L’incidente a Provvidenza Grassi: fu fatale il primo impatto dell’auto a velocità sostenuta
L’auto di Provvidenza Grassi non sarebbe volata giù dal viadotto Bordonaro se il Cas avesse adeguato le barriere ai più moderni standard. In particolare se avesse raccordato meglio i nuovi guard rail a quelli vecchi, mantenuti per scelta del progettista del Cas nei lavori di manutenzione datati 2001. La Fiat 600 della ragazza infatti, è caduta giù dal viadotto in un punto vuoto di raccordo tra nuove e vecchie barriere, fuori dalla galleria. Quando l’auto è precipitata nella scarpata sottostante il viadotto, però, quel 9 luglio del 2013, per essere ritrovata soltanto il 23 gennaio 2014, al 70% delle probabilità la giovane era già morta, perché il primo impatto dell’auto all’interno della galleria, quando lei ha perso il controllo del mezzo, è stato violentissimo.
Ecco perché il Cas non c’entra
E’ questo in estrema sintesi il motivo alla base della sentenza adottata dalla Corte d’Appello di Messina lo scorso 11 giugno 2024. I giudici, ribaltando totalmente le condanne di primo grado, hanno assolto i dirigenti del Consorzio autostrade siciliane Gaspare Sceusa, Letterio Frisone e Maurizio Maria Trainiti. A base del verdetto di secondo grado c’è la perizia del consulente nominato dalla stessa Corte d’Appello, che ha aderito alle tesi dei periti degli imputati. Nel 2017 il Tribunale aveva invece messo alla base della sentenza di condanna la ricostruzione di un altro perito, che era arrivato alla conclusione opposta.
Il commento dei legali, la sentenza Franzese
Accolta la ricostruzione del perito nominato in appello, il ragionamento della Corte (presidente Sagone) ha poi ruotato intorno al rapporto tra le probabilità statistiche legate all’evento (la morte di Provvy) e le condotte omissive contestate agli imputati, accusati di aver contribuito in maniera determinante agli esiti mortali dell’incidente automobilistico perché non avevano adeguato le barriere protettive.
“A quanto è dato leggere dalle articolate motivazioni, in esito ad una complessa ricostruzione della dinamica del sinistro affidata al perito ingegnere Santi Mangano, si sarebbe rivelato molto probabilmente fatale già il primo impatto che l’autovettura subì a velocità sostenuta contro il muro della Galleria prima di incontrare nella sua traiettoria il terminale di barriera posto a protezione del viadotto Bordonaro e precipitare lungo la scarpata. Infatti, secondo le valutazioni del Collegio, supportate dalla letteratura scientifica richiamata nell’elaborato peritale e dai riscontri medico legali della dottoressa Ventura Spagnolo consulente della Procura, detto primo devastante impatto, avvenuto ad una velocità pari a 105 km/h e senza l’uso delle cinture, avrebbe potuto da solo provocare il decesso della malcapitata con una probabilità pari o superiore al 70% rilevandosi così del tutto ininfluente per la Corte, in linea con l’insegnamento della Suprema Corte di Cassazione con la nota sentenza “Franzese”, la verifica della collocazione “a norma” del terminale di barriera e la riconducibilità di detta condotta colposa agli imputati nelle rispettive cariche ricoperte in seno al CAS”, spiegano gli avvocati Francesco Torre e Giuseppe Lo Presti, nel collegio difensivo insieme agli avvocati Giuseppe Pustorino, Carmelo Galati, Walter Militi e Luigi Azzarà.
La morte atroce di una giovane e le polemiche sulle ricerche
Provvidenza Grassi aveva soltanto 27 anni quando morì. Lavorava in un negozio di casalinghi del centro e un problema personale negli ultimi mesi le aveva scavato un buco dentro enorme. Quella sera di luglio tornava a casa dopo una serata con amici a Rometta, dove frequentava un giovane conosciuto dopo la travagliata separazione. Perse il controllo dell’auto che, dopo aver sbattuto all’interno della galleria, montò con la ruota sopra il guard rail, che diventò trampolino da lancio. La 600 precipitò giù dal viadotto all’uscita della galleria Bordonaro. L’auto fu trovata casualmente soltanto sei mesi dopo, aprendo la porta a una parentesi di polemiche sull’efficacia delle ricerche da parte delle forze dell’ordine incaricate. E solo dopo il ritrovamento di quei pochi resti della ragazza si scoprì anche il paraurti dell’auto, rimasto incastrato nel guard rail.