“Sistema Montante”, l’ex segretario regionale della Cisl, Maurizio Bernava fuori dal processo per prescrizione
L’elenco degli imputati al maxi processo che si celebra a Caltanissetta per il presunto “sistema Montante” potrebbe sfoltirsi ulteriormente con la fuoriuscita dal dibattimento di 6 imputati: il presidente della Regione Renato Schifani, Angelo Cuva e Andrea Cavacece per i quali è stata dichiarata la prescrizione per la violazione del segreto d’ufficio e per il reato associativo. Usciranno dal processo anche Maurizio Bernava, ex segretario della Cisl, che avrebbe rivelato parte delle sue dichiarazioni rese all’autorità giudiziaria quando è stato sentito come persona informata sui fatti.
Usciranno anche i fratelli Andrea e Salvatore Calì che secondo la procura di Caltanissetta avrebbero effettuato le bonifiche alla ricerca delle cimici non solo a casa di Montante, ma anche in Confindustria Caltanissetta e nelle macchine di altri due indagati e ora imputati: Carmela Giardina e Vincenzo Mistretta. Queste ultime prescrizioni, che devono essere discusse alle prossime udienze, fanno parte del primo filone processuale che è stato poi unito al «Montante bis». Saranno gli imputati a definire in quella sede cosa intendono fare. Finora l’unico a rinunciare alla prescrizione è stato il carabiniere Letterio Romeo. Il reati contestati al «Montante bis» sono più recenti dal punto di vista temporale e i termini di prescrizione sono ancora lontani. E sul caso interviene con una nota il segretario regionale del Pd Sicilia, Anthony Barbagallo: «Per il peso che ha il presidente della Regione siciliana è il caso che rinunci alla prescrizione perché non ci possono essere residui, ombre e ambiguità di qualunque genere».
Intanto il presidente di Confindustria Catania, Angelo Di Martino, titolare di un’impresa che avrebbe pagato il “pizzo” al clan senza denunciare l’estorsione, si è dimesso dall’incarico. La decisione durante una riunione d’urgenza del Consiglio di presidenza per valutare il contenuto delle notizie apparse sulla stampa «Nel corso della riunione - si legge in una nota dell’associazione degli industriali etnei - il presidente, dopo avere espresso la propria estraneità ai fatti, così come riportati sulla stampa, riservandosi di agire per le vie legali, ha deciso di rimettere il mandato e di rassegnare quindi le proprie dimissioni, ciò al fine di preservare l’immagine dell’associazione evitando così qualsiasi ulteriore speculazione».
L’inchiesta di cui ha parlato la stampa è quella denominata “Doppio petto”, contro la cosca Pillera-Puntina legata al boss Giacomo Maurizio Ieni, basata su indagini della Squadra mobile della Questura di Catania.
Nel provvedimento cautelare emesso dal gip Sebastiano Di Giacomo Barbagallo, ed eseguito dalla polizia lo scorso 1 dicembre, si ricostruisce l’arresto in flagranza di reato di un indagato, Giovanni Ruggeri, bloccato all’uscita dello stabilimento dei fratelli Di Martino con 4.000 euro, che, secondo l’ipotesi della Procura, aveva appena ritirato come tangente da pagare al clan.
Filippo Di Martino, fratello di Angelo, ricostruisce il giudice per le indagini preliminari, sentito dopo l’arresto «confermava che l’azienda - da circa 20 anni - era sottoposta a estorsione, soggiungendo che l’attività illecita aveva preso avvio con una richiesta di denaro destinato al sostentamento delle famiglie dei detenuti» e che «l’importo, originariamente convenuto in due ratei annuali di 1.000 euro ciascuno, era poi lievitato sino a 4.000 euro, con la consegna, quindi, ogni anno di complessivi 8.000 euro». Analoghe dichiarazioni, aggiunge il gip nell’ordinanza, venivano rese da Angelo Di Martino spiegando che la decisione era stata «assunta illo tempore dal fratello e, poi, mantenuta nel tempo» e precisando che «le persone a cui corrisponde l’estorsione sono mafiosi e pertanto ha insistito di pagare per evitare ritorsioni e lavorare tranquilli»