17 Gennaio 2025 Sport Cultura Spettacolo

”Il coraggio del male”, un romanzo di confine tra legge e ribellione

La giornalista Silvia Grassi intervista il procuratore aggiunto di Catania Sebastiano Ardita sul suo ultimo libro

di Gabriele Ciulla - Una verità da sempre nascosta, raccontata senza una veste ben cucita, la macchia rossa di sangue con cui l’Italia si è macchiata e che ancora non vi trova giustizia, stiamo parlando degli anni di piombo, il periodo compreso tra gli anni '60 e '80, iniziato dalla strage di piazza Fontana, scontri armati tra studenti e forze dell’ordine nel '68, fino al caso moro nel '78 e così via. Un mistero che appare fitto ed irrisolvibile come un groviglio di spine lasciato crescere senza controllo, annodato un nodo da non poter mai sciogliere, quello che coinvolge Stato, mafia, Brigate Rosse, destra eversiva, terrorismo, massoneria deviata, servezi segreti e CIA. Volumetrici libri, inchieste, processi cercano di unire un collage macabro, pur tuttavia senza concreta risposta, è con intelligenza che il pm Sebastiano Ardita presenta il suo primo romanzo, effettuando un cambio di direzione narrativa con “Il coraggio del male”, edito da Bonfirraro, intervistato via web dalla giornalista Silvia Grassi, alla quale racconta le vere ragioni che l’hanno spinto a scrivere. Attualmente Ardita è procuratore della Repubblica aggiunto a Catania e componente della Direzione Distrettuale Antimafia. È stato componente del CSM, procuratore della Repubblica aggiunto di Messina. In precedenza è stato direttore generale detenuti e trattamento presso il DAP nel Ministero della Giustizia. Si menzionano anche i suoi altri libri, che non tanto distanti nelle tematiche si raccolgono a denunciare l’assoluto caos che impervia tra sistema carcerario - giudiziario, politico ministeriale e sistemi criminali. Possiamo ricordare “Ricatto allo Stato, un saggio sulla trattativa Stato-mafia” (Sperling&kupfer, 2011), “Catania bene” (Mondadori, 2015) “Giustizialisti” (Paperfirst, 2017), “Cosa Nostra SpA(Paperfirst), “Al di sopra della legge” (Solferino, 2022)”. Con fare leggero, ma allo stesso tempo critico, l’autore ci racconta una storia d’amore e di ideali che lega due giovani, Stella, una ragazza in bilico tra la ribellione e il terrorismo, che incarna la lotta contro un sistema che percepisce come oppressivo e ingiusto. E Domenico, un agente di custodia che vive una pressione costante tra il suo dovere istituzionale e il sentimento nascente per Stella. I due protagonisti rappresentano il cuore pulsante di una storia in cui le loro scelte si intrecciano con le dinamiche di potere, corruzione e giustizia. In un crescendo di tensioni personali e politiche, Stella e Domenico si trovano a lottare su fronti opposti, legati da un destino che li porta a confrontarsi con la propria identità e le proprie paure più profonde. Mentre le rivolte esplodono e la mafia stringe la sua morsa sulle istituzioni, i protagonisti affrontano scelte impossibili, in bilico tra il tradimento di se stessi e il desiderio di libertà. Con uno stile incisivo e coinvolgente, Sebastiano Ardita ci offre una panoramica sulla triste realtà dei reclusi e il difficile equilibrio tra lo Stato, la mafia e il sistema carcerario. Il romanzo svela le complessità del rapporto tra legge e ribellione, mostrando quanto sia sottile il confine tra il bene e il male.

Attraverso una narrazione che non lascia respiro, il lettore è trascinato in un crescendo di colpi di scena e dilemmi morali che mettono a dura prova l’integrità dei personaggi. In un’epoca in cui le rivolte e la questione penitenziaria tornano al centro dell’attenzione pubblica, Il coraggio del male offre un’opportunità unica per esplorare da vicino un mondo complesso, fatto di sofferenza, coraggio e scelte drammatiche. È un invito a riflettere sul significato della giustizia e del potere, in un contesto dove spesso i valori si confondono. Il tema principale emerge come lotta tra bene e il male, tra sistema ed antisistema, corruzione ed etica. Quello che ormai è sotto gli occhi di tutti, è il modus operandi perbenista dello Stato; tanta burocrazia, ma sostanzialmente irregolarità e criticità, è la costante che si verifica sempre tra protocolli e attuazione degli stessi, sicurezza e rispetto dei diritti della costituzione e degli individui. Lo sottolinea Ardita nell’intervista con Silvia Grassi, in cui dice: “Bisogna migliorare le condizioni delle carceri, dei detenuti nelle loro libertà individuali, e degli agenti, altrimenti non c’è Stato di Diritto”. Troppe le vittime nelle carceri italiane e Domenico, il coprotagonista del romanzo, rappresenta proprio quello spaccato di realtà in cui gli agenti di custodia erano e sono ligi al dovere, seri e professionali, nonostante la nomea che avevano sulle loro qualità culturali. Oggi gli agenti di polizia penitenziaria con il cambio ordinamento continuano a soffrire di pochi sostegni da parte dello Stato, garanzie e sicurezze. Settanta suicidi fra i detenuti e sette fra la Polizia penitenziaria nel solo 2024, 15mila ristretti oltre i posti disponibili, 18mila unità mancanti alla Polizia penitenziaria, omicidi, stupri, traffici di sostanze e oggetti non consentiti, violenze di ogni genere e in tutto questo non una parola dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (DAP) e dal Ministero della Giustizia, molto più attenti nel tentare di ridimensionare, peraltro goffamente, una crisi senza precedenti. Ma cos’altro deve accadere affinché si assumano seri provvedimenti?” Lo dichiara Gennarino De Fazio, Segretario Generale della UILPA Polizia Penitenziaria. “Mentre la politica evidentemente è impegnata a occuparsi del caso Sangiuliano piuttosto che di ‘San Vittore’, nei penitenziari avviene di tutto. A pagarne le spese, oltre ai reclusi, 36mila donne e uomini della Polizia penitenziaria, sottodimensionati negli organici, stremati nelle forze e mortificati nell’orgoglio, che scontano le pene dell’inferno per la sola colpa di essere al servizio dello Stato. Quello stesso Stato che, per mano dei governi, li ha abbandonati”. "Il Guardasigilli, Carlo Nordio, e l’Esecutivo Meloni battano un colpo. Tutto quello che sta avvenendo ha delle responsabilità precise, quantomeno politiche e morali, ma forse non solo. Servono interventi tangibili e ad effetto immediato. Necessita subito ridurre il sovraffollamento, potenziare la Polizia penitenziaria, assicurare l’assistenza sanitaria e rendere salubri e sicure le strutture. Parallelamente, va riorganizzato l’intero sistema. Davvero, non c’è più tempo”, conclude De Fazio. In antitesi sembra invece il nuovo  decreto-legge che introduce misure urgenti in materia penitenziaria, di giustizia civile e penale e di personale del Ministero della giustizia, approvato su proposta del Presidente Giorgia Meloni e del Ministro della giustizia Carlo Nordionel luglio del 2024. Da questo decreto emerge la volontà di rafforzare la sicurezza, l’operatività e l’efficienza degli istituti penitenziari. Ora dunque, vedremo in avanti, come prima esposto, se si attengono alla forma da loro emanata e se le irregolarità e criticità vengono sanate.

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