“Ergastolo sì o no? Il destino capovolto della società italiana” di Sebastiano Ardita
di Sebastiano Ardita - L’altra sera, guardando un dibattito che seguiva le condanne all’ergastolo di due giovani autori di femminicidio, mi sono reso conto di come sia definitivamente tramontata nel nostro paese l’idea di un carcere pensata nella nostra Costituzione. Gli intervenuti - appartenenti a tutte le forze politiche, le stesse che hanno avallato o accettato in questi anni l’uscita dall’ergastolo dei mafiosi non pentiti - erano scatenati nell’affermare che i due ventenni autori di femminicidio dovessero stare in carcere fino alla fine dei loro giorni. Queste affermazioni sono il frutto della degenerazione del dibattito politico, oramai solo alla continua ricerca di consenso elettorale. Perché mentre a mafiosi e terroristi deve essere negata l’opportunità di superare l’ergastolo e di tornare liberi; questa possibilità DEVE essere concessa proprio a quei soggetti che da giovani hanno commesso fatti efferati, ma che dopo una prolungata espiazione di pena possono essere recuperati. È chiaro che un sistema lassista può giungere fino all’estremo di rimettere in libertà un omicida dopo pochi anni, e questo non va bene. Ma non va bene neppure impedire di ottenere la libertà a chi ha affrontato un lungo percorso di detenzione, che gli è valsa la rieducazione e il cambiamento. Far tornare i mafiosi liberi di commettere reati e mantenere in carcere coloro che hanno cambiato vita, sembra questo il destino capovolto al quale sarà condannata la società.