamente una delle componenti essenziali nell’ambito dell’organizzazione della vita nazionale e perciò lo specifico parametro deve essere considerato accanto a quelli tecnico e finanziario allorché si vogliono realizzare grandi opere destinate a sfidare i secoli ed a condizionare comunque in misura significativa le generazioni future”, scriveva CorsiniSu questo sono tutti d’accordo anche se nelle manifestazioni pubbliche si assiste quasi ad una sorta di rimozione del tema o, nel migliore dei casi, alla completa delega ad altri – nella fattispecie inevitabilmente ai militari – (…) più probabilmente, soltanto perché consci della sua scarsa popolarità.

Fortunatamente, il mondo degli operatori dei settori dei trasporti e dell’industria, siano essi tecnici o accademici, operativi o amministrativi, manifesta generalmente maggiore attenzione al coefficiente D e le leggi dello Stato aiutano tutti a non trascurarlo oltre il lecito”, proseguiva il generale.Punti di riferimento essenziali a questo proposito sono la infelicemente denominata, legge sulle servitù militari del 1965 che all’articolo 17 subordina la realizzazione di grandi infrastrutture per i trasporti al parere del Comando Militare Territoriale competente e il Decreto del Presidente del Consiglio del 10 aprile 1986 - meglio noto come Piano Generale dei Trasporti (PGT) – che, all’articolo 39, con riferimento alla realizzazione di grandi infrastrutture di trasporto, obbliga al preventivo concerto con la Difesa sin dalla fase di approntamento del progetto di massima e, all’articolo 60, richiama l’attenzione sul problema della vulnerabilità del sistema dei trasporti (norme e PGT sono stati modificati e/o aggiornati, ma resta però l’obbligatorietà del parere dei vertici militari,Nda). Richiamo, quest’ultimo, che vale per tutti e anche per la stessa Amministrazione della Difesa la quale spesso non sembra ricordare abbastanza come, in tema di trasporti, le Forze Armate siano sostanzialmente dipendenti – nel nostro Paese come in tutti i Paesi – dal sistema civile.

Corsini ribadiva altresì che nel considerare il coefficiente “D” in campo trasportistico si dovesseporre con molta attenzione l’aspetto economico-finanziario:Anche qui ci viene in soccorso il PGT ove è detto (documentazione richiamata all’articolo 39): “I costi addizionali conseguenti ai vincoli imposti da esigenze di Difesa Nazionale che, soprattutto nella realizzazione di nuove opere, potrebbero richiedersi, non possono in nessun caso essere sopportati dal normale bilancio del Ministero della Difesa”. Per la “protezione” delle grandi opere – con ulteriori truppe e mezzi di guerra devono dunque provvedere con ulteriori spese i Ministeri competenti e non certo le forze armate.

Sul problema dell’attraversamento dello Stretto di Messina la Difesa si è già formalmente espressa in termini generali e certamente approfondirà l’esame in fase di elaborazione del progetto di massima riferito ad una precisa scelta di tipologia e di collocazione territoriale per giungere all’elaborazione del parere definitivo previsto dalla legge”, affermava con eccessivo ottimismo il generale Corsini.Qualunque sia la scelta tipologica dovranno essere garantite tre richieste preventive dalla Difesa: il mantenimento in vita di un servizio – pur ridotto – di traghetti, che assicuri la permanente agibilità degli invasi e, quindi, la possibilità di immediato ripristino di un servizio alternativo efficace, in caso di interruzione dell’attraversamento permanente; l’attivazione delle predisposizioni necessarie per assicurare il pronto ripristino della navigazione nello Stretto e dei collegamenti stradali tra il nord della costa calabra tirrenica e Reggio Calabria in caso di collasso, per cause naturali o artificiali delle opere realizzate;l’iscrizione, in aumento del bilancio della Difesa, degli stanziamenti per le maggiori spese che certamente dovranno essere sostenute – nel quadro delle missioni interforze interessate – per assicurare un minimo di protezione permanente dalle minacce più pericolose.

Il generale Corsini auspicava infine che il capitolo relativo alle spese di “difesa” dello Stretto venisse determinato ed inserito nel conto economico della realizzazione delle opere di attraversamento stabile quando, dopo la scelta della tipologia, potranno essere definite le modalità ed i mezzi minimi necessari al conseguimento dello scopo e dopo che lo stesso sarà determinato in termini di livello di protezione che si intenderà conseguire”. L’auspicioad oggi, è stato disatteso da parte del governo, dei progettisti e della Società Stretto di Messina.

Meglio il collegamento nello Stretto uno e trino

Certamente minore peso può avere il coefficiente “D” nella scelta tipologica, anche se però esso lo ha già avuto perché il tempestivo primo formale parere della Difesa ha costretto un po’ tutti a riflettere maggiormente sul critico aspetto della sicurezza e sui relativi costi e forse non è stato l’ultimo dei motivi che hanno spinto ad attendere l’esito di altri studi ed a vagliare meglio certe soluzioni prima di imboccare la strada definitiva”, spiegava Corsini.“Tuttavia si può asserire che a parità di tutti gli altri aspetti tecnici, economici, funzionali e politici, la scelta dovrebbe essere orientata verso la soluzione meno vulnerabile e con minori costi di difesa, che è poi la galleria subalvea”.

In definitiva la strada migliore sarebbe quella della ricerca di una soluzione diversificata dell’attraversamento ferroviario da quello stradale che consentirebbe, unitamente al servizio ridotto di traghetti, di ottenere una minore vulnerabilità globale, a parità di difesa, attraverso la disponibilità di più soluzioni alternative”, concludeva il generale su Rivista Difesa. Certo la diversificazione potrebbe comportare costi maggiori, ma qualora le differenze di spesa non risultassero proibitive non vi dovrebbe essere alcuna esitazione nel puntare, ad esempio, sulla soluzione galleria alvea per la ferrovia e ponte sospeso o gallerie alveedistanziate per la strada.

La previsione di tre gallerie, due stradali per i due sensi di marcia ed una ferroviaria per i due binari (…) facilita la costruzione e, soprattutto, consente di procedere per gradi utilizzando subito la prima galleria e realizzando – o meno – le altre anche in relazione alle prime esperienze di costruzione e di esercizio. Infine, la disponibilità di tre strutture separate darebbe una garanzia di sicurezza e continuità del collegamento di gran lunga maggiore poiché sarebbe effettivamente minore il rischio di avere conseguentemente i tre passaggi inutilizzabili per eventi catastrofici naturali o artificiali.

Come nel gioco dell’oca alla fine si torna sempre al punto di partenza. Al ponte e ai tunnel, per sostenibilità socio-ambientale, costi e loro inutile protezione militare è davvero meglio continuare a proteggere l’integrità e il patrimonio di bellezza dello Stretto di Messina.

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