ROSARIO PIO CATTAFI TORNA IN LIBERTA’… VIGILATA. PER I MAGISTRATI RESTA “SOCIALMENTE PERICOLOSO”. ECCO LE MOTIVAZIONI DEL TRIBUNALE DI SORVEGLIANZA
di Antonio Mazzeo - Per il Tribunale di Sorveglianza di Milano il pregiudicato barcellonese Rosario Pio Cattafi, ritenuto dagli inquirenti come l’uomo-cerniera tra le cosche mafiose, i colletti bianchi e gli apparati istituzionali dello Stato, continua ad essere “socialmente pericoloso”.
Con sentenza del 2 dicembre 2024, il Magistrato di sorveglianza ha accertato la “pericolosità sociale” del Cattafi, tornato in libertà per fine pena il 25 novembre dopo aver scontato una condanna a sei anni di reclusione per associazione mafiosa “fino all’anno 2000” e calunnia, con sentenza emessa dalla Corte d’appello di Reggio Calabria il 6 ottobre 2021.
Contro l’ex detenuto è stata applicata la misura di sicurezza personale della libertà vigilata per la durata di due anni: Rosario Pio Cattafi dovrà stabilire il proprio domicilio nel Comune di Barcellona Pozzo di Gotto (qui dovrà permanervi senza potersi allontanare dalle ore 22 alle 6, salvo autorizzazione del Magistrato di sorveglianza per comprovati motivi); inoltre dovrà presentarsi una volta la settimana all’Autorità incaricata della vigilanza, non potrà fare uso di sostanze stupefacenti e bevande alcoliche, non potrà detenere o portare con sé armi o altri strumenti “atti ad offendere”, né frequentare persone dedite ad attività illecite.
“Sulla base di tutti gli atti già esaminati dal Tribunale di Sorveglianza di Milano, la pericolosità sociale di Rosario Pio Cattafi non può dirsi cessata o grandemente scemata”, scrive il magistrato di sorveglianza Beatrice Secchi. “Come già ritenuto in sede di ordinanza di rigetto dell’istanza di misura alternativa della detenzione domiciliare, non emergono circostanze che inducano a far ritenere venuta meno la probabilità che lo stesso – inserito a pieno titolo in un sodalizio mafioso riconducibile a Cosa Nostra siciliana denominata famiglia barcellonese – torni a commettere altri fatti previsti dalla legge come reato; deve pertanto confermarsi la prognosi sfavorevole posta a fondamento del riconoscimento della pericolosità sociale del medesimo e la misura di sicurezza deve dunque essere dichiarata eseguibile”.
L’11 aprile 2024 il Tribunale di sorveglianza di Milano aveva respinto la richiesta dei legali di Rosario Pio Cattafi di beneficiare della detenzione domiciliare.
“La sentenza emessa in sede di rinvio (dopo la sentenza di annullamento emessa dalla Corte di Cassazione l’1 marzo 2017) dalla Corte d’Appello di Reggio Calabria, divenuta irrevocabile il 16 maggio 2023, delinea con precisione il ruolo di Cattafi all’interno dell’associazione criminale mafiosa di appartenenza, con il ruolo di mantenere i contatti fra i vertici dell’organizzazione ed altri sodalizi mafiosi riconducibili a Cosa Nostra, fra cui la famiglia Santapaola di Catania e Cosa Nostra palermitana”, scrive il magistrato del capoluogo lombardo.
“Preso atto del giudicato in punto di ruolo svolto da Cattafi all’interno del consorzio criminale (qualificato come partecipe dalla sentenza di primo grado) e del momento di cessazione della sua appartenenza a detto consorzio (individuato nel marzo del 2000), la sentenza in esame delinea con precisione la figura del Cattafi; evidenzia che lo stesso è affiliato che opera e si interfaccia con i colletti bianchi, con le istituzioni (deviate) economiche e sociali assumendo pertanto in seno al sodalizio compiti riservati di alto livello risultando per ciò solo assolutamente lontano dall’esercizio di funzioni esecutive e materiali riservate ad altri soggetti con cui non a caso Cattafi non ha costanti rapporti di frequentazione; la sua partecipazione è peculiare nel senso che, assumendo compiti e rapporti con le istituzioni deviate ed i colletti bianchi ed essendo tenuto per ciò solo a particolare prudenza e circospezione si interfaccia solo i vertici della cosca, stando ben attento, specie dopo la sua carcerazione nel 1997, a interfacciarsi con gli affiliati facenti parte dell’ala militare ed esecutiva della potente cosca barcellonese”.
La mai cessata “pericolosità sociale” di Rosario Pio Cattafi è suffragata dalla relazione di sintesi del Tribunale di sorveglianza di Milano del 9 aprile 2024.
In essa si legge in particolare che l’allora detenuto “nega ogni responsabilità per i fatti di reato in relazione ai quali ha riportato condanna e qualsiasi contatto con organizzazioni mafiose; afferma di essere stato condannato per sentito dire, riferendosi chiaramente alle numerose chiamate in correità agli atti del processo”. Il pregiudicato barcellonese “riferisce che per evitare la mafia ha sempre svolto il suo ruolo nel campo del diritto civile o amministrativo, quasi che le articolazioni della mafia che operano nel settore economico non abbiano anche bisogno di queste competenze professionali; conferma e ribadisce di essere stato vittima di persecuzione da parte delle forze dell’ordine e di essere stato accusato falsamente dai collaboratori di giustizia; parla di convergenza del molteplice, necessariamente sapendo in realtà (in quanto avvocato) che ben diversa cosa è la sussistenza di indizi gravi, precisi e concordanti ex art. 192 del codice di procedura penale”.
“Rosario Pio Cattafi spiega su richiesta il coinvolgimento in più processi per mafia (anche quello in cui è stato assolto, trattasi del processo sull’Autoparco di via Salomone a Milano, ndr), con l’esigenza dei magistrati di condannarlo per poi farlo collaborare e avere informazioni”, conclude la relazione del Tribunale. “Ed è con tale tesi che Cattafi chiarisce l’attuale condanna e l’espiazione di parte di essa nel circuito 41bis. Non entra ovviamente nel merito dei motivi per cui la sua collaborazione sarebbe stata considerata tanto importante dalla Forze dell’ordine e dalla magistratura. Cattafi, che si pone a colloquio in modi e toni pacati, utilizza il dialogo conferendo all’esposizione dei concetti un’architettura, un’estetica di piacevole ascolto che di primo acchito esprime rispetto per le istituzioni, per le leggi, le espressioni e le pronunce dei suoi organi (sentenze). Riportando il discorso al concreto però ciò che emerge è il contrasto tra l’asserito rispetto e il finale dichiararsi sostanzialmente non responsabile per il reato ex art. 416bis e nemmeno per il reato di calunnia (…). Le manifestazioni di disprezzo per la mafia e le affermazioni di promuoverne il distacco in sezione almeno in relazione a certi compagni restano quindi prive di riscontri oggettivi. L’equipe pertanto allo stato attuale esprime parere non favorevole alla fruizione dei benefici, confermando la permanenza nel circuito di attuale allocazione…”.
Tra le motivazioni dell’ordinanza relativa all’applicazione di misura di sicurezza nei confronti del pregiudicato barcellonese, vengono riportati alcuni passaggi della nota della Questura di Messina del 10 aprile 2024, nella quale si riassumono alcune delle più significative vicende giudiziarie che lo hanno riguardato.
“Nel 1973 il detenuto riportava condanne per detenzioni di armi far le quali un mitra marca Sten; in relazione a questo fatto Cattafi veniva anche colpito da ordine di cattura emesso dalla Procura della Repubblica di Messina, sottraendosi all’esecuzione per circa due mesi per poi costituirsi”, vi si legge. “Nel 1983 veniva notato in compagnia di Francesco Rugolo (poi ucciso a Barcellona Pozzo di Gotto), esponente del gruppo barcellonese di Cosa Nostra; nell’84 viene tratto in arresto in Svizzera per associazione a delinquere di stampo mafioso, sequestro di persona a scopo di estorsione e traffico di sostanze stupefacenti sulla base delle dichiarazioni di Emanuele Epaminonda che lo indica quale inviato di Nitto Santapaola a Milano”. “Rosario Pio Cattafi viene indagato e poi sottoposto a processo nell’ambito del procedimento Autoparco di via Salomone con una finale assoluzione”, aggiungeva la Questura di Messina. “Viene scarcerato il 22 ottobre 1997 e rimesso in libertà; nonostante l’assoluzione, l’autorità giudiziaria indica la sicura esistenza di un solido legame tra Cattafi e Nitto Santapaola; viene indagato nell’ambito di numerosi altri procedimenti ed anche per la cessione di una partita di cannoni all’emirato di Abu Dhabi. Cattafi viene poi tratto in arresto il 24 luglio 2012 nell’ambito di indagine condotta dall’Autorità Giudiziaria di Messina per associazione di stampo mafioso (trattasi della vicenda conclusasi con la sentenza oggi in esecuzione); la misura viene poi revocata dalla Corte d’appello di Messina il 4 dicembre 2015 (dopo l’emissione della prima sentenza d’appello, poi annullata in Cassazione). Da ultimo la sentenza della Corte d’appello di Reggio Calabria oggi in esecuzione, che lo condanna alla pena di sei anni di reclusione per associazione di stampo mafioso e calunnia”. La nota della Questura sottolinea più volte il “rapporto privilegiato esistente” tra Cattafi, il clan di Nitto Santapaola e la famiglia mafiosa di Barcellona Pozzo di Gotto. “Cattafi ha intessuto anche fuori dalla regione di provenienza una fitta trama di relazioni con personaggi di rilievo della criminalità organizzata”, spiega l’organo di Pubblica sicurezza. “La molteplicità e l’accertata non occasionalità di tali rapporti intrattenuti con esponenti di vertice delle associazioni di stampo mafioso, la natura dei suddetti rapporti, il carattere tendenzialmente permanente degli stessi, il livello approfondito di conoscenza delle compagini associative, dei ruoli dei partecipi e di alcuni gravissimi eventi delittuosi maturati nel contesto criminale in esame, nonché il reiterato coinvolgimento in indagini giudiziarie riguardanti delitti la cui gravità non occorre illustrare dimostrano univocamente quanto attuali siano la pericolosità del Cattafi e dei suoi collegamenti con la criminalità di stampo mafioso”.
“Appare evidente – conclude la nota - che il Cattafi Rosario è persona esperta e di finissima intelligenza con maturata indole criminale e di elevatissima pericolosità sociale e ciò induce a esprimere un giudizio particolarmente allarmante sulla probabilità che egli possa tuttora mantenere, nonostante lo stato di detenzione, forti collegamenti con altri soggetti appartenenti alla criminalità organizzata di stampo mafioso”.
Alla luce di quanto esposto, il Tribunale di Sorveglianza di Milano non ha dubbi: considerata la estrema gravità dei fatti commessi, lo stabile inserimento di Cattafi nell’ambiente criminale mafioso ben delineato nella sentenza della Corte d’Appello di Reggio Calabria, ritiene ancora oggi esistente una spiccata pericolosità sociale del detenuto che mai ha reciso apertamente i legami con l’ambiente criminale di provenienza.
“Costituisce d’altra parte fatto notorio che, nonostante il decorso del tempo, l’appartenenza a sodalizio criminale mafioso, anche con lo specifico ruolo rivestito da Cattafi, non possa essere recisa senza, quanto meno, una aperta, chiara e netta rivisitazione critica del proprio passato”, conclude la dottoressa Beatrice Secchi. “Ed invece, come chiaramente esposto anche nella relazione di sintesi, Cattafi, pur dichiarando di disprezzare la mafia, non ha mai accettato un dialogo franco e aperto sulle proprie responsabilità ed i propri comportamenti, suscettibili di indurre a diversa valutazione”.
La misura restrittiva della libertà vigilata nei confronti di Rosario Pio Cattafi scadrà il 2 dicembre 2026.